Due protagonisti della resistenza

| | |

Profili e storie di Luigi Frausin e Natale Kolarič esplorati in un volume di Patrick Karlsen e Luca G. Manenti

di Luca Zorzenon

 

Se una delle classiche interpretazioni del tragico lo declina come esito di un conflitto irriducibile tra due valori la cui opposizione non mediabile ha per conseguenza che l’affermazione dell’uno comporti la negazione dell’altro, allora la vicenda umana e politica di Luigi Frausin e Natale Kolarič, conclusa dalla loro morte atroce per mano nazifascista si intende propriamente sotto il segno della tragedia. Questione storica che mette in campo il problema di quanto e come, nella situazione del tutto specifica e particolare della lotta di liberazione dal nazifascismo nella Venezia Giulia, a parte comunista il valore dell’internazionalismo potesse coniugarsi con quello dell’identità politica nazionale.

Delle vicende umane e politiche di Luigi Frausin e Natale Kolarič si sono occupati gli storici Patrick Karlsen e Luca G. Manenti (i due autori in introduzione confidano metodologicamente nelle «capacità euristiche del genere biografico», e, in  questo caso, di una doppia biografia) ricostruendone i percorsi paralleli con notevole equilibrio storiografico, certosina analisi delle fonti edite nonché con la scoperta di documenti al tutto o parzialmente inediti. Uno studio a quattro mani: Si soffre ma si tace. Luigi Frausin, Natale Kolarič: comunisti e resistenti, edito dall’IRSREC nel 2020.

Il primo e fondamentale valore dell’operazione di ricerca di Karlsen e Manenti sta nell’aver percorso attraverso la ricostruzione di due “vite in atto” una parabola storica complessiva della formazione dei gruppi dirigenti triestini del PCd’I all’inizio degli anni ’20, la loro attività antifascista clandestina interna e internazionale durante il regime, la riorganizzazione in loco del partito dopo l’8 settembre, la drammatica situazione in cui esso opera ai confini orientali durante la Resistenza.

Muggesani entrambi – più giovane Kolarič nato nel 1909, Frausin nel 1898 – si conosceranno e intrecceranno i loro destini politici dopo l’8 settembre del 1943 al loro rientro a Trieste dal confino di Ventotene, quando come segretario della federazione comunista (Frausin) e suo responsabile militare anche nella costituzione dei GAP (Kolarič) fino all’estate del 1944 svolgeranno la loro missione politica di comunisti italiani «votati a tradurre in atto con coerenza una politica internazionalista, di unione tra gli italiani e gli sloveni, contro il fascismo e i nazionalismi. Fino all’estremo sacrificio delle loro vite» (p. 9). Karlsen e Manenti, su una stessa linea di metodo e interpretativa, si dividono i compiti lungo l’asse cronologico delle due biografie.

Manenti ricostruisce le due biografie politiche dagli esordi al confino di Ventotene. Operaio dei cantieri di Trieste e Monfalcone, Frausin fin da giovanissimo forma la sua coscienza politica e di classe nel contesto urbano-industriale. Kolarič, di lingua e cultura slovene, è attivo da subito nel mondo delle lotte contadine in Istria. I due percorsi di vita e di formazione politica, paralleli e insieme diversi, consentono a Manenti di delineare efficaci scorci storici lungo gli anni ’20 e ’30 che riguardano sia la costruzione del PCd’I nel contesto giuliano, nel passaggio dall’eredità del Socialismo adriatico d’anteguerra all’esito scissionista della “bolscevizzazione” e poi lungo l’organizzazione e l’attività clandestine del partito sotto il regime fascista, sia i suoi legami con la dimensione internazionale del comunismo a guida sovietica. Nella figura di Frausin fondamentale è la sua attività politica all’interno della classe operaia giuliana, anche nella direzione di affermare tra i lavoratori, spesso divisi nelle componenti etniche italiana e slava, l’ideale politico internazionalista: un radicamento prioritario nella classe operaia dei cantieri navali teso a formarne la coscienza e il movimento  politico che sarà poi ripreso e sviluppato da Frausin anche durante la Resistenza. Ripercorrendo la parabola politica complessiva di Frausin fino al suo arresto nel 1932, alla condanna del Tribunale speciale a dodici anni di carcere, commutati poi dal 1937 nel confino alle Tremiti e poi a Ventotene, Manenti ci delinea momenti importanti delle dinamiche, delle strutture, dell’attività antifascista clandestina del PCd’I, di cui Frausin diviene progressivamente un membro di rilievo, dalla metà degli anni ’20 a capo della federazione regionale del partito, dal 1929 membro del Comitato centrale e del Centro estero di stanza a Parigi diretto da Pietro Secchia, tra vita clandestina ed esili che portano il muggesano da Vienna a Parigi, dal Lussemburgo a Mosca e infine in Svizzera.

