Casi da prendersi con filosofia

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Una raccolta di racconti di Carlo Dellabella

di Gabriella Ziani

 

Qualcuno lo chiama destino, ma sono a disposizione anche il fato, la combinazione, la sfiga, la sorte, la fortuna, il caso. Siamo comunque tra porte girevoli che si aprono su buche, abissi e cattive sorprese molto più abbondanti delle buone. E chi muove questo vortice che inquieta? Chi è questo inafferrabile che gioca col fuoco,  e sbagliando ogni tanto la mira scatena disastri umani?

In queste sabbie mobili si muovono, disorientati e annichiliti, i personaggi dei racconti che Carlo Dellabella ha radunato in Casi strani, sedici disavventure tra cielo e terra, in quella terra di mezzo dove niente è quel che pare, a volte neanche la propria faccia e identità, ma per gli sventurati è impossibile conoscere l’origine del male e del mistero, che invece – manovrando le arti della propria cultura – l’onnisciente autore ci suggerisce trovando soluzioni immaginifiche, chiamando a rapporto anche Dio.

Dellabella, monfalconese di nascita ma radicato a Trieste, per quasi trent’anni ha insegnato filosofia al Liceo scientifico Oberdan, ma in gioventù per problemi familiari si era trasferito a Milano per lavoro, capitando alla Ncr (National Cash Register), sede italiana di una multinazionale statunitense che costruiva i primi registratori di cassa, e piastrine metalliche perforate in cui venivano incisi i gli indirizzi registrati dei clienti, una fase intermedia, meccanica, di quella che oggi è la registrazione digitale di un pc. «Ero un impiegato del tutto incapace – ricorda –, nel mio piccolo un inetto». E dunque la virata verso la filosofia, la laurea a Trieste con una tesi di ricerca sull’epistolario di Marin Marsenne, amico, sostenitore e confessore di Cartesio. Di Cartesio nel 2007 ha anche curato la prima traduzione della versione latina del Discourse de la méthode, ma nel suo curriculum ci sono pure la presidenza della sezione triestina del Wwf nei primi anni Duemila, l’impegno ambientalista e la passione per la filosofia della scienza.

Con questo addobbo i “casi strani” diventano una materia diversa rispetto al già di per sé romanzesco vivere coi piedi in terra, è l’occhio “filosofico” di Dellabella che governa il senso dei racconti (tuttavia fa dire a una comparsa: «Cosa vuole, la filosofia è così: sembra attraente, ma non si sa bene a cosa serva»). Talora il ricercare nel retro va anche un po’ a scapito del plot, ma tutto concorre a trasmettere l’idea che, per quanto indaghiamo usando sopraffini strumenti, come religioni, filosofie, scienze, sempre resteremo intralciati, gabbati e inermi, per il misterioso giocoliere potremmo contare meno di uno e anche meno di niente.

Per esempio in Realtà instabile un uomo all’improvviso non viene più riconosciuto da nessuno: amici, studenti, fidanzata, notaio lo rifiutano con sdegno. Guardandosi allo specchio scoprirà di avere un’altra faccia e non più la propria, e non sapendo più chi è perderà il senno. Ma era solo un gioco che, nella lontanissima costellazione di Andromeda, il figlio di un super-scienziato s’era messo a fare mischiando universi e parametri stellari. Tutto si aggiusta, dice il padre, e provvede, ma un solo caso sarà senza recupero, quello dello sventurato.

Altrettanto e ancor più ingegnoso il meccanismo fantascientifico di Il presagio. Il protagonista si sveglia con la sensazione che debba accadergli qualcosa di terribile, per placare l’ansia decide di governare questo futuro incombente provocandosi da sé ogni disastro, così da disattivare la paurosa attesa. Rompe il matrimonio, si fa licenziare, spera di essere malato, si fa investire da un’auto, ma è sempre devastato in modo uguale. Ne deduce che il presagio fosse dunque più funesto, un annuncio di morte, e per l’angoscia si getta dalla finestra. Ma intanto, in qualche altrove, ci sono due che per professione spediscono “giù” i presagi. Per errore, un file era partito vuoto. Al poveretto era arrivata la sensazione, ma senza contenuto. Si rimedia, ma troppo tardi. Un’altra beffa.

Che però può funzionare anche al contrario. In Piovuto dal cielo un tizio vestito con una tuta d’argento va in giro rifiutando di fornire le proprie generalità. Misterioso e sottile di pensiero, imbroglia anche le autorità costituite che lo braccano, portate a pensare che si tratti di un alieno venuto da altri mondi. Ma era uno scherzo ben riuscito. Anche la dialettica, anche la logica sono dunque strumenti spuntati.

E così il profilo dell’uomo che dorme troppo (L’esperimento) diventa un’ansiosa indagine sull’esistenza e natura dell’anima, mentre anche le cose c’interrogano se vogliamo scrutarle: che relazione c’è tra loro e il nome che hanno? Perché sempre «sporgono» nello spazio, diventando pericolose per noi che non riusciamo a scansarle? Né sfuggono a indagini felicemente fantasiose i rapporti sentimentali. Vedi Mancato rinnovo, in cui un matrimonio dipende da un burocratico tesserino che scade, perché l’uomo è distratto e la donna si è stufata, e soprattutto Il sorteggio, un abile e divertente scandaglio sui maneggi ultraterreni (dove il Dio-Capo e i suoi accoliti menano le danze e scelgono le strategie) che fanno fatalmente incontrare un lui e una lei. Destino, caso, o ferrea legge della necessità che è inutile studiare al microscopio?

A volte, raramente, ci si salva uscendo di lato. Primo, con l’ironia (La gita): il “filosofo” che sta andando in montagna con la sua bella, un’avvocatessa, perde su tutto il fronte quando viene incalzato a spiegare che cosa sia in concreto la materia che insegna («Potevo dirle che insegno lettere o qualsiasi altra cosa» pensa il malcapitato ormai balbettante). Secondo, arrendendosi a chi ne sa più di noi, senza tanti studi e tracolli. In La gatta  il protagonista è tanto solitario da percepirsi come una scoria che «sottovive», ma accetta di accogliere in casa una gattina senza famiglia. La quale fa quel che deve: dapprima sta sulle sue, poi si nasconde, in seguito soffia e sibila al nemico, e quando il misero si sente sopraffatto da quell’essere misterioso e ostile che moltiplica la sua solitudine anziché negarla, ecco che la gatta si concede a tenere carezze e a un concerto di fusa.

Sono racconti che ben definiscono i colori e la consistenza della notevole capacità narrativa di Dellabella, profondo nelle introspezioni, abile nel dare forma creativa a questioni esistenziali (filosofiche…), e soluzioni estreme ai “casi strani” che tendono trappole a ciascuno, ma che certo non tutti sanno tradurre in linguaggio figurato, non per niente qui a un certo punto si cita il Gregor Samsa di Kafka, quello che si svegliò scarafaggio. Come dice un personaggio parlando della vita, «improvvisamente arriva la mazzata: è il suo modo di essere originale».

 

 

 

Carlo Dellabella

Casi strani

Europa edizioni, Roma, 2022

  1. 168, euro 9,50