Gio rincorre i dinosauri

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È un libro pesante nei concetti, ma leggero e ironico, che si legge velocemente e ci lascia con il sorriso

di Anna Calonico

 

Insomma, è la storia di Giovanni, questa.

Giovanni che va a prendere il gelato.

– Cono o coppetta?

– Cono!

– Ma se il cono non lo mangi.

– E allora? Neanche la coppetta la mangio!

Giovanni che ha tredici anni e un sorriso più largo dei suoi occhiali. Che ruba il cappello a un barbone e scappa via; che ama i dinosauri e il rosso; che va al cinema con una compagna, torna a casa e annuncia: “Mi sono sposato”. Giovanni che balla in mezzo alla piazza, da solo, al ritmo della musica di un artista di strada, e uno dopo l’altro i passanti si sciolgono e cominciano a imitarlo: Giovanni è uno che fa ballare le piazze. Giovanni che il tempo sono sempre venti minuti, mai più di venti minuti: se uno va in vacanza per un mese, è stato via venti minuti. Giovanni che sa essere estenuante, logorante, che ogni giorno va in giardino e porta un fiore alle sorelle. E se è inverno e non lo trova, porta loro foglie secche. (p. 5)

Giacomo Mazzariol ha pubblicato, giovanissimo, nel 2016, il libro Mio fratello rincorre i dinosauri (Torino, Einaudi, 2018, € 12, pp.176). Titolo bizzarro, certo, perché bizzarro è il testo: si tratta di una storia vera, la storia di una famiglia veneta vista dal figlio Giacomo, e incentrata sulla figura dell’altro maschietto di famiglia, Giovanni. Giovanni è speciale, Giovanni è un supereroe (così pensa il bambino Giacomo quando gli viene annunciata l’imminente nascita di un fratellino appunto “speciale”). Giovanni ha un cromosoma in più. Giovanni è down.

Questo libro non è soltanto una storia da leggere, è una storia da pensare. È una storia di differenze che poi, perché chiamarle differenze, dato che nessuno di noi è uguale a un altro? È una storia di esclusione e inclusione sociale. È una storia di ignoranza e intolleranza vinte da sorrisi larghissimi e musica e pupazzi a forma di dinosauro lanciati in giro per le stanze. È una storia di vergogna e di fierezza.

La narrazione è molto semplice: Giacomo ricorda l’arrivo del fratellino, i primi tempi in cui pensava che avrebbe avuto un compagno di giochi per andare in bicicletta, per giocare a pallone e a basket, per correre, per fare tutte le mille cose che fa un bambino. I primi tempi in cui ogni volta che i genitori gli dicevano “Gio è speciale” si immaginava che il bimbo, crescendo, avrebbe dimostrato qualche superpotere come l’Uomo Ragno, o come Superman.

Poi arriva il momento in cui Giacomo scopre che “speciale” significa “con una patologia”, e scopre cosa significa la parola “patologia”, e qual è questa patologia. “Sindrome”, la chiamano, sindrome di Down, e significa che Gio non solo non ha alcun superpotere, ma addirittura non potrà andare in bicicletta e fare molte delle cose che fa invece Giacomo. Nella vita ci sono cose che si possono governare, altre che bisogna prendere come vengono. È talmente più grande di noi, la vita. È complessa, ed è misteriosa…[…] L’unica cosa che si può sempre scegliere è amare, amare senza condizioni (p.29) dice la mamma dei due ragazzini, ma Giacomo non riesce sempre ad accettare la realtà.

In seguito, ci sono tempi ancora più difficili, in cui Giacomo che cresce comincia ad essere stufo di Giovanni, non sa più come sopportarlo (sì, proprio questa parola orribile tra fratelli), e arriva addirittura il momento in cui se ne vergogna e non racconta ai suoi nuovi compagni di classe dell’esistenza di Gio. Dice di avere solo due sorelle, Alice e Chiara, e tralascia Giovanni, incapace di spiegare che è down, pauroso di essere preso in giro, non accettato, guardato con sdegno e con pena.

