SULLA RIMOZIONE

| | |

Inquietante ricerca di Roberto Curci

Silva Bon

 

I criminali della Risiera. I collaborazionisti, in alcune delle pagine più oscure del ‘900 giuliano. Atmosfere, fantasmi, storie, aneddoti, casualità, che ricostruiscono un clima. Anni pesanti (e non solo quelli del 1943-1945, sotto il tallone dell’Adriatisches Küstenland).

Una storia gialla, con un brivido in più: perché è tutta realtà vissuta. Dirlo con leggerezza sembra quasi blasfemo se si pensa all’Olocausto di migliaia di persone, ebrei e antifascisti delle nostre terre, di Trieste, ma anche di Fiume; e delle regioni occupate dai tedeschi.

Scritto in modo curato, letterario, esemplare (interessanti ed esaustive le fonti storiche, letterarie, giornalistiche, archivistiche: rispondono a curiosità, a intuizioni di ricerca non banali), il libro colleziona anche un intreccio di destini, di vite drammatiche di persone che si rincorrono, sembra ineluttabilmente, sullo sfondo di una Trieste di pietra, grigia, pochi fanali che si riflettono in aloni di luce sfumati. Curci ha scritto un saggio di denuncia umana, d’impegno civile, che dà voce ai segni minimi, alle testimonianze sparse, raccolte in un florilegio che scandisce paure, illazioni, allusioni, congetture, demistificazioni. Lui getta uno sguardo su poteri, il giudiziario in primo luogo, deputati a ricostruire la verità dei fatti, e in realtà si dimostrano impotenti a lottare contro il muro di gomma di omissioni, abrasioni, cancellazioni della memoria, omertà.

Coprire e sopire. Molti la pensano così. Perché sono fatti che ancora oggi rivelano un nervo sensibile e scoperto: chi è colpito in prima persona tende a rimuovere. Forse per guardare al futuro è necessario anche chiudere in qualche modo, in ogni modo, con il passato? Certo è che la ricerca storica nasce dalla volontà di appurare i fatti, dal coinvolgimento emotivo con le parti offese, dal risentimento per le ingiustizie perpetrate, qui, a Trieste, non solo da collaborazionisti e nazisti, ma anche, più tardi dalle autorità alleate, che nel dopoguerra hanno avuto interesse a mettere a tacere tutto e tutti.

Così Trieste resta collusa con la rete di delazioni, di profitti illeciti, di silenzi interessati, di smemoratezze assolutorie, e la catena di sangue è davvero troppo pesante, il ricordo ingombrante, le compromissioni eccessive, le casualità non casuali.

Curci ri-scrive una storia terribile di colpevoli di genocidio, di odio antisemita, andati impuniti, che dopo l’aprile 1945 forse proprio a Trieste, o da qualche altra parte anche nella stessa Italia, si sono incistati, nascondendosi allo sguardo indagatore della Giustizia, impotente, per omissioni, per la volontà (inconscia ?) di occultare, minimizzare, voltare la testa altrove per non vedere.

Il valore del libro risiede nelle domande che ci poniamo a proposito di quel paragrafo conclusivo Ringraziamenti (e non) che apre un dibattito, pone domande crudeli, dilaceranti, sull’opportunità di riaprire ferite dolorose, di indagare e di parlare di azioni e modi sconvenienti, scomodi, riprovevoli, di persone che rappresentano un vissuto di sconce miserie e malvagità.

Oppongo che la verità è spudorata, è rivoluzionaria e impone la necessità di fare giustizia; il dovere etico, civile e politico di dare testimonianza. Porsi interrogativi sul passato, per dilacerante che sia, fa riflettere sulla sconfitta della dissimulazione, e all’opposto sul valore del dichiarare pubblicamente. Altrimenti gli orrori del passato restano dentro di noi, perché il passato non passa, e c’è il terrore che possa ripetersi. Bisogna spezzare la catena: l’anello debole è anche il più forte, perché infrange, appunto perché è quello che non tiene, è quello che rimette tutto in discussione, per lottare contro l’egoismo di una comoda rimozione. Dicendo, buttando fuori il peso del ricordo, ci si rigenera: è un nuovo atto di nascita. È necessario, vitale, dire quello che si sa, denunciare la verità, per fare chiarezza e poter, liberi, liberati, voltare pagina, e, consapevoli, ricostruire. Quando Roberto Curci ha iniziato la sua indagine, quando sono partite le sue ricerche, era ancora possibile, perché l’era dei testimoni non era ancora conclusa.

 

Roberto Curci, Via San Nicolò 30. Traditori e traditi nella Trieste nazista, Il Mulino, Bologna 2015, pp. 170 Euro 15