CARO SINDACO, LE SCRIVO…

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… senza ancora sapere chi sieda nello studio del Municipio. Un’antica consuetudine di rispetto della volontà degli elettori mi spinge però a considerare che lei sia la persona giusta al posto giusto, o almeno il male minore tra quelli proposti al corpo elettorale. A prescindere che lei sia al suo secondo, terzo o primo mandato.

Lei si trova davanti problemi gravi e spinosi per i quali le auguro (ma in fondo auguro anche a me stesso) di sapersi destreggiare al meglio, nell’interesse di tutta la città.

Per una frazione di quei problemi, quella che concerne le scelte che sarà chiamato a operare nell’ambito della promozione della cultura, mi consenta di raccontarle cosa mi piacerebbe veder realizzato in questo suo prossimo mandato. Sono riflessioni di un semplice cittadino che da anni osserva – il più delle volte con amarezza – le scelte compiute in materia dal suo Comune (e anche quelle non compiute).

La scelta dell’assessore e dei dirigenti, scelte propedeutiche a ogni attività nell’area culturale. Vogliamo, per una volta, tentare la via di personalità di comprovata esperienza, in grado di disegnare un realistico percorso di crescita, consapevoli delle enormi potenzialità inespresse che pure sono nella storia come nella geografia della città? Persone in grado di pensare in grande, anche nell’esiguità dei bilanci, di creare sinergie, di muoversi a proprio agio all’interno di reti complesse di competenze.

Provvedere in primo luogo al mantenimento del patrimonio del Comune: non è consentito ignorare ulteriormente che la Biblioteca Civica vive ormai da anni in intollerabili condizioni di precarietà, con grave pregiudizio per la reperibilità dei volumi, per la loro stessa conservazione, per il rispetto dovuto tanto agli utenti che ai lavoratori all’interno di quella struttura, senza trastullarsi con avveniristici progetti prima di aver risolto i concreti problemi che abbiamo di fronte.

Il recupero della centralità del capoluogo regionale, da anni ormai inesistente anche in ambito culturale, deve far leva su una visione che vada al di là del Timavo, per proporre l’idea di una Trieste ospitale per tutte le culture della regione, ad esempio riesumando l’idea di una Biennale di pittura che allinei, com’è stato anni fa al Magazzino 26, le migliori personalità artistiche regionali in una manifestazione di grande rilievo.

Valorizzare la pluralità linguistica e culturale del territorio favorendo ogni iniziativa che porti a un interscambio più assiduo e continuativo tra le comunità che lo abitano.

Consolidare e accrescere la capacità di attrazione della città nei confronti di un’area geografica che le è prossima, anche al di fuori dei confini nazionali. Valendosi anche di un rinnovato rapporto con le comunità italiane dell’Istria e di Fiume e stimolando ulteriori ambiti di collaborazione culturale con istituzioni di Slovenia Croazia e Austria.

Favorire l’attività del volontariato culturale, anche delle associazioni di non grandi dimensioni, penalizzate negli ultimi anni dalle scelte di concentrare i finanziamenti pubblici su pochi soggetti di grandi dimensioni, rischiando con ciò di insterilire il lavoro di quanti credono nell’opportunità di agire concretamente nei vari settori nei quali si esplica, spesso da decenni, l’offerta culturale.

Ripensare profondamente il sistema museale cittadino, per renderlo più attrattivo da parte dei visitatori, aperto a un ripensamento anche logistico conseguente all’utilizzo, finalmente possibile, dell’area di Porto vecchio. All’interno di tale problematica, ripensare anche alla gestione del Revoltella, rendendola più collegiale, ad esempio restituendo voce in capitolo al Curatorio, che dovrebbe cessare di essere un cimitero degli elefanti per riprendere un suo ruolo propulsivo in affiancamento alla direzione.

Recuperare alla città il Magazzino delle idee, fino a ieri in uso alla disciolta Provincia e reclamare dalla Regione assicurazioni circa il mantenimento in loco delle collezioni d’arte dell’ente soppresso.

Ci sarebbe poi un altro centinaio di criticità, ma diamoci tempo per affrontarle una alla volta.

Le auguro un buon lavoro.