Cinquanta

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Confido che i lettori vorranno perdonarmi la presunzione auto referenziale di dedicare questo spazio alla celebrazione della rivista sulla quale l’articolo è scritto. Mi preme tuttavia porre in evidenza il raggiungimento del cinquantesimo numero, che tra l’altro cinquantesimo non è, se non per il numerino scritto sotto la testata, in quanto quella numerazione non tiene conto del numero zero, pubblicato nell’aprile del 2015, né degli “speciali” dedicati a Scipio Slataper nel centenario della morte, il 3 dicembre di quello stesso 2015, poi a Pordenonelegge nel novembre di quello stesso primo anno, a Umberto Saba e Virgilio Giotti nel novembre del 2017, a sessant’anni dalla scomparsa dei due grandi poeti triestini, e ancora lo speciale che nel settembre dell’anno passato abbiamo messo insieme per celebrare a cinquant’anni di distanza dai fatti quel 1968, cui ci legano sottili nostalgie oppure profonde avversioni, a seconda dell’orientamento politico e culturale di chi legge.

La rivista era nata, appunto nel mese di aprile del 2015, dalle ceneri di una rivista cartacea, Trieste ArteCultura, fondata e per molti anni diretta da Claudio H. Martelli, che aveva cessato le pubblicazioni nel gennaio di quell’anno per decisione dell’editore. Avendo avuto l’onore di succedere a Martelli e di dirigere quella rivista per quasi quattro anni, ero stato interpellato dopo la chiusura da numerosi lettori che si rammaricavano della fine di ArteCultura, per cui pensai di continuare in un’altra forma quell’esperienza editoriale, valendomi delle opportunità offerte dal web. Tra queste, oltre al vantaggio di una drastica riduzione dei costi, anche la possibilità di proporre uno strumento senza richiedere in cambio a chi lo legge neppure un minimo esborso di denaro, cosa resa possibile anche dalla generosità di coloro che, un mese dopo l’altro, riempiono del loro lavoro le pagine della rivista, a titolo altrettanto gratuito.

Grazie all’Associazione culturale Il Ponte rosso, nata per sostenere la rivista, si sono realizzate e si continuano a realizzare numerose e qualificate iniziative di carattere culturale, presentazioni di libri e di autori, confronti pubblici su varie tematiche, la creazione di una minuscola casa editrice, la “Libreria del Ponte rosso”, che si accinge a pubblicare nelle prossime settimane un secondo stimolante volume, dopo la pubblicazione, nel 2017 dell’opera poetica completa di Giulio Camber Barni, autore de La Buffa, curata da Lorenzo Tommasini.

Anche per adeguarsi alle disposizioni legislative che regolamentano in maniera differente il cosiddetto “Terzo settore”, l’Associazione è alla vigilia di una sua trasformazione, che nei primi mesi dell’anno prossimo vedrà modificato lo statuto e rinnovati i suoi organi elettivi.

Una storia ancora breve, questa del Ponte rosso: se la pensassimo in rapporto alle aspettative di vita delle persone: l’età di un bambino, che per di più non ha ancora varcato la soglia della scuola elementare. Vista invece sotto il profilo della durata di un’iniziativa così impulsivamente posta in essere, il cinquantesimo numero che state leggendo è già un traguardo di un certo rilievo, per esempio paragonandolo a quello di una rivista omonima, anch’essa pubblicata anch’essa a Trieste nel 1947 per iniziativa di due intellettuali sloveni e due italiani, un “opuscolo d’arte e cultura” che fiorì in un solo numero. Sulla prima pagina di quell’unico numero, a firma di uno dei fondatori, Giuseppe Menassé, si possono leggere queste parole: “Trieste è una città di traffici posta in un quadrivio d’Europa […]: qui convergono civiltà e le civiltà non sono mai privilegio d’una nazione o predominio di una nazione sull’altra, ma lavoro comune di tutti gli uomini e quindi di tutti i popoli, che contro ogni costrizione continuano a cercarsi, a esprimere voci e a intonarle, ad accogliere ideali e a fonderli”.

Ci piace pensare di aver creato e di portare avanti Il Ponte rosso di oggi seguendo la medesima ispirazione di quel nostro effimero antecedente.