I cani sciolti dell’arte

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Una galleria di personaggi stravaganti con finali di vita spesso drammatici

di Roberto Curci

 

Eccentrici. Irregolari. Non inquadrabili. E di conseguenza sconosciuti o misconosciuti. Cani sciolti dell’arte. In altre parole: outsiders. Personaggi anche geniali o genialoidi «che non figurano nei manuali di storia dell’arte».

La caccia a questi artisti defilati o defilatisi, sempre curiosi, spesso decisamente bizzarri, talora con un filino o più di stravaganza borderline, la sta conducendo da una mezza dozzina d’anni Alfredo Accatino, con la serie di volumi intitolati per l’appunto Outsiders di cui è uscito da poco il terzo episodio. Vi sono allineati 38 personaggi, ben 49 figuravano nel secondo volume uscito tre anni fa, 34 nel primo, datato 2017 e fisicamente più smilzo dei successivi.

Artisti, presunti o sedicenti tali, talora ignari di esserlo, «tutti uniti – scrive Accatino nella prefazione al volume 2 – dall’ineluttabilità della vita […] Alcuni hanno vissuto nel totale anonimato, altri per anni sotto i riflettori, rimanendone bruciati. Tra loro ci sono scimmie, freaks, pazzi e modelle fetish, fascisti e comunisti, ci sono pittori e architetti, scultori e fumettisti. Perché l’arte può esprimersi in qualsiasi forma e categoria espressiva e la creatività se ne infischia delle distinzioni».

Beninteso: non pochi dei personaggi censiti sono outsiders  solo in quanto ignoti all’autore, ma già ben noti a chi con la storia dell’arte bazzica un po’. Per dire: nel primo volume erano inseriti i nomi illustri di Cagnaccio di San Pietro e Gino Rossi, nel secondo – con nostro campanilistico sdegno – quelli di Arturo Nathan e Vito Timmel (e in copertina era riprodotto un particolare delle “Maschere” di Cesare Sofianopulo). Ma è indubbio che la ricerca di Accatino ha fatto riemergere un gran numero di figure sorprendenti e sconcertanti, descritte in dense schede biografiche corredate da immagini-pilota che invitano a saperne di più, magari soltanto con l’inevitabile (e provvidenziale) aiutino del Web.

Nel terzo volume, ad esempio, il penultimo capitoletto è dedicato a un personaggio che, benché oggi noto a livello internazionale, rappresenta – parole di un grande fotografo come Ferdinando Scianna – «un paradosso che si realizza. Un cieco che fa foto e che destina le proprie foto ai vedenti».  In effetti Evgen Bavčar è un cieco totale, a causa di due incidenti occorsigli da bambino, ma è altresì l’autore di affascinanti fotografie in bianco e nero, colme di mistero, che s’impongono all’ammirata attenzione dei “vedenti” scavalcando l’ovvia domanda di ognuno: “Ma come fa?”. Lui l’ha spiegato in un’autobiografia del 1995, Nostalgia della luce, anche se è arduo comprenderlo appieno quando afferma: «Faccio uscire la bellezza dal buio assoluto».  Da segnalare che Bavčar vive oggi a Parigi, ma talora torna al paese dov’è nato nel 1946, Locavizza di Aidussina, oggi Lokavec, a quattro passi da Gorizia.

Va detto che quest’orbo veggente è tra i pochi artisti tuttora in vita fra i 38 schedati nel volume. Parecchi di costoro se ne sono andati molto giovani, spesso togliendosi la vita: una vita inquieta, errabonda, talora disperata, dal finale quasi obbligato. Richard Gerstl, un espressionista nella Vienna di Klimt e Schiele, si impicca a 25 anni, nel 1908. George Copeland Ault, «il più metafisico dei pittori americani», si annega nel 1948 allungando la serie raggelante dei suicidi familiari. Nel 1985, a 37 anni, la cubana Ana Mendieta si getta (o viene gettata dal marito?) dal trentatreesimo piano di un grattacielo del Greenwich Village.

Ancora: Peegin Jezebel Vail Guggenheim, figlia della celebre Peggy, muore a Parigi nel 1967, a 41 anni, per una dose letale di valium e whisky. E già nel 1964 si era ucciso gettandosi nel Tevere, a 37 anni, il pittore Tancredi Parmeggiani, l’unico dopo Pollock al quale Peggy Guggenheim abbia offerto un contratto e una residenza-studio nel suo palazzo veneziano di Ca’ Venier dei Leoni (da cui una focosa relazione con la figlia di lei, Peegin appunto).

Prevalgono dunque le tonalità dark in questa galleria di artisti o quasi artisti, anche se l’autore sostiene che, fra molte storie dolorose, il lettore troverà anche «vicende positive, che parlano di speranza e della capacità di affrontare la vita con il sorriso». Tra queste la storia più singolare è forse quella che riguarda Emily Kame Kngwarreye, un’aborigena dedicatasi intensivamente alla pittura (una pittura astratta, in effetti assai suggestiva) verso i settant’anni, e «oggi celebrata ufficialmente dal governo australiano come uno degli artisti contemporanei più significativi del Paese».

E gli italiani? Ce ne sono otto in tutto, e tra loro spicca decisamente la figura di Roberto Melli, il meno outsider fra i tanti (Ferrara, 1885 – Roma, 1958), un pittore «mal supportato dal mercato» e tuttavia presente con proprie opere nella Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma (ancorché nei suoi depositi…), transitato da Valori plastici alla Scuola romana e alla corrente di Novecento con una propria inconfondibile cifra stilistica curiosamente vicina a certa pittura americana alla Hopper o a Hopper stesso. Inconfondibile Melli, e comunque dimenticato, nonostante un paio di personali nei remoti anni Cinquanta e una monografia di Maurizio Calvesi datata 1954.

È anche il suo recupero a dare lustro a Outsiders 3 e a giustificare la supponenza del suo autore: «Quello che avete in mano è il volume più interessante dell’era Outsiders. Lo giuro.  Forse perché sono state le storie a cercare me, non il contrario. Le parole sono arrivate di conseguenza».

Che abbia ragione lui?

 

 

Alfredo Accatino

Outsiders 3

Il libro che cambia la storia dell’arte.

Artisti geniali, dimenticati

Giunti, 2022

  1. 239, euro 29,00