I libri e la vita

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di Francesco Carbone

 

Ci deve essere qualcosa di speciale nei libri, delle cose

che non possiamo immaginare, per convincere una donna

a restare in una casa che brucia. È evidente!

(Ray Bradbury, Fahrenheit 451)

 

In the cut è un film del 2003 di Jane Campion, che si può amare molto – come accade a noi –- o anche detestare. A un certo punto la protagonista, un’insegnante di lettere, vede girare per il suo appartamento il poliziotto che sta indagando sull’omicidio della sorella. L’investigatore capisce dall’arredamento che è la casa di una persona che ama la letteratura, soprattutto la poesia. Le chiede: «È un lavoro o un hobby?»; «È una passione».

Il libro di Diego Zandel Apologia della lettura testimonia questo amore irrevocabile: come tutti gli amori veri, è ostinato, fedele, esperto, persino folle (usa anche parole avventurose come «smania», «vizio», persino «incontro segreto con un amante»); ne parla con la lucida calma di chi lo sta praticando da tutta una vita. Lo racconta per capitoli simili in qualche modo a quelli della Coscienza di Zeno di Svevo: invece del fumo, l’educazione alla lettura, e poi i tempi e le occasioni per leggere, la formazione della biblioteca, la lettura come guarigione e malattia, cosa accade quando a un certo punto si hanno figli, cosa accade quando, come nel suo caso, la lettura diventa un mestiere.

Zandel mostra una cosa essenziale, che conta soprattutto verso i figli: che l’amore per i libri si testimonia, semplicemente: senza l’aggiunta, subito asfissiante, di una qualunque, come la chiamava Manganelli, «minaccia pedagogica». Ed è bellissima la sua frase semplice che dice «ho educato i miei figli alla lettura»: un dono reciproco per il quale non esistono né metodi né certezze. Non c’è che quello che Roland Barthes chiamò il piacere del testo che si trasmette nella pratica dello stesso amore: un amoroso contagio senza il quale nulla di essenziale può accadere.

Zandel domanda allora, ed è una questione immensa, dove possa essere «la scuola in tutto ciò»: e nei suoi ricordi c’è solo un’insegnante che è stata capace di tanto. Del resto non è mai stato in modo amoroso, ammesso che lo si possa fare, che lo Stato ha scelto i suoi docenti.

La prima testimonianza di Zandel è la sua storia: un viaggio, «una ricerca senza fine, che non perviene a nessuna Itaca», in fondo mai del tutto comunicabile: un diventare se stesso che dalle fiabe delle due nonne, ad Alì Babà e i quaranta ladroni, a Dumas, Kipling, Hemingway, si svolge come un fiume che trova il suo corso. Di questa autobiografia svevianamente raccontata per temi, la biblioteca è a sua volta il segno che permane: unica e irripetibile come un’impronta digitale, è un organismo vitale, disposto come un albero a potature e a innesti: lo spazio per i libri dei figli, che intanto devono essere liberi di avventurarsi nella biblioteca del padre come uccelli tra i rami.

Questa storia, che va dagli anni Cinquanta a oggi, ha sullo sfondo la trasformazione dell’Italia, con due infarti senza remissione: l’arrivo delle tv commerciali e la nuova dipendenza di massa dai cellulari, con i social che prendono tanto del tempo mentale, il tempo dell’anima, semplificandolo drasticamente. Zandel, che ha sempre lavorato nel mondo dell’editoria, racconta un’ulteriore linea d’ombra che spiega tante cose: l’arrivo nel mondo dei libri dei manager del marketing, per i quali il libro è una merce tra le altre.

Intanto, come se il mondo fosse altro da questo – e il mondo è sempre anche altro –, i buoni libri abitano la vita. Sapendo l’impossibilità di leggere «tutto», tra i suoi 3.000 volumi, Zandel racconta anche l’arte necessaria e mai esatta dell’esclusione e del rinvio (Bulgakov, Musil…) a chissà quale momento provvidenziale del futuro, che non sarà mai abbastanza. E racconta come si possa imparare a leggere svelti; ma speriamo, come raccomandava Severino per i classici della filosofia e come anche Zandel pratica con i suoi autori più amati, nell’arte della lettura lenta, ruminante, che non si stanca d’interrogare quella pagina che magicamente è e non è mai la stessa: le pagine di quei libri che Cristina Campo chiamava imperdonabili.

 

 

Diego Zandel

Apologia della lettura

Riflessioni di un

bibliofilo incallito

Historica, Cesena 2020

  1. 182, euro 15,00