Natale Kolarič, attivo nelle file giovanili del PCd’I alla fine degli anni ’20, svolge la sua attività prevalentemente tra le masse contadine istriane e dell’entroterra triestino: «Kolarič, che parlava sloveno, assunse l’incarico di coprire l’entroterra ad alta concentrazione contadina, mentre Frausin si occupò delle fabbriche e dei cantieri siti nei, o in prossimità dei, centri abitati. Tale ripartizione non fu stabilita a tavolino, posto che i due avrebbero fattivamente collaborato a partire dal 1943, costituendo invece una prassi alla quale i militanti italiani e sloveni tendevano ad attenersi per forza di cose» (p. 88). Anch’egli esule in Austria e a Parigi, nella capitale francese Kolarič riceve nel 1931 dal  Centro estero l’incarico di organizzare il partito nella Venezia Giulia nella sua componente slovena. Si specializza nel settore della propaganda allestendo una tipografia mobile che continuamente disloca i suoi macchinari per sfuggire alle ricerche della polizia e i cui volantini e periodici in lingua slovena raggiungono Trieste e Muggia, i borghi sperduti nel Carso, l’Istria e Fiume. Attivamente ricercato dall’OVRA, Kolarič viene arrestato nel luglio del 1932, condannato a dodici anni di carcere e nel 1939 viene trasferito al confino di Ventotene. Di particolare interesse nella ricostruzione di Manenti la divergenza politica che interviene sul territorio tra l’attività del TIGR, l’associazione antifascista slava che propugna azioni di resistenza anche in forme terroristiche, e le direttive del partito comunista che invece puntano sull’attività di propaganda e di educazione politica delle masse, anche su dirette indicazioni di Togliatti, che invita a non «contrapporre la questione nazionale alla lotta di classe» e a «non scindere la lotta contro l’imperialismo e la lotta per la liberazione nazionale» (p. 89): linea politica che trova in Kolarič un assiduo e convinto esecutore.

Fondamentale momento di intersezione delle due parti del volume è il periodo di permanenza a Ventotene di cui Manenti ricostruisce bene l’ambiente antifascista, le discussioni con Eugenio Curiel, Girolamo Li Causi, Camilla Ravera, Battista Santhià e i conterranei Leopoldo Gasparini e Giordano Pratolongo, le letture di Steinbeck, Sinclair Lewis, dei classici del marxismo, l’ambiente definito da Giaime Pintor “il governo di Ventotene”, nucleo di formazione della futura classe dirigente del partito comunista entro il quale Frausin e Kolarič saldano quel loro stretto legame politico che li renderà protagonisti di primo piano della Resistenza al ritorno a Trieste dopo l’8 settembre.

La seconda parte firmata da Patrick Karlsen ricostruisce l’atto finale delle vite di “comunisti e resistenti” di Frausin e Kolarič, dal settembre del 1943 all’agosto del 1944 nel contesto della situazione storica in cui si snodano gli eventi del primo anno della Resistenza a Trieste, nel monfalconese, nel goriziano. La figura di Luigi Frausin, col quale Kolarič collabora in veste di organizzatore dell’aspetto militare delle lotta al nazifascismo, tocca qui la forma tragica di cui si diceva all’inizio. Il suo è un difficile compito di costruzione e di organizzazione del PCd’I a Trieste durante la lotta di Liberazione nel succedersi di mutamenti e svolte degli eventi particolari della Resistenza al confine orientale, quando il progressivo delinearsi della potenza militare e dell’identità politico-ideologica del movimento di liberazione jugoslavo guidato dal PCJ e delle sue diramazioni slovene e croate (Pcs e Pcc) pone obbiettivamente la questione dei rapporti di forza con i fini e l’azione del parallelo movimento di liberazione nazionale italiano. E ciò nel quadro delle scelte politiche, tattiche e strategiche, di portata internazionale che riguardano le direttive sovietiche da un lato, e dall’altro la posizione del PCI entro il movimento ciellenistico di resistenza dell’antifascismo italiano.

