Artisti giuliani in mostra a Trieste

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Per iniziativa dell’Istituto Giuliano di Storia Cultura e Documentazione di Trieste e Gorizia si è tenuta presso la “Bottega dell’immagine” (Via Santa Giustina 11/b a Trieste), dal 13 al 27 ottobre, una collettiva di artisti di area giuliana. L’esposizione, intitolata “I cantieri dell’arte – Artisti giuliani del nostro presente” è stata curata da Aldo Famà e Walter Chiereghin.

Sono stati invitati a partecipare ventuno affermati artisti, operanti a Trieste, a Gorizia, a Monfalcone, a Muggia, a Grado, a Romans d’Isonzo, a porre in rilievo le modalità espressive diversissime tra loro, ma ciò nonostante afferenti tutte a un’area territoriale e culturale composita e aperta alle suggestioni che le provengono anzitutto dalla propria storia, ma attenta a recepire anche quanto proviene dalle aree contermini, con le quali gli artisti giuliani quotidianamente e per oramai radicata tradizione si confrontano in un clima di collaborazione e amicizia che ha abbattuto i confini molti anni prima che, nella notte tra il 21 e il 22 dicembre 2007, per effetto del trattato di Schengen, evaporasse il confine che tagliava in due la città di Gorizia e la provincia di Trieste, separando quest’ultima dall’Istria. Basti pensare – ma si tratta soltanto di un esempio – all’esperienza del Gruppo internazionale di arti visive 2 X GO, fondato da alcuni artisti sloveni e italiani nel lontano 1965.

Hanno aderito all’iniziativa Franca Batich, Gabry Benci, Patrizia Bigarella, Villi Bossi, Alessandro Callegaris, Paolo Cervi Kervischer, Graziella De Comelli, Fulvio Dot, Annamaria Ducaton, Franco Dugo, Aldo Famà, Laura Grusovin, Denise Lister, Gianni Maran, Elettra Metallinò, Ugo Pierri, Olivia Siauss, Claudio Sivini, Deziderij Švara, Enzo Valentinuz e Franko Vecchiet.

“Esibire in una mostra collettiva una discreta quantità di autori dell’area geografica giuliana – ha scritto Fulvio Senardi, presidente dell’Istituto Giuliano – significa innanzitutto creare un momento di incontro tra personalità, tendenze e modalità esecutive diverse, e quindi serve a sottolineare una volta di più che tanta festosa eterogeneità confluisce alfine nei tratti comuni di articolate ricerche di senso e del bello. Una particolare condizione che fa sì che quello che a prima vista può essere percepito come un insieme casuale di personalità si scopra invece comunità, nella quale le singole esperienze, lungi dal deflettere dalla propria specifica originalità, interpretano i tratti accomunanti della spartizione di un medesimo contesto biogeografico, di una stessa storia, di una cultura, in fondo omogenea, per quanto ciascuna di queste identità sia declinata in forme, memorie, linguaggi differenti”.