Dopo la tempesta del covid

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Ritornano a riempirsi le platee dopo due stagioni di sofferenza per l’emergenza dovuta alla pandemia

di Paolo Quazzolo

 

Il Teatro Comunale di Monfalcone ha deciso di aprire quest’anno la propria stagione con un testo la cui scelta non è stata casuale: si tratta di Servo di scena, capolavoro di Ronald Harwood, scritto nel 1980 e subito divenuto campione d’incassi in tutto il mondo. Servo di scena è una commedia che ci parla della capacità del teatro di resistere alle avversità e ai tempi più duri, riemergendo sempre vittorioso anche quando ogni cosa sembra perduta. Ne abbiamo avuto la prova in questi anni di pandemia e soprattutto durante il lockdown, quando ogni attività artistica si è forzatamente interrotta. Eppure il teatro è sopravvissuto, ha trovato mezzi alternativi per continuare a dialogare con il proprio pubblico, è tornato, non appena ha potuto, ad aprire le proprie sale per far rivivere l’antica magia dello spettacolo. Il testo di Harwood, dunque, parla proprio di questa capacità di resistenza del teatro, essendo ambientato nel 1942, durante la seconda guerra mondiale. Una compagnia shakespeariana, ridotta ai minimi termini, privata di tutti gli attori giovani perché costretti ad arruolarsi in guerra, obbligata a recitare sotto le bombe nei teatrini di provincia, continua indefessamente il proprio compito, rappresentando il proprio repertorio di fronte a un pubblico, altrettanto coraggioso, che non si lascia spaventare dalle incursioni aeree. Ma Servo di scena è anche un testo che celebra la figura del grande attore, ponendo al centro della vicenda Sir Ronald, anziano e capriccioso capocomico, che tiranneggia i suoi compagni e soprattutto Norman, The Dresser, il costumista (questo il titolo originale della commedia) che serve fedelmente il suo “padrone” sino all’improvvisa e amara fine. Il testo, banco di prova per grandi attori, è stato interpretato da Geppy Gleijeses nel riuscito ruolo del capriccioso capocomico, Maurizio Micheli, il convincente Norman e una validissima Lucia Poli, padrona assoluta del palcoscenico, nel ruolo della moglie di Sir Ronald. La regia era firmata da Guglielmo Ferro, figlio del grande Turi, che con questo spettacolo ha voluto omaggiare il centenario della nascita del padre, uno degli ultimi “mattatori” del teatro italiano.

La stagione del Rossetti ha proposto un grande classico della commedia inglese, quel Trappola per topi di Agatha Christie che dall’ormai lontano 25 novembre 1952, continua ininterrottamente le proprie repliche all’Ambassador Theatre di Londra. Lo spettacolo, che ha quale protagonista Lodo Guenzi, è frutto di una astuta alchimia di botteghino: un titolo classico capace di attirare il pubblico più maturo e un interprete idolo dei giovani: l’esito non può mancare, e infatti la sala del Rossetti si presentava quasi esaurita. Un bel traguardo, in un momento in cui il ritorno a teatro, dopo la lunga pandemia, non è ancora del tutto ristabilito. Ciò non basta, tuttavia, a garantire la qualità dell’operazione. Lo spettacolo firmato dal regista Giorgio Gallione procede in modo piuttosto piatto, senza troppa suspense e con personaggi ridotti a macchiette. D’accordo, non stiamo parlando di Shakespeare, ma Agatha Christie, indiscussa regina del poliziesco, ha consegnato al teatro, con Trappola per topi, uno dei migliori drammi gialli. Ad ogni modo, il successo è stato completo.

Di ben altro spessore lo spettacolo visto al Teatro Bobbio, The Children, opera della drammaturga inglese contemporanea Lucy Kirkwood, coprodotto dalla Contrada e del Centro Teatrale Bresciano, per la regia di Andrea Chiodi. Sul palcoscenico un trio di grandi interpreti: Francesca Ciocchetti, Giovanni Crippa e soprattutto Elisabetta Pozzi, una delle migliori attrici italiane di questi anni. La storia è quella, angosciante, di un disastro atomico. Un incidente a una centrale nucleare ha devastato le coste dell’Inghilterra. Hazel e Robin, fisici in pensione, si sono rifugiati in un cottage, conducendo una vita che cerca, non senza difficoltà, di rimanere entro i binari della normalità. L’ormai piatta quotidianità viene sconvolta dall’arrivo di Rose, collega di un tempo, che proporrà loro di rientrare nella centrale per spegnere le macchine ancora in attività, sostituendo così, loro che sono ormai anziani e con una breve aspettativa di vita, i giovani fisici che stanno rischiando ben di più. Un problema di coscienza che divide e lacera gli animi ma che, alla fine, fugati tutti gli egoismi, condurrà i tre protagonisti all’eroico sacrificio. Testo ad alta intensità, recitato con grande partecipazione, capace, secondo le regole del teatro di qualità, di spingere lo spettatore a interrogarsi sugli aspetti più scomodi della nostra esistenza e sugli oscuri compromessi della società contemporanea.

 

Trappola per topi