BRASSAÏ, L’OCCHIO DI PARIGI

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Un’antologica a Palazzo Ducale di Genova

“Fotografo di strada”, famoso per le sue immagini notturne della città

Brassai 4Brassaï, 1Brassai, 6di Michele De Luca

 

“L’occhio di Parigi” : così Henry Miller chiamava il suo grande amico Gyula Halàsz, in arte Brassaï (Brașov 1899 – Èze 1984), da lui considerato una specie di “altro se stesso”; e riferendosi a lui scriveva (The eye of Paris, in The wisdam of the heart): “Sono dovuto tornare in America, rivenire in Francia una seconda volta, morire di fame, trascinarmi nelle strade, prestare orecchio a stupide teorie sulla vita e sull’arte, frequentare tutti i tipi di falliti, e alla fine arrendermi agli scarafaggi, prima di avere la possibilità di conoscere l’uomo che, come me, aveva capoto Parigi senza alcuno sforzo di volontà, l’uomo che, senza che io lo sapessi, in silenzio, lavorava come uno schiavo per illustrare i miei libri. Alla fine, un giorno, la porta si aprì e quale sorpresa fu per me vedere là, sul suo letto, mille riproduzioni di tutte le scene, di tutte le strade, di tutti i muri, di tutti i frammenti di questa Parigi in cui morivo e rinascevo”.

All’inizio del Novecento i più importanti centri internazionali per la ricerca in ambito fotografico sono tre: New York, che per merito di Stieglitz e Steichen raduna intorno alla “Gallery 291” i maggiori artisti americani ed europei; Berlino, in cui il Bauhaus fissa la sua sede negli ultimi due anni della sua apertura; Parigi, naturalmente, che offre asilo nel nuovo secolo a molti giovani artisti attratti dalla libertà che offriva loro. Qui si stabiliscono surrealisti, cubisti, fauvisti e “varia umanità di artisti”. Tra i fotografi, molti eleggono le sue strade, i suoi caffè, i suoi interni privati come laboratorio privilegiato per la propria produzione: Paris de nuit di Brassaï, insieme a Paris vu par André Kertész, rappresentò un capitolo esemplare di questa storia. Brassaï si trasferì definitivamente a Parigi nel 1924, trovando una città modernissima per quei tempi: le carrozze erano ormai sostituite dalle automobili e i nuovi lampioni, al posto delle vecchie luci a gas, con i loro riflessi azzurrastri davano un nuovo, incredibile fascino alle strade e ai palazzi di quella che da allora venne chiamata Ville Lumière.

La notte parigina affascinò talmente il fotografo ungherese da divenire il suo preferito e privilegiato campo di azione e di ricerca; giornalista di professione e corrispondente delle maggiori testate tedesche, nella propria stanza in affitto all’Hotel Terrasses crea una camera oscura, dove sviluppa e stampa i negativi scattati con la sua Voigtländer aggirandosi come un infaticabile flâneur nella vita notturna della città, attratto soprattutto dalla stravagante umanità, malavitosa o emarginata, che popola i vicoli più squallidi e fatiscenti; un universo che diventa per lui un ossessionante soggetto di una indagine che condurrà, anche come autentico fotoreporter, con vero rigore e appassionata dedizione. Il perché di questa predilezione per la vita notturna la spiegava così: “La notte suggerisce, non mostra. La notte ci turba e ci sorprende per la sua stessa stranezza, libera quelle forze dentro di noi che di giorno sono dominate dalla ragione”.

