Fontana e gli anni dello spazialismo

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Un’importante rassegna a Monfalcone di autori tra gli anni Cinquanta, i Sessanta e oltre

di Walter Chiereghin

 

Nella prima metà del secolo passato le arti visive furono oggetto di sommovimenti continui che si concretarono, in rapida successione, nel nascere repentino di nuove correnti e nel loro più o meno improvviso sfiorire, in un’elaborazione continua di idee e di proposte di rottura con quanto aveva preceduto il loro avvento. Tale movimento tellurico diede origine, in rapida successione, anche limitando l’osservazione ai fenomeni più eclatanti e riconoscibili, all’Espressionismo, all’Astrattismo, al Cubismo, al Futurismo, al Neoplasticismo, al Dadaismo, al Surrealismo, all’Arte Concettuale. Né, arrivati alla metà del secolo, il bradisismo accennò a limitarsi o a rallentare, producendo semmai nuove correnti che artisti e critici cercarono di individuare, catalogare e circoscrivere. Tra esse, a partire dal secondo dopoguerra, trovò formulazioni teoriche e, soprattutto, una quantità di esempi e di personalità che resero lo Spazialismo una delle avanguardie più diffuse, soprattutto tra Italia e America Latina, ad opera principalmente di Lucio Fontana, un artista italo-argentino, “nato” scultore, che proprio a Buenos Aires, senza firmarlo, ispirò nel 1946 i contenuti di un manifesto (Manifesto blanco). Il documento rendeva pubbliche le motivazioni di una rinnovata e totale rottura con ogni tradizione non soltanto accademica, ma anche derivante dalle più recenti tendenze della rappresentazione artistica: «l’Uomo è esausto di formule pittoriche e scultoree. Le sue esperienze, le sue opprimenti ripetizioni attestano che queste arti permangono stagnanti in valori estranei alla nostra civiltà, senza possibilità di svilupparsi nel futuro» e, una volta per tutte dichiarata sorpassata «l’estetica vuota delle forme fisse», rimase agli artisti il compito, parzialmente disatteso, di individuare una sintesi che superasse e rinnegasse tutte le emozioni particolari.

A Fontana e a tali sue intenzioni, ai protagonisti italiani dello Spazialismo, Monfalcone dedica un’importante esposizione, presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea: “Lucio Fontana e i mondi oltre la tela, tra oggetto e pittura”. Curata da Giovanni Granzotto e Leonardo Conti, la mostra, supportata anche da un pregevole catalogo bilingue italiano/inglese (edizioni Dario De Bastiani, pp. 256, euro 35,00) rimarrà aperta al pubblico fino al 2 marzo 2020.

Il nucleo centrale dell’esposizione è dato da una qualificata presenza di opere di Lucio Fontana, tra cui, oltre alle tele, anche ceramiche e disegni su carta. Rientrato in Italia dopo la guerra, l’artista iniziò, a far data dal 1949, ad operare con una tecnica nuova consistente nel bucare dapprima e qualche tempo dopo nel tagliare le tele, senza prestare attenzione a come fosse dipinta la superficie, che difatti risulta quasi sempre uniformemente monocroma e spesso trattata con l’aerografo, ponendo quindi in rilievo soltanto l’elemento plastico prodotto sul supporto dall’interruzione della sua continuità dovuta ai fori o ai tagli verticali e del rilievo che da tali interventi si produce sulla superficie dipinta. Oltre ai Concetti spazialiAttese, (titoli che accomunano tutti i quadri “tagliati”, sono presenti in mostra anche due Teatrini della metà degli anni Sessanta, Concetti spaziali anch’essi, in cui la superficie al solito monocroma viene circondata da una sorta di cornice in rilievo in forme diverse, sì da realizzare un’autentica “messa in scena” della superficie primaria. Ma «questa qualità di luminosità e di ingerenza dello spazio esterno nella tela, – osserva Gillo Dorfles – fa sì che l’opera si animi di nuovi aspetti anche a prescindere dalla volontà dell’artista. Ed è, forse, questa possibilità di considerare l’opera come “in divenire,” come “opera aperta” che ha fatto sì che le tele di Fontana trovassero, anche da parte di molti giovanissimi, dei ferventi ammiratori e imitatori» (Ultime tendenze nell’arte d’oggi, XXII edizione Universale Economica Feltrinelli, Milano 2006, p. 73).

Numerose, una quarantina, nella rassegna monfalconese, le presenze di quanti, anche tra quelli molto più giovani di Fontana, trovarono ispirazione nel suo magistero così «giovanilmente fecondo» (ancora Dorfles, op. cit., p. 75), a testimonianza dell’importanza che assunse nel tempo l’opera di questo grande innovatore nell’arte italiana e non soltanto in essa.

 

 

fig. 1

 

Lucio Fontana

Concetto spaziale, Attese “La melanconia e il

passatempo degli anziani”, 1968 idropittura su tela 93 x 72 cm collezione privata

 

fig. 2

Lucio Fontana

Concetto spaziale, Teatrino 1965

idropittura su tela e legno laccato collezione privata

 

fig. 3

Lucio Fontana

Concetto spaziale, Teatrino 1965-66

idropittura su tela e legno laccato collezione privata

 

fig. 4

Alberto Biasi

Trafitto da Cupido in

un giorno di nebbia, 2002 assemblaggio, rilievo e

acrilico su tela collezione privata