Djam un film per spiriti liberi

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In anteprima per il TS Film Festival il nuovo lavoro di Tony Gatlif

di Stefano Crisafulli

 

Il 1968 è stato un anno speciale per l’Europa e, checché ne dicano i revisionisti del conservatorismo nostrano, da allora il mondo è cambiato. Ed è cambiato in meglio, anche se tutte le conquiste di libertà e di giustizia sociale ottenute allora stanno perdendo terreno di fronte al neoliberismo imperante. Djam, di Tony Gatlif, non è un film che risale a quel periodo storico, ma sicuramente ha più di un debito con esso. Lo ha, perché, mentre scorrono le immagini sullo schermo del Politeama Rossetti nel corso dell’Opening Night del 29° Trieste Film Festival, lunedì 22/1, non si può non pensare alle spinte rivoluzionarie di allora, anche se spesso velate da un sottofondo di malinconia. Ma la gioia di vivere e la volontà di libertà che sprizzano dalla giovane protagonista del film, Djam, interpretata dall’attrice Daphné Patakia, richiamano quelle sessantottine.

Lei, Daphné Patakia era presente in sala e, prima della visione, davanti ad un pubblico che, per l’occasione, ha riempito la Sala Grande in ogni ordine di posti, ha raccontato com’è stata scelta dal regista: ‘Tony Gatlif mi ha preso perché camminava come Charlie Chaplin’. In effetti, non è solo la camminata a renderla simile al celebre Charlot, ma anche le caratteristiche stesse del personaggio. Djam vive in un’isola greca (Lesbo) assieme allo zio Kakourgos ed è da lui incaricata di andare a Istanbul per cercare un pezzo del motore di un barcone. Con quel barcone portano in giro i turisti, che però sono sempre meno. Nel frattempo l’isola è diventata terra di sbarco e di transito per i migranti, come testimonia una breve, ma intensa sequenza girata in una discarica di giubbotti di salvataggio. Con una caterva di raccomandazioni da parte dello zio, Djam se ne va, zaino in spalla, ma, giunta ad Istanbul, incontra una coetanea francese, April, che avrebbe voluto andare in Siria a portare aiuto e si è persa. Il suo spaesamento è esistenziale (e simbolico-politico: in fondo April è come l’Europa), tanto che si mette subito a seguire Djam nelle sue peregrinazioni. Il viaggio di ritorno si trasformerà in un’odissea, a volte triste, a volte gioiosa, nella dura quotidianità di un mondo travolto dalle ineguaglianze sociali e alla ricerca di una via di fuga per poter sperare ancora. Ma Djam ha, dalla sua, un carattere libero e solare, oltre alla capacità di cantare e suonare il Rebetiko (musica popolare greca, nata nei bassifondi) e di danzare di fronte alle avversità e riuscirà a tornare. Proprio quando tutto sembra a posto, però, dovrà lasciare di nuovo l’isola e rimettersi in viaggio sulla barca dello zio, assieme ad una piccola comunità di resistenti. Gatlif prosegue sulla scia di Exils (premio per la miglior regia a Cannes 2004) nella sua poetica del viaggio, dell’esilio e dell’incontro tra culture con un film vitale e completo, che denuncia le storture della finanza globale senza rinunciare alla leggerezza e alla voglia di vivere.