Cesare Mocchiutti nel suo Collio

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Importante mostra a Cormons

 

Il Museo Civico del Territorio di Palazzo Locatelli, a Cormons, ha dedicato a Cesare Mocchiutti, dal 2 settembre al 16 ottobre, un’importante retrospettiva, curata da Franca Marri, voluta dall’Assessorato alla Cultura di quel Comune e realizzata grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio e della C.C.I.A.A. di Gorizia, a segnare il centenario della nascita e il decennale della fine dell’esperienza umana del Maestro isontino, sulla soglia dei suoi novant’anni. Mocchiutti nacque infatti il 4 agosto 1916 a Villanova dello Judrio, e morì a Mossa, il 2 giugno del 2006.

Iniziò a dipingere nel dopoguerra, con una formazione da autodidatta, imponendosi presto, dapprima a livello locale e quindi, con la partecipazione a importanti eventi quali la Biennale Triveneta di Padova e la Quadriennale romana, conquistandosi un posto tra i massimi esponenti della pittura regionale nella seconda metà del secolo scorso. S’era stabilito a Gorizia dopo il congedo dall’Aeronautica, dove aveva prestato servizio come ufficiale pilota, frequentò gli ambienti artistici della città, venendo in contatto con Tullio Crali e col critico Curzio Cossa, mentre successivamente, tra il 1961 e il 1981, insegnò presso l’Istituto Statale d’Arte del capoluogo isontino, dove strinse amicizia con Ostilio Gianandrea. Altro amico fu il pittore Sergio Altieri, assieme al quale e con alcuni altri affrontò la via di un incontro con artisti sloveni attraverso il Gruppo Internazionale d’Arte Visiva “2xGO”, che mise in contatto gli artisti goriziani con quelli della vicina Nova Gorica, Dotato di una naturale sensibilità coloristica, senza essere inquadrabile in alcuna troppo angusta classificazione, s’ispirò comunque all’espressionismo e fu attratto da elementi della figurazione nordica, che egli declinò in una serie di soggetti popolari e rurali, legati al mondo contadino, agli animali da cortile, alle piante, ai bracconieri, ai pescatori di frodo.

Tutto questo microcosmo, e anche altro, è rappresentato in una settantina di opere presenti a Cormons, alcune del tutto inedite, altre di non frequente esposizione al pubblico perché inserite in collezioni private; oltre ai dipinti, anche alcune sculture in bronzo, prodotto di una mai sopita esigenza di sperimentazione, che si esercitò pure nella grafica e nella ceramica.

Complessivamente, le opere di questa significativa retrospettiva riflettono l’immagine di un artista autentico e impegnato in una sua costante ricerca, che sembra trovare un senso nel figurativismo di impostazione neorealista degli esordi quanto nelle ultime opere, dove il segno e il gesto si stagliavano con nettezza sopra la superficie bianca della tela; come ci suggerisce la Marri: “tele più rarefatte che ricordano Joan Mirò o Osvaldo Licini, con gli sfondi bianchi che sanno di assoluto”.

Walter Chiereghin