I nomi i luoghi e la storia

| | |

Un’articolata ricerca sulla toponomastica del “Sentiero della pace” dalle Alpi all’Adriatico

di Walter Chiereghin

La toponomastica è sovente soggetta ovunque a modificazioni nel corso del tempo, per ragioni linguistiche o, più spesso, di opportunità politica. Sui territori attorno al confine orientale del nostro Paese, lungo una frastagliata linea che segue il corso dell’Isonzo e va da Kraniska Gora a Trieste, tale variabilità è particolarmente accentuata, sia per ragioni linguistiche, accentuate dalla mobilità dei confini, sia dall’esigenza di corrispondere, nella determinazione dei toponimi, alla visione ideologica dei singoli regimi che nel corso del tempo si sono alternati su ambiti territoriali contesi da diverse autorità statuali.

Nel corso del primo conflitto mondiale, dai luoghi più impervi delle montagne della Carnia e scendendo lungo le rive dell’Isonzo fino al Carso triestino si è duramente combattuto da parte di soldati provenienti da molte parti d’Europa, ed è proprio a partire da quella fatale primavera del 1915 che la guerra ha segnato modificazioni tanto nel paesaggio che nella cartografia e nella toponomastica, con la costruzione di fortificazioni, trincee e camminamenti, e proseguendo successivamente con la necessità di provvedere degnamente alle onoranze ai caduti, attraverso l’organizzazione di aree cimiteriali, di monumenti, lapidi, sacrari e cippi commemorativi, dando così luogo a significative modificazioni del patrimonio paesaggistico della regione dove più aspro si è fatto il conflitto. Si pensi soltanto a complessi come il Sacrario militare di Redipuglia, o l’Ossario di Oslavia, come pure ad una vasta pluralità di altre aree oggetto anche recentemente, nelle ricorrenze centenarie dei combattimenti, a opere di valorizzazione e restauro di luoghi e manufatti destinati alla perpetuazione della memoria. Né i limiti temporali del conflitto esauriscono la materia, se non altro per quanto attiene alle variazioni tumultuose della toponomastica, soprattutto all’interno dei più popolosi centri abitati e in particolare nella città di Trieste, dove negli anni che precedettero il conflitto la maggioranza politica del Comune, saldamente in mano allo schieramento politico liberale nazionale, tentava con ogni mezzo di affermare, anche attraverso la denominazione di vie o piazze del centro, il carattere prevalentemente italiano della città. (si pensi, a questo proposito, che è stata intestata a Giosuè Carducci la centrale Via del Torrente con una delibera datata 17 febbraio 1907, il giorno successivo alla scomparsa del poeta, venerato dagli irredentisti triestini soprattutto per due celebrati testi delle Odi barbareMiramar e – soprattutto – Saluto italico)

Questa vicenda dell’intitolazione al poeta toscano – un autentico sberleffo alle autorità austro-ungariche, considerato anche che la via transita accanto al luogo dell’esecuzione di Guglielmo Oberdan, è solo un clamoroso episodio di una lotta che si trascinava fin dalla seconda metà dell’Ottocento, non solo con l’intitolazione di vie e piazze a personalità della cultura italiana, ma anche con l’edificazione – effettiva, osteggiata o tentata – di monumenti nelle vie cittadine, quali quello a Domenico Rossetti inaugurato in pompa magna nel 1902, o quello, mai realizzato, che si intendeva dedicare a Dante Alighieri in Piazza Grande, oggi Piazza Unità d’Italia. Questa storia un po’ risibile dei monumenti si protrasse fin dopo l’annessione di Trieste all’Italia, quando si trasferirono altrove i monumenti più direttamente riconducibili alla dinastia asburgica, come quelli a Sissi o a Massimiliano, relegati a Miramare e solo recentemente ritornati a Trieste, dove peraltro la lotta dei monumenti celebrativi continua tuttora, ad esempio con la brutta statua di Gabriele d’Annunzio che l’amministrazione comunale ha voluto collocare in Piazza della Borsa per celebrare il centenario della cosiddetta Impresa di Fiume.

Un volume collettaneo riccamente illustrato, La toponomastica della Grande Guerra sul fronte Carnico Isontino. Prospettive di tutela e valorizzazione, curato da Luca Caburlotto, storico dell’arte e soprintendente archivistico per la regione Friuli-Venezia Giulia, e Silvio Stok, architetto specializzato in ricerche storiche e progettazioni di interventi di tutela e valorizzazione di beni culturali, presenta gli elaborati che costituiscono gli Atti del convegno conclusivo della ricerca tenutosi a cura della Società Alpina delle Giulie a Trieste il 18 giugno 2021, e cerca di fare il punto nella complessa materia che, come si può immaginare, richiede competenze di carattere storico, geografico, cartografico, naturalistico, archeologico e paesaggistico, assicurate all’opera dai contributi di esperti italiani e sloveni. Sono così presenti nel volume saggi di Fulvio Salimbeni, storico e presidente dell’Istituto per gli incontri culturali Mitteleuropei di Gorizia, Mauro Pascolini, ordinario di Geografia umana a Udine, Paolo Plini, naturalista, Enrico Cernigoi, autore di saggi e volumi di storia militare, Petra Svoljšak, storica, direttore dell’Istituto storico Milko Kos, presso l’Accademia slovena delle Scienze e delle Arti, Diego Kuzmin, architetto e storico dell’Architettura, e Annalisa Giovannini, archeologa, che s’interessa in particolare di archeologia funeraria e storia della tutela del patrimonio archeologico e di memorialistica della Grande guerra, oltre naturalmente dei due curatori di cui si è detto.

Il lavoro di questi studiosi ha consentito che si realizzasse con questo libro un prezioso strumento di studio di un ambito territoriale complesso, cerniera tra diverse tradizioni culturali, per il quale la guerra del ’15 ha segnato indelebilmente tanto la storia quanto il paesaggio.

Luca Caburlotto

Silvio Stok

(a cura di)

La toponomastica della Grande Guerra

sul fronte Carnico Isontino.

Prospettive di tutela e valorizzazione

L’Orto della Cultura, 2021

pp. 360, euro 36,00