GORIZIA RIFLETTE SUI GIOVANI E LA STORIA

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El socioleg Zygmunt Bauman fotografiat abans de la conversa amb Joan Subirats en el marc del cicle Converses a La Pedrera, Auditori La Pedrera, Barcelona 12.12.2011 Fotografia Pere Virgili Diari Ara

“a mettere terrore ai poteri sono sempre stati i lettori”

Giovani, cultura e arte nelle lectio magistralis di

Roberto Saviano e Zygmunt Bauman

di Marina Silvestri

 

Giovani alla ricerca dell’Isola Che Non C’è, come Peter Pan, immagine-manifesto di èStoria 2015, tratta da una foto di Michael Llewelyn, uno dei fratelli che ispirò il personaggio nato dalla fantasia dello scrittore scozzese James Matthew Barrie, per gentile concessione del Great Ormond Street Hospital, l’ospedale pediatrico londinese nel quartiere di Bloomsbury, a cui l’autore lasciò in eredità lo sfruttamento dei diritti. Ne ha parlato il regista Andrew Birkin nell’appuntamento conclusivo di questa XI edizione in cui è stato affrontato il tema Giovani focalizzando le diverse sfaccettature dal romanzo, al cinema, all’analisi storica e politica di vicende vicine e lontane. Zygmunt Bauman, il filosofo della società liquida parlando di Genitori e figli, allora e oggi. Un paradigma in cambiamento, ha esplorato i motivi di ciò che ci appare un gap invalicabile. Per la persone mature ha affermato, i giovani non sono più classificati come un tempo come ‘adulti in miniatura’, ‘esseri non ancora maturi ma destinati a diventarlo’ ma li si vede come persone diverse, destinate a rimanere diverse da noi per tutta la loro esistenza, mentre da parte loro questi ragazzi non credono nel cammino progettato prima della loro nascita, giocano con le opportunità e i rischi, ognuno si crea una vita fai-da-te. A far conoscere gli stati d’animo e i bisogni dei ragazzi, nella serata di apertura era stato il documentario Camera mia di Alessandro Piva, un’inchiesta sui giovani sulla soglia dell’età adulta che si raccontano senza filtri e pregiudizi su gusti, aspirazioni, aspettative, sesso, amore, religione. Numerosi altri appuntamenti hanno dato spazio alla cinematografia, tra questi: Il ragazzo selvaggio (L’enfant sauvage), di François Truffaut, 1970, Gli anni spezzati (Gallipoli) di Peter Weir, 1981, Art War, un documentario del giovane regista tedesco Marco Wilms sulle primavere arabe viste con gli occhi di giovani egiziani attraverso graffiti, musica e film e il docu-film dal goriziano Cristian Natoli Figli di Maria, sui ricordi di figli e nipoti di coloro che vissero gli anni della Grande Guerra. Non sono mancati spazi dedicati ai “ragazzi del Novantanove”, a quelli del Fascismo e della Resistenza, ai ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini con letture di Massimo Popolizio; della Beat Generation e rock visti attraverso le parole di Massimo Teodori e John Vignola, esperto del genere, discografico e conduttore radiofonico, a giovani e terrorismo, giovani e spionaggio, agli Usa degli anni della contestazione; poi al Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry letto da Luciano Virgilio e la conferenza spettacolo su Pinocchio di Piero Dorfles. Giovani declinati a più voci.

Centrale anche il tema dell’educazione: da Sparta spiegata da Nic Fields esperto in storia ellenistica, romana e bizantina, e Paulin Ismard, all’educazione romana studiata da Tim Parkin e Giusto Traina, a quanto accade oggi in paesi come la Cina di cui ha parlato Ping-chen Hsiung, e nella società islamica, in particolare l’Iran, attraverso la testimonianza di Farian Sabahi, nonché l’evoluzione che l’istruzione ha avuto nella società occidentale nell’analisi Colin Heywod dell’università di Nottingham che in precedenza aveva tenuto una lectio magistralis sulla percezione dell’infanzia dall’Alto Medioevo al Novecento.

