Buñuel e il non senso della vita

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di Stefano Crisafulli

 

L’essere umano è un eterno cercatore di senso. Lo sapeva bene Luis Buñuel, regista spagnolo, capofila del surrealismo applicato al cinema dagli anni ’30 in poi. Per questo inviterà gli spettatori italiani e francesi in alcune versioni del suo film L’angelo sterminatore (uscito in bianco e nero nel 1962) a non voler cercare per forza dei significati nelle immagini con questa avvertenza iniziale: ‘Se il film che state per vedere vi sembra enigmatico o incongruo, anche la vita lo è. … Forse la miglior spiegazione per L’angelo sterminatore è che non ce n’è nessuna’. E se non ha nessun senso, come dice il Re ad Alice nel celebre romanzo di Lewis Carroll, ‘ci risparmia parecchi fastidi, perché così non siamo costretti a cercarne uno’.

Ma, oltre ad essere un eterno cercatore di senso, l’essere umano è anche irrimediabilmente testardo. E allora il valzer delle interpretazioni ci sarà lo stesso, a partire dalla storia, relativamente semplice, narrata da Buñuel: gli invitati di un ricevimento in una villa messicana, tutti alto-borghesi o ecclesiastici, reduci da un’opera lirica vista a teatro (la Lucia di Lammermoor), sono costretti a rimanere nel salotto della villa da una ‘forza’ misteriosa che gli impedisce di uscire; la convivenza forzata farà emergere elementi ferini e primordiali nel gruppo, dissipando la patina di ipocrisia che caratterizza i rapporti sociali. La trama, se si può dire così, è tutta qui e salta subito agli occhi la possibilità di intraprendere due vie interpretative: quella psicanalitica e quella socio-politica. Per la prima, i valori borghesi sono solo una crosta che mal nasconde il ribollire di pulsioni inconsce; per la seconda, debitrice del pensiero marxista, va in scena, nel film, l’ingiustizia sociale tra classi, come dimostra l’episodio feroce dello ‘scherzo’ al cameriere con conseguente caduta rovinosa, anche se poi è proprio il personale di servizio ad andarsene ‘inspiegabilmente’ prima del blocco, proprio perché la satira di Buñuel è rivolta solo ai ricchi.

Cosa vogliano dire, poi, gli agnelli e l’orso che scorrazzano per la casa è un mistero e forse tale deve rimanere. Gli agnelli, ad ogni modo, verranno uccisi e mangiati dagli ospiti, ormai preda della fame e questo ricorda molto il sacrificio simbolico dell’agnello nella religione cattolica (e non solo). Del resto l’angelo sterminatore del titolo è preso proprio dall’Apocalisse di Giovanni, il testo più visionario e terribile del Nuovo Testamento. La ripetizione di alcune scene, inoltre, all’inizio del film, potrebbe far pensare a un meccanismo malfunzionante, come la puntina di un vecchio giradischi che salta continuamente all’indietro a causa di un’imperfezione del vinile: un modo per alludere, forse, alla macchina della vita e al suo assurdo infinito ripetersi. E qui ci fermiamo, prima di esagerare con le interpretazioni e incorrere nell’anatema di Buñuel, che affermò, in un’intervista: ‘Non riesco a capire l’ossessione che alcuni hanno per dare una spiegazione razionale a immagini spesso gratuite. La gente vuole la spiegazione di tutto. È la conseguenza di secoli di educazione borghese. E per tutto quello per cui non trovano spiegazioni ricorrono in ultima istanza a dio. Però, a cosa gli serve? Dopo dovranno spiegare dio’. Accettare il non senso, del film e della vita, è dunque il modo migliore per apprezzare l’uno e l’altra.