Chersicla (finalmente) in mostra a Trieste

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è partita alla chetichella, senza inaugurazione e sarà presumibilmente visitata da un pubblico numericamente assai esiguo la mostra “Bruno Chersicla. Trieste teatro d’Europa” allestita a Palazzo Gopcevich, nei giorni del #iorestoacasa: prevista dal 6 marzo al 13 aprile, ma chiusa dopo soli due giorni – fino al 3 aprile – per le disposizioni relative al contrasto al corona-virus. L’esposizione, finalmente decisa dal Comune di Trieste per onorare una delle personalità più significative nel panorama artistico della città fin dagli anni Settanta, scomparso nel 2013, è realizzata dal Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl”, anche grazie all’interessamento di alcuni privati: la compagna di Chersicla, Melitta Botteghelli, il figlio dell’artista, Andrea e da due medici, amici e collezionisti delle sue opere: Dino Faraguna e Piergiorgio Mandelli.

Non che si sentisse il bisogno di un pretesto per decidersi a dedicare, doverosamente, un omaggio a Chersicla, ma l’evento cade comunque nella ricorrenza dei vent’anni di quell’enorme graffito che egli concepì per l’asfalto di Piazza Unità prima che esso venisse rimosso per consentire la realizzazione della nuova pavimentazione, nel marzo del 2000. Il completamento dell’opera, che ricordava il mito di Europa, avvenne grazie al concorso di più di 4.500 cittadini che volontariamente stesero i colori su una superficie di oltre 9.300 metri quadrati, conseguendo per l’iniziativa una citazione nel Guiness dei Primati 2001 (p. 249). «Una provocazione, una profanazione di un luogo sacro al cuore della città» affermava dall’alto della torre del municipio Chersicla mentre iniziava appena, nella piazza, il lavoro dei volontari che tinteggiavano il suo disegno, ma fu anche uno straordinario momento di partecipazione collettiva e identitaria a un evento che non si qualificava soltanto nei termini di festa popolare di colore, obiettivo facilmente conseguibile anche colorando ghirigori e spirali, ma, con l’esplicito richiamo a un’appartenenza alla più vasta comunità europea, anche dal punto di vista del contenuto.

Se il grande graffito di Piazza Unità costituisce il più clamoroso atto di amore per la città che gli diede i natali e dalla quale si allontanò sulla soglia dei trent’anni, numerose altre sono le testimonianze, rese in sculture e pitture, del suo attaccamento a Trieste, fino a pochi giorni prima della scomparsa, quando tentava di organizzare una mostra di ritratti di amici triestini, protagonisti della vita culturale ed artistica del capoluogo giuliano, in parte presentati anche nell’esposizione di Palazzo Gopcevich. Qui, fin dall’ingresso nella Sala “A. Selva”, il visitatore è accolto dalla scenografica esibizione dell’imponente gruppo di sculture policrome che riproducono in grandezza naturale il fastigio di Palazzo Stratti, opera di Luigi Zandomeneghi (1778-1850), realizzato per la rassegna parigina di “Troveur Trieste” del 1985.

La scelta dei materiali per allestire la mostra, provenienti dai musei Revoltella, “Carlo Schmidl” dallo Sveviano e da collezioni private, ancorché non vastissima, rende tuttavia appieno il carattere poliedrico dei ramificati interessi di Chersicla, che si estendevano oltre il campo delle arti visive per toccare ambiti letterari, com’è per i ritratti tridimensionali ad altezza d’uomo di Svevo e di Joyce, musicali, con la grande figura del Contrabbassista, che s’incarica di testimoniare del suo amore – e della sua perizia di esecutore – di jazz, e teatrali, con la scultura-ritratto di Giorgio Strehler, prestata dal Teatro Stabile e una serie di bozzetti realizzati, come scenografo e costumista, per la stagione di prosa triestina del 1966, attività che continuerà ad interessarlo anche negli anni milanesi. Non irrilevante pure il suo interesse per il mondo dei fumetti, come testimoniano le due sculture di Mandrake e dell’ Uomo mascherato.

Oltre a una serie di ritratti, la rassegna triestina è completata da una serie di preziose cartoline che Chersicla, attento inesausto e curioso viaggiatore, soleva disegnare per donarle agli amici. Un volume pubblicato per l’occasione dall’editore Asterios raccoglie molte di queste immagini, supplendo validamente così alla mancata stampa di un catalogo della mostra.