“Fotofanie” di Italo Zannier

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In mostra quattrocento immagini digitali del fotografo friuliano

di Michele De Luca

 

“Io penso che una nuova scienza nascerà un giorno, non una scienza della vista, ma delle visioni, che spieghi i sogni, le immagini, le apparizioni, gl’incantesimi della pupilla e della memoria”. Citando questo suggestivo auspicio dal Furor Mathematicus dell’ingegnere-poeta lucano Leonardo Sinisgalli, il friulano di Spilimbergo Italo Zannier (classe 1932), in occasione della mostra “Il furore delle immagini”, curata nel 2010 da Denis Curti alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia (catalogo Marsilio) ebbe a parlare del suo personale “furor photologicus” che ha accompagnato la sua vita. Considerato il padre della storia della fotografia italiana, titolare della prima cattedra di storia della fotografia, fotografo lui stesso, ironico e appassionato, ha raccolto con “furore”, con fame insaziabile, un corpus di immagini unico, dando vita in cinquant’anni a una strepitosa collezione, anzi, come tiene a precisare, “un archivio di lavoro”. Si trattava di una imponente rassegna che offriva all’attenzione del visitatore oltre alle fotografie, libri e ad album fotografici, in cui si tracciava, seguendo gli interessi, i gusti e gli “amori” dello studioso e dell’archivista, nonché dal sensibile fotografo, “una preziosa microstoria d’Italia”, come sottolineò Angela Vettese.

Quello di Zannier è un “furor” che, lungi dall’assopirsi, ancora oggi produce un’imponente quantità di immagini frutto di una curiosità e avidità – oserei dire e son sicuro che mi perdonerà – “smodata”; la Casa Museo Boschi Di Stefano di Milano (via Giorgio Jan 15) ha raccolto nello scorso mese di giugno, nella mostra “Teofanie. 109 fotografie di Italo Zannier”, curata da Andrea Tomasetig, selezionate da migliaia di scatti realizzati nel triennio 2014-2017 conservati nella memoria della sua Sony tascabile – chiamati dall’autore “fotofanie”, cioè apparizioni – di cui solo 400 sono diventate fotografie stampate e firmate in copia unica in grande formato. In esse ricorrono alcuni tra i soggetti più interessanti della poetica di Zannier quali ombre e riflessi di autoritratti con macchina digitale in cui l’autore si intravede come un fantasma in agguato; momenti lirici di sguardi sulla natura nel corso delle ore e delle stagioni e si osserva una speciale attenzione pop verso vetrine, scritte, oggetti curiosi, e particolari anti-turistici di alcune capitali europee.

Quello di Zannier, scrive Tomasetig, è “un approccio minimalista radicale coniugato a uno stato di grazia che ha prodotto un nucleo principale compatto e organico, che si affianca alla migliore fotografia che un tempo si sarebbe chiamata sperimentale e d’avanguardia”. “Mi può sorprendere – dice il fotografo – un guizzo di luce, un arcobaleno di segni, un gesto… Mi può stupire uno sguardo che si incrocia al mio, un’ombra fuggevole sul marciapiede, la solitudine di una foglia abbandonata dal vento”… Il percorso composto da nove sezioni dal titolo “Autoritratti, “Oggetti”, “Dal treno”, “Natura”, “Luoghi dell’anima”, “Vetrine”, “Europa”, “Ritratti”, “Frammenti”, si è snodata su due piani di Casa Boschi; al pianoterra, nella ex scuola di ceramica di Marieda Di Stefano è accolta gran parte della mostra, mentre il terzo piano, eccezionalmente aperto, ha ospitato la sezione “Frammenti” e la proiezione della performance di Italo Zannier filmato mentre colloca le sue opere insieme agli studenti, coordinati da Saverio Lombardi Vallauri, e autori del video. Le opere, provenienti dalla collezione Pietro Valsecchi, sono ambientate grazie all’originale allestimento di Cristiana Vannini.

 

© Italo Zannier, Autoritratto sul ponte di Santa Eufemia Giudecca 2015 Stampa con toner a pressione su carta cm 45×32