Ci sono pagine e pagine di conflitto interiore: Giacomo parla con affetto delle stranezze di Gio, alternandole alla sua insofferenza per le medesime stranezze, e per tante altre ancora. Giacomo racconta della sua incapacità a difendere il fratellino preso di mira dai bulli, poi la sua disperazione e i suoi sensi di colpa per non averlo fatto. Racconta la sua speranza che, influenzato, Gio non esca dalla sua stanza quando vengono a trovarlo gli amici che non sanno di un fratello down.

Infine, narra come gli amici vengono a conoscere Gio e come suonano e ballano e ridono e si divertono con lui, dando dell’idiota a Giacomo che lo aveva tenuto nascosto. A quel punto il giovane autore/protagonista ci spiega che avere un fratello significa scegliere di amare, non chi amare, e che se qualcuno ride di Gio e della sua patologia significa che quel qualcuno sta più male di Gio, perché è senza cuore.

Giovanni è un creatore di mondi, e sarebbe stata una saga più lunga del Signore degli anelli. Ognuno di noi camminava con lui lungo una strada personale. Non era matematica, Gio, che una volta trovata la soluzione è sufficiente replicare i passaggi per ottenere sempre lo stesso risultato. No, lui era più basket, dove, se una volta hai fatto canestro, poi non basta che replichi il movimento per riuscirci di nuovo. (p.69). Giovanni è una danza. Il problema è sentire la sua stessa musica (p. 102).

È un libro pesante nei concetti, ma leggero e ironico, che si legge velocemente e ci lascia con il sorriso. Alcune pagine descrivono con amore il modo di essere di Gio e sono pagine simpatiche, commoventi, divertenti, poetiche: impossibile non esserne coinvolti.

Ricordo un altro romanzo che parla di handicap, Nati due volte di Giuseppe Pontiggia. È stato molti anni fa, ma ricordo ancora il senso di disagio che mi ha procurato, perché non c’era nessuna delicatezza in quelle parole, e faticavo a trovare persino un senso di accettazione. È stato definito un libro che parla dell’amore tra un padre e un figlio ma, scusate, preferisco di gran lunga l’amore fraterno e dolce tra Giacomo e Giovanni.

Da questo romanzetto è stato recentemente tratto un film, che gira ancora per le sale cinematografiche: porta lo stesso titolo (regia di Stefano Cipani) e sulla locandina ci sono due ragazzini e un T-rex verde smeraldo. Non è certo un film da Oscar e, come spesso succede, racconta qualcosina che nel libro non c’è: francamente esagerata e sciocca la scena dei nazisti, ma nel complesso credo riesca ad assottigliare lo spazio vuoto tra lo spettatore e il mondo sconosciuto della sindrome di Down. Qualcuno potrebbe dire che, il film come anche il libro, sono troppo “facili”, mica come la vita con un ragazzo down. Potrebbe dire che il lieto fine (Giovanni torna ad essere il supereroe di Giacomo) è semplicistico e infantile.

Vero. Ma molte volte gli occhi dei bambini vedono di più e meglio degli occhi di un adulto.

Vero. Ma forse bisognerebbe farsi trasportare più spesso nel mondo naif dei supereroi.

Mi sono chiesta, leggendo pagina dopo pagina, a chi possa rivolgersi un testo simile, e mi sono risposta che sarebbe bello se alcuni insegnanti ne leggessero qualche brano in classe. Non si tratta soltanto di sindrome di Down: ogni “differenza” può venire inserita al posto di questa patologia senza che le riflessioni di Giacomo cambino.

Abbiamo un gran bisogno, di questi tempi, di sentire affetto e addirittura stima per chi è diverso, e ben venga, quindi, un testo a volte banale, a volte pedagogico: il rispetto va anche insegnato.

 

copertina:

 

Giacomo Mazzariol

Mio fratello rincorre i dinosauri

Einaudi, Torino 2018

pp.176, euro 12