Al confine orientale, Trieste e la Venezia Giulia rivivono la seconda volta, dopo la Prima guerra mondiale, in forma ancora storicamente diversa, il conflitto aperto e sanguinoso tra la  dimensione internazionale della loro storia e della loro collocazione geopolitica, etnica, culturale e la condizione di luogo drammaticamente ideale dello sviluppo di violenti scontri di contrapposte ideologie nazionaliste. L’incarico di segretario della federazione triestina del PCI che dal settembre 1943 Frausin assume, dopo la drammatica epurazione della dirigenza precedente di Vincenzo Marcon (“Davilla”), passivamente piegata alla direzione del Partito comunista sloveno (Pcs), si può riassumere nel tentativo di mantenere la prospettiva ideologica internazionalista del comunismo e del movimento operaio, e dunque l’ideale della fraterna collaborazione nella lotta antifascista triestina e giuliana tra PCI e Pcs, e nel contempo costruire le condizioni specificamente triestine aderenti alla contemporanea svolta togliattiana dell’identità politica del PCI, il nuovo corso politico di inserimento strutturale nella prospettiva nazionale della guerra di liberazione antifascista entro la collocazione nel CLN, mossa e pre-condizione decisiva dello costruzione del “partito nuovo” a guerra conclusa.

È un tentativo di “conciliazione” che avrà esiti tragici per Frausin e Kolarič (catturati, torturati e uccisi dai nazifascisti nell’estate del 1944), presi nella morsa degli eventi che in particolare dall’inizio del 1944 di mese in mese vedono da un lato il progressivo palesarsi delle mire annessionistiche dell’esercito di liberazione nazionale di Tito nei confronti di Trieste e oltre e dall’altro lato le oscillanti indicazioni che provengono dalla direzione togliattiana del partito comunista riguardo al futuro dei confini nazionali nella Venezia Giulia.

Un dato tuttavia è certo: dalla ricerca accurata di Karlsen viene convincentemente smentita l’interpretazione della tragica fine di Frausin e Kolarič, accreditata nel dopoguerra per ragioni di opportunismo politico tanto dal CLN triestino quanto dal partito comunista a direzione Vidali, e che ancora si legge nella motivazione della medaglia d’oro al valor militare assegnata ai «comunisti e resistenti» triestini: l’esser «caduti in mano tedesca per delazione slava». Laddove quel «delazione slava» finiva per esser interpretato in chiave “titina”, Karlsen dimostra che in realtà i delatori furono il cetnico Slavko Zovič, collaborazionista nazifascista, e Mariuccia Laurenti, partigiana in realtà al soldo della Gestapo, che abilmente seppero manovrare nelle crepe della compartimentazione della rete clandestina del partito comunista italiano.

Scritture scorrevoli, quelle di Karlsen e Manenti – le cui differenze stilistiche pur tuttavia non producono fratture di lettura –, l’articolazione analitica di vicende complesse e drammatiche si fa ricostruzione lucida e appassionante: passione storiografica che non contraddice affatto all’ antico principio del sine ira et studio, a quel difficile ma fondamentale equilibrio tra soggettività inevitabile dello storico e necessario distacco dalla materia che è della storiografia più solida e  sicura. È l’intento dichiarato degli autori: «liberare il campo dalle deformazioni, dai fraintendimenti, dalle opacità sedimentatesi […], in buona parte effetto delle passioni e delle opportunità politiche che hanno dominato il secondo dopoguerra, segnato a lungo dalle polarizzazioni della Guerra fredda» (p. 9).

 

 

Patrick Karlsen e

Luca G. Manenti

Si soffre ma si tace.

Luigi Frausin, Natale Kolarič:

comunisti e resistenti

IRSREC, Trieste, 2020

  1. 222 , euro 20,00