HITCHCOCK E IL SABOTATORE INNOCENTE

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923534-alfred-hitchcockHitchcock è sempre Hitchcok. Lo so, è una tautologia, ma resta valida anche per un film considerato minore come Sabotatori del 1942. In piena guerra mondiale, Hitchcock filma un evidente film propagandistico contro il nemico interno: quei nazisti che, negli Stati Uniti, cercavano di sabotare la macchina da guerra americana. Nonostante questo, la pellicola, in bianco e nero, brilla di luce propria e, per accumulazione, mostra una congerie di temi che verranno ulteriormente dispiegati nelle opere successive. In particolare, la parabola del protagonista, Barry Kane (interpretato da Robert Cummings), sarà ripresa e sviluppata in quel capolavoro compiuto che è Intrigo internazionale (1959). Ma quali sono questi temi? La fuga per dimostrare la propria innocenza, perché Barry Kane è un operaio di una ditta di aeroplani da guerra che viene ingiustamente accusato di sabotaggio, e l’altezza vertiginosa di edifici e monumenti. Nella scena finale di Sabotatori è infatti la Statua della Libertà a giocare un ruolo fondamentale nella sfida mortale tra Barry e Fry, il vero sabotatore (un ottimo Norman Lloyd), mentre in Intrigo internazionale sarà il Monte Rushmore. Alla vertigine Hitchcock dedicherà poi un altro capolavoro come La donna che visse due volte (il cui titolo originale è: Vertigo). C’è poi il tema delle spie, che tornerà in altre opere come in Notorius.

Ma Sabotatori è anche un film basato sui particolari. All’inizio, su un muro bianco si può vedere il fumo che pian piano invade gli ambienti della fabbrica e che segnala l’incendio provocato dal sabotatore. Quando Barry viene arrestato dalla polizia, chiamata dal capo delle spie Tobin (che però è ritenuto una persona socialmente importante e quindi intoccabile), riesce a fuggire gettandosi in un fiume da un ponte piuttosto alto (di nuovo l’altezza!). Mentre si nasconde noi possiamo vedere un agente che lo sta cercando attraverso l’acqua, identificandoci con il punto di vista del fuggitivo. Vi sono poi due scene che denotano la predilezione di Hitchcock per gli emarginati e gli esclusi: durante la fuga Barry si rifugia prima da un uomo cieco, che è l’unico a capire subito la sua innocenza proprio perché non vede e quindi percepisce la persona al di là delle apparenze. Mentre la figlia dell’uomo, Patricia, non crederà al padre e, inizialmente, non si fiderà di Barry. Lo farà soltanto quando altri personaggi al margine, in questo caso appartenenti a un circo, decideranno di proteggerli dalla polizia a loro rischio e pericolo. Non a caso la scrittrice Dorothy Parker, che con Peter Viertel e Joan Harrison ha fatto parte del team di sceneggiatori, mette in bocca al ‘capo’ del bizzarro gruppo circense queste parole: ‘Le persone normali sono raramente generose’. C’è infine una scena che è prettamente hitchcockiana: quando la coppia arriva nella città fantasma di Soda City, entra in una baracca dove non c’è nessuno. Ad un certo punto il telefono suona e Barry, dopo averlo cercato, risponde, ma dall’altra parte hanno riattaccato. Sublime.