Di stretta attualità, si è discusso del Califfato islamico, la più temuta minaccia alla pace in Medio Oriente e nel mondo, per l’attrazione che produce sui giovani. Il tema è stato affrontato dai giornalisti e saggisti Giampaolo Cadalanu, collaboratore di diverse testate fra le quali, Limes, Repubblica e L’Espresso, Maurizio Molinari, corrispondente de La Stampa e Loretta Napoleoni autrice del recente libro. Isis. Lo stato del terrore. L’Europa, ha affermato la Napoleoni, non ha compreso cosa sta accadendo, né la cultura di quei territori e non riesce a gestire politicamente ed economicamente l’emergenza. Secondo l’ex Femen, Amina Sboui leader della primavera araba, che ha trasformato la sua esperienza nelle carceri di Tunisi in un libro di denuncia sui ‘crimini d’onore’ compiuti da donne arabe, la politica sbaglia e non occuparsi dei giovani ed è stato l’eccesso di laicismo in Tunisia a provocare in molti giovani una reazione fondamentalista e l’adesione all’Isis. Interessante a proposito di storia e fede, e corsi e ricorsi, l’excursus nel Medioevo di Franco Cardini e Domenico Del Nero sulle vicende riguardanti due movimenti spontanei di bambini che si diressero verso la Terra Santa dopo il fallimento della quarta Crociata, attorno al 1212, che vide dapprima l’adesione delle popolazioni attratte dal messaggio messianico, poi il loro tragico abbandono, ed è conosciuta come la ‘Crociata dei fanciulli’.

Ricordati, come ogni anno a èStoria, alcuni anniversari che ricorrono nel 2015, come l’omicidio di Lincoln nel 1865 da Georg Meyr, il bicentenario della battaglia di Waterloo attraverso gli studi di Alessandro Barbero e Brendan Simms, dove Wellington a capo di un esercito di vecchia impostazione (i gradi erano tutti per tradizione comprati) giocando sulla sorpresa, sconfisse l’esercito di Napoleone (che contava il 75 per cento di promossi sul campo), il Congresso di Vienna, e relative contraddittorie interpretazioni storiche esposte da Sergio Romano e Brian Vick; c’è chi vi vede l’inizio di un periodo di pace e prosperità per l’Europa e di chi invece sottolinea il ruolo giocato dalla restaurazione nel fermare le richieste dei popoli che con la Rivoluzione Francese e Napoleone si erano aperti alla politica. Si è parlato anche del genocidio degli Armeni avvenuto cent’anni fa ed ancora oggi negato come tale dalle autorità di Istanbul eredi dell’Impero Ottomano che lo perpetuò, con gli scrittori Marcello Flores e Antonia Arsan, autrice del best-seller La masseria delle allodole, e l’ambasciatore della repubblica armena in Italia, Sarghis Ghazaryan che hanno posto l’accento sulla ferita aperta e l’indifferenza che ancora suscita parlarne. Inoltre i quarant’anni dal Trattato di Osimo, in collaborazione con Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Fvg, con gli storici Raul Pupo e Roberto Spazzali e i settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale con una tavola rotonda in collaborazione con il Goethe Institute o a cui hanno partecipato Gialuca Barneschi, Gerhard Hirschfeld e Chris McNab e con due incontri con Aldo Cazzullo, autore del libro Possa il mio sangue servire, storie di testimoni della Resistenza, attraverso personaggi e storie di partigiani – compresi cattolici e monarchici – e dei militari, dei carabinieri, delle suore, degli ebrei, degli alpini, degli internati in Germania, dei civili, coloro che dissero no a nazisti e fascisti. La Resistenza a lungo è stata considerata solo una “cosa di sinistra”: fazzoletto rosso e Bella ciao – ha detto Cazzullo – poi, negli ultimi anni, i partigiani sono stati presentati come carnefici sanguinari, che si accanirono su vittime innocenti, i “ragazzi di Salò”. Entrambe queste versioni sono parziali e false. La Resistenza non è il patrimonio di una fazione; è un patrimonio della nazione. A 70 anni dalla liberazione, mentre i testimoni se ne stanno andando, è giusto salvarne la memoria e raccontare ai giovani cos’è stata davvero la Resistenza, e di quale forza morale sono stati capaci i nostri padri. Si è parlato ancora di sicurezza e difesa dell’Europa con Michael Fallon – Segretario di Stato alla Difesa del Regno Unito, intervistato da Paolo Mieli, e di Grande Guerra nell’ambito della sezione Trincee. All’incontro coordinato dal giornalista britannico William Ward presenti gli storici Nicola Tranfaglia, Gerhard Hirschfeld, Erwin Schmidl, Petra Svoljšak.

