CINEMA – L’ora più buia (Darkest Hour, di Joe Wright, Gran Bretagna 2017)
Pierpaolo De Pazzi
L’ora più buia (Darkest Hour, di Joe Wright, Gran Bretagna 2017)
Valutazione 3 / 5
di Pierpaolo De Pazzi
Maggio 1940, l’esercito nazista sembra inarrestabile e le opposizioni parlamentari inglesi impongono Winston Churchill come primo ministro al suo stesso partito, quello conservatore: è la condizione per dar luogo a una grande coalizione di governo. Il politico, poco amato da famiglia reale, colleghi e opinione pubblica, deve decidere se cercare la pace coi tiranni fascisti o proseguire la guerra, sperando nell’intervento degli Americani. Sappiamo come sia finita.
Il film ha i suoi punti forti nella capacità di creare e tenere un buon ritmo coinvolgente, nell’offrire una ricostruzione d’epoca credibile dal punto di vista della cura dell’immagine principale e del suo sfondo e, naturalmente, nelle ottime interpretazioni, su tutte quella di Gary Oldman.
Non è negli obiettivi di una produzione di questo tipo offrire una ricostruzione storica attendibile. Sembra anzi di trovarsi di fronte un film propagandistico, ma non sappiamo di cosa ci voglia convincere.
Il punto di vista scelto, quello della segretaria – dattilografa del premier, contribuisce a smitizzare e a portare il grande statista all’altezza della gente comune: un uomo come tutti dice infatti di lui la moglie. Quindi carico di dubbi.
La scena madre del film è quella in cui Churchill usa per la prima volta in vita sua la metropolitana, per sapere cosa ne pensa il popolo rispetto alla difficile scelta che deve fare. Poco importa allora sapere se questo episodio sia inventato, e non dobbiamo misurare col cronometro quanto duri veramente il percorso nella Tube, né sembrerà strano che i passeggeri del suo vagone rappresentino quasi magicamente la società inglese: quel che conta è che il leader, nell’ora più buia della scelta più difficile, sappia confrontarsi direttamente con il popolo.
Ogni film, anche un film storico come questo, non può uscire dal suo tempo, e inevitabilmente ci parla del presente: Churchill va visto come il prototipo dell’anti-politica post-ideologica, che troverebbe la propria forza nel confronto con il proprio elettorato, e nella capacità istintiva di interpretarne la volontà. È pericoloso tutto questo?
Di sicuro la recitazione di Gary Oldman contribuisce a fare dello statista un’icona POP, e la spiegazione del gesto con le due dita a rappresentare la V di Vittoria, anche se probabilmente è una fake news, è uno dei momenti più divertenti del film.
D’altra parte il processo di trasformazione di se stesso in mito popolare fu senz’altro iniziato da Churchill stesso, che finanziò la sua costosa condotta di vita soprattutto con i proventi della sua attività di giornalista e scrittore, tanto apprezzata che lo condusse a vincere il premio Nobel per la letteratura nel 1953, “per la sua padronanza della descrizione storica e biografica e per la brillante oratoria in difesa dei valori umani”.