Con la sua semplice attrezzatura, dunque, il fotografo comincia intorno al 1930 un’estesa osservazione delle notti della città, concentrandosi in particolare sulla stravagante umanità che popola i vicoli più squallidi e fatiscenti. Bordelli, circhi, luoghi di ritrovo per vagabondi e alcolizzati diventano presto la sua ossessione e il soggetto prediletto di una ricerca con tanto rigore e appassionata dedizione; la sua difficoltà non consiste nell’accedere a questi luoghi, ma nel fotografare la popolazione che li frequenta in pose non concordate, spesso con l’uso di un flash alla polvere di magnesio, strumento alquanto invadente, anche perché azionandolo produce uno scoppio assordante e lascia dietro di se un odore sgradevole. Ma per acquisire l’invisibilità di cui ha bisogno per scattare di nascosto per le sue “fotografie dirette”, Brassaï diventa un assiduo frequentatore di Montparnasse per guadagnarsi la fiducia dei soggetti che voleva ritrarre. Nacque così Paris de Nuit (nel 1932), sulla base di questo insieme di rapporti, un denso poema in sessantadue immagini sul dramma e l’ironia dell’oscurità; la sua pubblicazione fu una vera e propria rivelazione, perché mai prima di allora, un fotografo aveva avuto l’ardire di incentrare la sua opera sul gioco ambiguo ed evanescente dell’oscurità e della penombra e sulla luce accecante del flash: il successo fu immediato e travolgente e gli consentì di entrare in contatto con i periodici più famosi dell’avanguardia, come Verve, Bifur, Labyrinthe e Variérés. Riuscì a stupire anche Picasso, che gli affida il compito di fotografare la sua opera scultorea, fino ad allora sconosciuta, e che deve essere pubblicata nel primo numero della nuova rivista d’arte, Le Minotaure.

Si può dire che al “credo” di August Sander, grande ritrattista dell’identità tedesca del XX secolo, di “vedere le cose come sono”, Brassaï, razzolando con la complicità della notte nelle rues parigine, aggiunge, idealmente, “e come non si sono mai viste”. La sua è dunque una Parigi insolita, sconosciuta e disprezzata: durante le sue lunghe passeggiate che lo portano solo o in compagnia di Miller, Blaise Cendrars e Jacques Prévert, uniti nell’alimentare le sue curiosità, rende visibile la movimentata e umile vita dei quartieri “caldi”, ma anche dei lavoratori notturni alle Halles, trasforma il rigore solenne dell’architettura parigina in poetiche suggestioni, fissando insolite atmosfere create da silhouettes fuggitive, da illuminazioni accecanti o dalle nebbie della Senna. Comunque, come la mostra genovese ben documenta, non solo la notte negli scatti di Brassaï, in cui si ritrova tutto il fascino della capitale alla luce del giorno, come un leone minaccioso sotto la neve dei giardini del Luxembourg, il venditore di palloncini, un fotografo ambulante, il giardiniere che raccoglie le foglie, gli innamorati, i pescatori, i senza tetto e anche i cani. Dal Quartiere Latino fino ad Auteuil, il fotografo racconta così le vita reale, catturando lo spirito di ogni quartiere di Parigi: la folla elegante di rue de Rivoli, i passanti davanti ai negozi dei Grands Boulevards, i carbonai lungo la Senna a Bercy, ma anche l’imponenza dei monumenti, la Tour Eiffel, l’Arco di trionfo e soprattutto Notre-Dame e i suoi doccioni zoomorfi. Sempre restando fedele al suo modo di intendere e praticare la fotografia: “Per me la fotografia deve suggerire, non insistere o spiegare”.

 

 

Brassaï, pour l’amour de Paris, Palazzo Ducale di Genova, Sottoporticato

Dal 3 ottobre 2015 al 24 gennaio 2016

Orario da martedì a domenica con orario 11-19

(biglietteria 11-18), lunedì chiuso

Aperture straordinarie 24/12/15: 11 – 17 (la biglietteria chiude alle 16) 25/12/15: CHIUSO 26/12/15: 11 – 19 (la biglietteria chiude alle 18) 31/12/15: 11 – 19 (la biglietteria chiude alle 18) 1/01/16: 11 – 19 (la biglietteria chiude alle 18) 6/01/16: 11 – 19 (la biglietteria chiude alle 18)

Biglietti – intero  € 9,00; – ridotto € 7,00

– ridotto giovani € 5,00 Giovani fino a 27 anni compiuti ogni venerdì dalle 14 alle 19 – ridotto bambino dai 6 ai 14 anni € 4,00 – Gruppi scuole € 4,00