Il momento centrale della kermesse è stato l’appuntamento con Roberto Saviano vincitore del premio “Il romanzo della Storia”, assegnato dal Festival, in collaborazione con Banca FriulAdria, PordenoneLegge e premio Lucchetta, con il sostegno della Banca Crédit Agricole. A mettere terrore ai poteri sono sempre stati i lettori – ha affermato Saviano, applauditissimo per l’autenticità del suo impegno – è importante non dimenticare il potere della parola e il potere della lettura. È difficile darsi il tempo per poter leggere. L’organizzazione del nostro tempo ci toglie il tempo del libro ed è un grande peccato. Si può decidere di continuare a vivere pattinando sulle informazioni, i social network di danno milioni di informazioni, c’è di tutto, ma sei sopra, sulla superficie. Ti fermi a quel titolo, quel branetto, leggi una citazione. Puoi però decidere di rompere quel ghiaccio. Sono convinto che l’informazione sia un lago ghiacciato. I libri sono come bombe. Il libro si fa col tempo, il tempo dell’autore e poi di chi lo legge, il tempo del lettore, e tutto questo tempo ti trasforma, non sei più lo stesso. La trasformazione che avviene quando impatti una pagina. Una persona che legge poco o non legge, è differente rispetto alla persona che legge molto. Chi non legge vive solo la sua vita, chi legge vive molteplici vite. Saviano ha parlato di mafia e voti comprati, ha ricordato Giovanni Falcone e il clima negativo in cui operava, Pietro Calamandrei e Danilo Dolci, ha citato Primo Levi, Philip Roth e Wislawa Szymborska, ha ribadito che tutti i regimi hanno paura della poesia e della felicità. La prima cosa che fa l’Isis – ha detto – brucia i tamburi, le chitarre. Tutto ciò che può portare a star bene, a condividere, a innamorarsi, a ridere, a essere giusti, democratici. Gli attentati non avvengono ad Ambasciate, a stazioni di polizia, avvengono a redazioni di giornali, all’università. Attaccano la cultura, il dibattito, la riflessione. Sono queste occasioni che ci rendono diversi, è questa la strada che i poteri vorrebbero fermare. È qualcosa che ha a che fare con la pericolosità della parola. Non è possibile bloccarla. In mattinata Saviano aveva invitato i ragazzi a leggere libri di storia, a condividere le esperienze del passato standoci dentro nella pagina. Un concetto espresso dallo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel telegramma fatto pervenire alle autorità. Alla didattica della Storia va riconosciuto il compito fondamentale di realizzare una narrazione aperta, attenta al multiculturalismo della nostra società, che sappia contribuire alla costruzione di un’identità universale fondata al tempo stesso sul riconoscimento di sé e degli altri, recuperando spazi di iniziativa e di approfondimento critico.

Giovani diventerà una sezione permanente nelle prossime edizioni, con la speranza e l’obiettivo che il Festival resti uno strumento utile per avvicinare i giovani alla storia e così orientarsi verso il futuro, per far fronte alle difficili sfide poste dalla società contemporanea. Le quattro giornate di festival hanno registrato 60 mila presenze, quasi 200 ospiti, 150 appuntamenti tra convegni, presentazioni, dialoghi, reading, mostre, proiezioni di film, laboratori e altre iniziative. In ogni edizione – ha dichiarato l’ideatore e direttore del Festival Adriano Ossola – cerchiamo di caratterizzare il Festival come una manifestazione che, oltre ai nomi affermati della storiografia e della cultura italiana e internazionale, proponga spazi e autori nuovi al grande pubblico. Questo ci ha portato un potenziamento significativo della presenza del festival e della città sui media nazionali.

Dal Teatro Verdi e dalla Tenda Erodoto gli eventi sono stati trasmessi in streaming dal sito èStoria e hanno registrato picchi di visualizzazioni che, nel caso della lectio di Bauman e della presenza di Saviano, hanno superato le 4.000 visualizzazioni. Nel totale sono state registrate oltre 20.000 visualizzazioni. Il sito www.estoria.it ha visto nei giorni della manifestazione oltre 40.000 visite, di cui il 40% sono avvenute da smartphone e tablet. Il sito del Festival è stato visitato non soltanto da utenti italiani: l’82% dall’Italia, il 2,7 % dal Regno Unito, il 1,5 % dalla Slovenia e 13,8 % da altri paesi esteri. Facebook (dati riferiti alle ore 15 della giornata conclusiva)ha avuto circa 24.000 visualizzazioni e 3000 interazioni, l’hashtag twitter #èstoria2015 è stato utilizzato 600 volte in 4 giorni, con una crescita del 50% rispetto alla chiusura della scorsa edizione.