Grado tra i patriarchi e il suo poeta

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di Walter Chiereghin

 

Questa storia inizia con la fondazione del patriarcato di Grado, avvenuta nel 568, quando Paolino, arcivescovo di Aquileia, paventando l’invasione longobarda, riparò nell’isola in laguna mettendo in salvo sé e il tesoro del duomo aquileiese ed assumendo il titolo di patriarca. Da allora ad oggi, nella sua storia bi-millenaria, il minuscolo borgo lagunare ha cambiato più volte la propria immagine, la propria natura e la propria identità culturale, fino al suo presente di anomala stazione balneare e di cura, animata nei mesi estivi da una moltitudine di villeggianti, italiani e, per lo più, stranieri (fino all’anno scorso, ahimè).

A narrare con dovizia di dettagli questa travagliata e affascinante storia ha provveduto ora Giovanni Gregori con il volume Grado. Dai patriarchi ai Dogi al poeta Biagio Marin, pubblicato da Hammerle (già editore cinque anni or sono di un altro libro di Gregori, Biagio Marin caro a Trieste) in collaborazione con il Centro Studi che prende il nome dal poeta, la cui presidente, Edda Serra, firma la prefazione all’importante lavoro di ricerca e divulgazione.

Nella cronologia considerata, Gregori segue le vicende – soprattutto della Chiesa – quasi per l’intero Alto Medioevo, a partire come s’è detto dalla seconda metà del VI secolo, per prolungare la narrazione ben oltre, nelle età Moderna e Contemporanea. è stata una storia complessa, fin dai primi patriarchi aquileiesi stabilitisi a Grado, scismatici sia rispetto alla Curia romana che alla corte imperiale di Costantinopoli. Tra questi, l’importante figura di Elia (571-586 o 587), che fece riedificare la basilica di Santa Eufemia e impose alla città l’altisonante nome di Nova Aquileia.

Si produsse in seguito, agli albori del VII secolo, una sostanziale divisione in due del Patriarcato di Aquileia fino al riconoscimento dello status patriarcale di Grado intervenuto ufficialmente nel 723.

Impossibile, nello spazio che ci è assegnato, seguire anche in estrema sintesi le vicende di una storia bi-millenaria di quello che fu il Castrum romano, quindi la sede patriarcale in antagonismo con la crescente importanza di Venezia che alla fine, nel 1451, con l’istituzione del patriarcato marciano, implicò la soppressione di quello gradese (anche se ormai da secoli i patriarchi di Grado risiedevano a Venezia, con sede nella basilica di San Silvestro papa. Poi la decadenza, la riduzione a uno sparuto borgo di pescatori, infine un nuovo, assai moderato sviluppo negli anni della dominazione austriaca e della nascita di una prospettiva turistica che risulta ancora oggi la risorsa economica prevalente di quella che si definisce l’Isola d’oro.

Giovanni Gregori ci accompagna in questo lungo excursus storico, connotato sempre da difficoltose situazioni di conflittualità politica e territoriale, dovendo la modesta civitas barcamenarsi tra conflitti sempre molto più grandi di lei, nelle lotte tra Costantinopoli e Roma, tra Longobardi e Franchi, quindi l’invadenza dei patriarchi di Aquileia, poi quella del Ducato e poi della Repubblica Serenissima (il patriarca gradese Giovanni I fu defenestrato da una torre nel 802 ad opera dei veneziani), l’ascesa e la caduta della città dei dogi, Napoleone e poi l’Austria e infine l’Italia e la città retrovia del fronte nel primo conflitto mondiale, ma è già storia di ieri.

Tenendo fede al titolo del libro, Gregori negli ultimi due capitoli compie una riflessione di ordine linguistico e letterario riguardo allo sviluppo e alla grande dignità della parlata gradese, opera di autori quali Sebastiano Scaramuzza, Domenico Marchesini (Menego picolo), ma, naturalmente, merito di un altro patriarca, stavolta delle Lettere, il grande Biagio Marin, cui è dedicato l’ultimo capitolo del libro. In esso, ritrovo una strofa di una sua poesia che giustifica questa mia visione del poeta come ultimo patriarca di Grado, quando, rivolgendosi a quell’Elia che edificò la basilica di Sant’Eufemia nel VI secolo, stabilisce egli stesso un audace, calzante parallelismo tra sé e l’antico presule: «In Santa Eufemia sola / i to salmi risona e le preghiere / e le rime lisiere / dei versi mie, co’ qui canti le svola».

 

 

Giovanni Gregori

Grado. Dai patriarchi

ai dogi al poeta Biagio Marin

Hammerle editori, Trieste 2020

  1. 319, euro 15,00