CINQUECENTO ANNI DELL’ASSUNTA DI TIZIANO

Nadia Danelon

Riscoprendo la storia di un capolavoro: cinquecento anni dell’Assunta di Tiziano

 

Tiziano, Assunta, Basilica dei Frari (1516-1518)

 

Il contesto è quello della Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, celebre edificio gotico legato al convento dei frati Minori Francescani: più precisamente, gli spettatori si trovano davanti all’altare della cappella maggiore, che da due anni attende la sua pala d’altare. Tra i frati presenti, dobbiamo immaginare la figura impaziente del padre guardiano del convento, fra Germano da Casale: è stato lui a commissionare la realizzazione dell’altare, facendo incidere da un lato il nome di Maria e dall’altro il suo, inorgogliendosi al pensiero di tramandare ai posteri che è stato “Frate Germanus” a pagare l’”aram” dei Frari. Dal 1516 è in contatto con il cadorino Tiziano Vecellio, al quale ha commissionato la realizzazione del dipinto per il fastoso altare: un giovane ambizioso, di circa trent’anni, al quale è stato concesso il titolo di Pittore ufficiale della Serenissima una settimana dopo la morte del predecessore Giovanni Bellini. Questo vecchio maestro, determinato a non cedere il testimone, ha dipinto fino agli ultimi giorni prima di morire: mai sarebbe stato possibile, con Bellini ancora in vita, assegnare ad un altro che non fosse lui la commissione di un’opera di tale portata. Ora, dopo la dipartita del grande pittore, Tiziano può essere soddisfatto del risultato ottenuto: la rendita garantita, derivante dalla cosiddetta “senseria” (tassa doganale sul sale), è molto elevata. La fama di colui che detiene il titolo di Pittore ufficiale della Serenissima dal 1516, inoltre, cresce sempre di più consentendogli di conservare questo privilegio per sessant’anni. Dal momento in cui ha ricevuto la commissione, Tiziano si è concentrato alla ricerca della soluzione migliore per realizzare un dipinto senza eguali, differente da qualsiasi prodotto antecedente realizzato dai pittori veneziani. La sua scelta è rischiosa, se ne rende conto: ma ha avuto modo di osservare certe opere ispirate ai capolavori di Michelangelo, comprendendo le novità compositive tosco-romane che hanno finito per affascinarlo. Quelle figure vigorose, così diverse da quanto visto fino a quel momento, lo attirano.

Il dipinto che gli è stato commissionato dai Frari deve raffigurare l’Assunzione di Maria: quale miglior pretesto, se non quello di voler rappresentare gli Apostoli quanto più fedeli possibili alla tradizione evangelica che li vuole pescatori, per prendere spunto dai “barcaroli” della Laguna nell’immortalare sulla carta figure poderose di uomini semplici. Sì, è soddisfatto: rientrando nel convento dei Frari, riprende il suo lavoro nello spazio che gli è stato concesso per elaborare la gigantesca tavola dell’Assunta. I frati, per la verità, lo infastidiscono: c’è un continuo via vai, che ogni tanto include una breve visita da parte del committente. Quest’ultimo, mentre i lavori per la pala stanno raggiungendo una fase peculiare, con grande stupore si rende conto di quanto siano enormi le figure degli Apostoli: una volta interrogato Tiziano in proposito, il giovane pittore risponde prontamente facendogli notare le dimensioni enormi della tavola, per le quali sono necessarie figure maestose. I frati, nonostante tutto, continuano ad apparire poco convinti di fronte a queste soluzioni compositive innovatrici e Tiziano (in cuor suo) spera di averci azzeccato: questa commissione potrebbe accrescere ancora di più la sua fama ed un eventuale rifiuto con conseguente rimozione dell’opera non giocherebbe certo a suo favore. D’altra parte, pare che Lorenzo Lotto abbia realizzato una Sacra Conversazione assolutamente notevole e fuori dagli schemi in quel di Bergamo nel 1516: Tiziano, dal canto suo, vuole addirittura provare a superarlo. Il momento è propizio per portare una ventata d’aria fresca nella pittura veneta (la “nuova maniera” descritta da Ludovico Dolce nel 1554, partendo dall’Assunta dei Frari). Le idee del pittore cadorino sono molto precise: innanzitutto, l’opera è progettata in tre registri. Sotto, le figure degli Apostoli, agitate e incredule per il miracolo che si sta compiendo: per l’intero corso dei lavori Tiziano ha a portata di mano, tra gli atri, il disegno della figura di san Pietro con le braccia sollevate verso il cielo realizzato nel 1516 (oggi al British Museum). Bisogna puntare ad un’atmosfera festosa e trionfale, dove non deve esserci spazio per simboli legati alla morte: nessun sepolcro, nessuna lacrima. Gli Apostoli sono chiaramente riconoscibili: accanto al vecchio Pietro c’è Giovanni, mentre Tommaso indica verso l’alto. Il pittore ci ha riflettuto molto, nel realizzarli: delle figure troppo nette possono distogliere l’attenzione da Maria, perciò decide di rendere sfocate le immagini della dimensione terrena per conferire una più netta volumetria alle figure del registro centrale (Pittaluga, 1938). Inoltre, grazie ad un altro espediente, è riuscito nel suo intento di immergere parzialmente nell’oscurità le figure vigorose degli Apostoli: grazie all’ombra, che sembra essere proiettata dalla nuvola popolata dalla Vergine e dai cherubini (Argan, 1988). Eccola, nel registro centrale, la figura gloriosa di Maria: condotta in cielo anima e corpo dagli angeli, tre giorni dopo il momento in cui si è addormentata in un sonno simile a quello della morte, da cui trae origine l’iconografia della Dormitio Virginis (come Tiziano sa bene, quest’ultimo soggetto è raffigurato in un rilievo antico custodito nella stessa basilica). Se l’intenzione del cadorino è quella di far percorrere l’intero dipinto da un moto ascensionale che conduce direttamente fino alla figura del Padre Eterno alla sommità della pala, nel realizzare l’opera si rende perfettamente conto della necessità di dare l’impressione del volo di Maria: per questo il suo piede sinistro è quasi sollevato, per questo le sue braccia sono spalancate verso l’alto. A Tiziano sembra di sentire il canto, di quel coro angelico festoso: “Ave, benedetta!”. I colori tipici delle vesti di Maria (rossa la veste, blu il mantello adeguatamente gonfiato) gli forniscono un’altra opportunità per un effetto visivo indimenticabile: gli abiti rossi di due tra gli Apostoli, insieme alla tunica della Vergine, formano una sorta di triangolo che sfiora l’illusione di una struttura piramidale.

