8 MARZO Versi tra Dignano e Pirano

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La poesia di Adelia Biasiol nelle inquietudini del suo tempo

di Enzo Santese

 

Un’attrice di talento, Elsa Fonda, piranese di nascita, voce storica della RAI con la straordinaria capacità interpretativa che la caratterizza, nel giorno di Natale del 2019 ha fatto rivivere per TeleCapodistria il ricordo di Adelia Biasiol con una serie di letture dall’opera della poetessa di Dignano inserite in una sorta di itinerario biografico, denso di suggestioni, dal quale sembrava emergere la fisionomia dell’autrice nei punti qualificanti segnati dalla sua stessa scrittura poetica. Lo spettacolo, intitolato “Ultima radice”, meriterebbe un circuito di repliche molto più ampio dell’Istria per rendere giustizia a una personalità centrale nella produzione letteraria italiana del secondo ‘900.

Ricordare a Natale l’anniversario di una morte può sembra un’azione incongrua rispetto al valore di una ricorrenza che, per sua intrinseca peculiarità, è simbolo straordinario di vita sia sul piano fisico che su quello spirituale. Sta di fatto che in questo periodo poco più di vent’anni fa scompariva prematuramente Adelia Biasiol, una figura importante della poesia italiana e non solo in area istro-quarnerina. Nella sua scrittura c’è tutta intera l’essenza dell’autrice che ricorre alla specularità della poesia per uno sguardo critico dal sapore introspettivo.

Il carattere della donna e della poetessa emerge dalla lettura della sua opera nel volume pubblicato dalla Edit di Fiume nel 2008, Una voce sommessa, un ricco repertorio di umori, stati d’animo, emozioni, tradotte in poesie che presuppongono un interlocutore; difatti l’utilizzo del “tu” generico indica la precisa volontà di colloquio, di ponte verso gli altri fuori dall’involucro di solitudine che è avvertita da Adelia Biasiol talora con un lacerante disagio. Questa edizione riprende una precedente, dello stesso titolo, pubblicata nella Collana Biblioteca Istriana, n.20, del 2004, con l’aggiunta della sezione “Cocci sparsi”, composta da poesie inedite.

Tra Dignano, paese di nascita, e Pirano, approdo d’elezione, si tende l’arco di un affetto pulsante nelle parole dell’autrice come corde di un violino che impegna note acute e ritmi suadenti in un affresco esistenziale, capace di colorare orizzonti con le sfumature di un’interiorità pronta ad aprirsi allo sguardo e al sentire del lettore.

Dopo la laurea all’Università di Pola il suo destino professionale nell’insegnamento la proietta in una dimensione molto diversa da quella d’origine, pur se contenuta sempre nell’ambito dell’Istria. Giunta a Pirano, in un ambiente nuovo, elegge proprio la poesia a veicolo di calda relazione con la nuova realtà ed è la Comunità degli Italiani che l’accoglie e ne apprezza le qualità umane e professionali. Nelle pagine del giornale Lasa pur dir, periodico della Comunità Italiana di Pirano, pubblica con una certa regolarità una serie di sue poesie aprendo squarci di attenzione su un mondo, il suo, fatto di gioia di vivere, sguardo attento alla realtà, confronto con le sue dinamiche interne, coraggio nel mettersi a nudo con testi rivelatori di quell’autenticità che sarà la costante della sua produzione letteraria. La femminilità resta comunque il combustibile per ogni avventura intellettuale che l’autrice di Dignano (e Pirano) dispiega ora considerando la comune sorte ora sviscerando la miseria di determinate condizioni della donna contemporanea. “Spianate logorate cancellate / intrise di solitudini / salgono i cieli le rotte / I viali le fognature i canali” (da Il quartiere delle donne): qui i versi sgorgano di getto quasi sospinti dalla prepotente urgenza di rappresentazione di un’obiettiva minorità, verificabile nelle vicende storiche e contemporanee del suo genere. In questo mostra il suo genuino sentire per una mole di questioni irrisolte che pesano sulla società e, nella sua riflessione affidata ai versi, mai scade in una posizione ideologica preconcetta che toglierebbe credibilità alla sua azione.

La generosità di fondo la pone subito in ascolto anche di creature che non stanno sul palcoscenico della vita, ma nel disagio dei margini: “Piero, Piero di quanto sei solo / neanche il tuo dio lo sente” (da Tanto in alto il tuo bastone).

Gli studi scientifici e il lavoro di docente (insegnava biologia e chimica alle scuole elementari di Sicciole) incidono nella disposizione razionale del suo pensiero mantenendola aderente alla regola espressiva di una simmetria tra l’interesse intellettuale di fondo e la passione per il pensiero che diventa connessione di parole e sostanza logica nell’armonia del verso. D’altro canto una poetessa che ha un occhio particolare per gli incanti della natura, è attenta anche a evocarne i fluidi più segreti con un verso che scava fino a giungere all’essenza delle problematiche trattate. Una di queste ha una sua indubbia centralità nella sua poetica, è l’amore, che Adelia Biasiol affronta declinando il sentimento nelle sue variazioni più diverse, da quello per l’uomo e per la natura, a quello per i figli, a quello più generale per l’esistente. Fin dalle sue prove giovanili, permeate da un idealismo che non disdegna il confronto diretto con la realtà quotidiana, ha modo di manifestare il suo tono elegiaco perché si sente talora tradita dalla modesta rispondenza al suo afflato sentimentale e questo alimenta una tensione centripeta a privilegiare la solitudine, facendole apprezzare in maniera decisiva il silenzio rispetto al clamore del riscontro e dell’applauso.

Nel vissuto si alternano momenti di entusiastica adesione al mondo circostante – con cui cerca un continuo collegamento umano e intellettuale – e periodi di intensa sofferenza sedimentata e smaltita nel chiuso recinto dell’interiorità. Questa è sicuramente una delle fonti primarie della sua altalenante afflizione che ha punte di vero abbattimento: “riconosco la tristezza / nel sapore di farfalle / serrate tra i denti” (“Senza titolo”).

 

La sensibilità umana e poetica

 

A momenti di gran fervore creativo seguono periodi dedicati deliberatamente ad altre incombenze del vivere e impegnati peraltro nel pensiero da travasare, nel tempo opportuno, sulla pagina bianca, in giorni passati ad “auscultare” il respiro del mondo e a registrarne le armonie. Adelia Biasiol infatti libera nel suo universo poetico il carattere estremamente vibratile di una sensibilità pronta a recepire i segnali della natura, con la quale nei suoi testi spesso si sintonizza per un volo fantastico nei colori, nei profumi e nelle magie del mondo circostante, che è essenzialmente l’Istria. “Voglio chiamare pace / il senso di abbandono che dentro mi sento. / Ti attendo per case e vicoli. / Sempre di più / mi riconosco / senza di te / mutevole e inquieta.” (da Attesa,1992). La sua terra è vissuta sempre con quella modalità concettuale che esclude il luogo comune della corda retorica, semmai approfondisce lo spessore di un affetto che si nutre di tradizione, di storia e di conoscenza scientifica della realtà dalla quale è avvolta. Il mare, la campagna, il cielo e l’orizzonte sono i contenitori di una straripante energia lirica che non si esaurisce mai nel compiacimento del bello, ma nella risposta che i versi danno alla sua richiesta e urgenza di armonia.

La ricerca umana e quella poetica sono andate avanti di pari passo e la maturazione di un’indubbia originalità poggia senza dubbio su un lavoro di sottrazione del superfluo in una scrittura che, pur talora vicina al parlato, mantiene una cadenza ben modulata nei toni secondo il motivo ispiratore: l’amore, l’affetto per i propri cari, la rabbia per l’ingiustizia, la felicità e i tormenti dell’esistenza, la natura e gli elementi caratterizzanti il paesaggio e l’anima istriana.

La forza di attrazione risiede nell’originalità di una scrittura che utilizza un repertorio di cadenze espressive di intonazione lirica, pur mantenendole assonanti col tono sommesso del colloquio tra persone, che comunicano il tratto delle rispettive qualità più segrete. Da ciò scaturisce nitido il segno di un percorso personale che dalle prime esperienze, nate sotto l’influsso di una guida davvero autorevole e intensa come Anita Forlani, procede lungo un terreno di crescita punteggiato da esiti mutevoli nel tempo, eppur aderenti alla sostanza di un soggetto creante che si propone al giudizio del lettore per indagare meglio su se stesso, sulla forza della propria vocazione all’incontro nella dinamica di confronto di antinomie come gioia e tristezza, amore e morte, luce e buio.

Quando l’indugio sul dato naturalistico sembra cedere alla seduzione del racconto di maniera, è proprio lì che la poetessa dall’involucro esterno dell’esistente che è sfolgorio di colori e intrico abbacinante di luci estrae il segno di una distanza solo apparentemente cercata, in realtà scelta per la finalità di un colloquio tra il macrocosmo fisico e il microcosmo interno attraverso il diaframma di quanto la natura offre come lente d’ingrandimento, adatta a ingigantire i dettagli.

Il colloquio con la realtà dei propri sentimenti non ha un’orbita lineare, ma è fatto di cesure, arresti improvvisi, accelerazioni potenti, affidate a parole che risuonano per il rimando transitivo del significante più che per una qualsiasi esigenza di ritmi, che pur scaturiscono in maniera evidente da quest’opera.

Adelia Biasiol utilizza la forza epifanica della sua scrittura dove appare chiara la ricerca di corrispondenze dirette tra l’anima e la mente, quindi nell’impasto tra sentimento e indugio razionale. E la dilatazione dei toni è ampia tanto da consentirle un pacato “dondolio” nella luce suadente del paesaggio e subito dopo un salto di registro che ne rivela la forza proiettiva verso lande, che rispondono alle urgenze del desiderio più che esprimere aderenza credibile alla realtà. Lo si riscontra anche nella sezione “Cocci sparsi” pubblicata postuma (e inserita appunto in Una voce sommessa), percorsa dalla linea di una sofferenza che quasi per fenomeno carsico emerge alla superficie per inabissarsi subito e ricomparire sotto la forma attenuata di un disarmante disincanto per le cose che promettevano di esserci e invece svaniscono come l’Amore che “s’invola e si eclissa tra le nubi”. Per fortuna esiste sempre la possibilità di una compensazione nei regali della natura e quella di Pirano è particolarmente ricca: “Oh, io vivo di questi odori e strappi di luce / ed è poco dirti / che anch’io so essere felice.” (I tuoi paesi) E questa felicità fa spesso capolino nell’altalena di stati d’animo di questa poetessa, capace di affidare alla struttura della poesia e al ritmo dei versi di volta in volta la gioia intensa di un fortunato riscontro, la rabbia per una delusione patita, l’angoscia per un’attesa troppo lunga, il dolore lacerante per una perdita, la malinconia profonda per un’assenza.

Adelia Biasiol è sempre stata un punto di riferimento per molte persone nella dinamica didattica di insegnante e nell’organizzazione di eventi culturali, ma i suoi versi denunciano il persistere di una solitudine, come condizione dell’anima; e l’idea di separatezza che traspare da diverse sue liriche, poggia anche sulla riflessione scaturita dal sentimento che si connette direttamente al tema dell’assenza.

 

Adelia Biasiol

Una voce sommessa

Edit, Fiume, 2008

  1. 188, euro 13,00