Notevole, ma non basta: è necessario chiudere in grande, con qualcosa che lasci tutti con il fiato sospeso. Manca da realizzare la figura del Padre Eterno che, in questo caso, attende Maria nel registro superiore della tavola: questa immagine in forte scorcio, immobile per coerenza con la sua potenza divina ma che volendo potrebbe dare l’impressione di essere stata sorpresa mentre sta nuotando nella luce emanata dalle anime celesti (Argan, 1988). Due angeli lo accompagnano, esibendo le corone destinate alla Vergine. La pala è infine portata a termine, nel momento in cui viene orgogliosamente firmata: “Titianus”. Il 19 maggio 1518, vigilia di San Bernardino (i veneziani si preparano ad una grande festa religiosa), è tutto pronto: gli spettatori si avvicinano lentamente all’altare maggiore dei Frari, increduli. L’orgogliosa espressione di Tiziano sfuma velocemente, quando si rende conto che il suo timore più grande si sta avverando: qualcosa è andato storto, i Frari non sembrano affatto gradire le novità stilistiche e compositive dell’imponente opera che stanno ammirando. Cosa possono fare? Hanno pagato profumatamente il dipinto, ma desiderano solo liberarsene. Dopo qualche tempo, ancora scottati dalla delusione provocata loro dalla discutibile opera del cadorino (cosa sarà venuto in mente al giovane e talentuoso Tiziano?), trovano la risposta alle loro perplessità: l’ambasciatore imperiale vuole acquistare la pala, in cambio di generose offerte (Brusegan, 2007). I frati si rendono finalmente conto del rischio che stanno correndo: far partire un’opera così notevole, negandosi per sempre il privilegio di poterla esibire sull’altare della loro basilica? Il tempo di una riunione e Tiziano riceve la conferma del fatto che la sua Assunta è stata accettata. Se la ride, pensando che avrebbe potuto provarci lui, a mettere in giro la voce di una possibile offerta per l’acquisto dell’opera (Pedrocco, 2004): ma non è più il caso di pensarci, la sua bottega sta decollando e (anzi) deve pensare al modo migliore per prorogare la data di consegna di alcuni dipinti (Zuffi, 2015). Non ha comunque tempo da perdere e per questo motivo conta sull’appoggio di suo fratello Francesco, bravissimo nel gestire le richieste per opere minori giunte alla sua bottega presso San Samuele (sempre Zuffi, 2015). Alcuni decenni dopo la presentazione dell’Assunta, i colleghi di Tiziano hanno finalmente messo da parte le loro invidie: Ludovico Dolce, molti anni dopo, annota questa impressione “…tutti i pittori d’indi in poi si affaticarono di imitarla”. Per molti secoli, la prima opera religiosa di grandi dimensioni dipinta dal cadorino non lascia l’altare dei Frari: però, già a partire dallo stesso secolo della sua realizzazione giungono le prime lamentele per le condizioni in cui è tenuta (Vasari).

Le Gallerie dell’Accademia. Giuseppe Borsato, «Commemorazione di Canova all’Accademia», Venezia, Galleria Ca’ PesaroNel 1817, Leopoldo Cicognara propone di rimuovere la pala dall’altare della basilica dei Frari per collocarla nelle sale della prestigiosa istituzione da lui diretta: l’Accademia di Belle Arti. Il motivo che lo spinge a prendere questa decisione è molto chiaro: “[il dipinto] Ha sofferto e soffre un lagrimevole pregiudizio per la poca cura ond’è custodito”. L’opera rimane in deposito all’Accademia per quasi un secolo (1818-1919), dove “assiste” a delle cerimonie molto importanti: tra queste, la dolorosa commemorazione di Antonio Canova (immortalata da un dipinto del Borsato). Rientra finalmente in basilica dopo la Prima Guerra Mondiale. Riprende quindi il suo posto, dopo essere stata sostituita dal dipinto di Giuseppe Porta che presenta le stesse dimensioni e raffigura il medesimo soggetto (ora alla cappella dedicata alla SS. Vergine del Rosario, in Santi Giovanni e Paolo). Per alcuni anni, occupa il posto d’onore per il quale è stata realizzata: lo lascia solamente in occasione della mostra dedicata al suo prestigioso autore (1935, Ca’ Pesaro), per poi ripartire preventivamente per essere portata al sicuro dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale. Commossi, i veneziani la vedono ricollocata sull’altare che le spetta di diritto il 13 agosto 1945: nella loro memoria, riecheggia la solenne promessa formulata nel 1817 (“appartenere detto quadro alla Chiesa dei Frari”). Nel 2018, l’Assunta di Tiziano festeggia il suo cinquecentesimo anniversario: per questo motivo, è doveroso ricordarla in occasione della festività legata al soggetto mariano che vi è raffigurato (dogma di fede dal 1950, per volere di Pio XII).