Il commissario indaga

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Da Trieste alla Francia, la carriera di Giuliano-Julien Sapori nella Polizia

di Roberto Curci

 

Il commissario Sapori indaga. No, non è l’ennesimo protagonista dell’ennesimo giallo inventato dall’ennesimo scribacchino che ha deciso di cavalcare l’onda, anzi il cavallone, del filone poliziesco che intasa le librerie. (Fosse ancora tra noi, l’ottimo professor Giuseppe Petronio che si batté strenuamente per riscattare il genere dal limbo della Trivialliteratur si fregherebbe le mani dalla contentezza. Aveva ragione lui).

No, non è un commissario di carta stampata, Julien Sapori. È una persona in carne e ossa, che oggi vive in una località dell’Aisne, in quella Francia di cui verso i trent’anni è divenuto cittadino. Da allora si chiama, appunto, Julien, ma dalla nascita e fino ad allora il suo nome era Giuliano. E – sorpresa! – era nato nel 1953 nella Trieste non ancora ricongiunta all’Italia, figlio di un cameriere e di una maestra. E a Trieste era cresciuto e aveva studiato.

L’inversione a U della sua vita avvenne dopo il trasferimento della famiglia a Peschiera e poi a Verona. Qui Giuliano completò gli studi magistrali, mentre un suo fratello sceglieva la carriera militare, in Marina (sarebbe diventato contrammiraglio). E qui Giuliano conobbe una francesina di nome Michelle, con la quale – ecco la svolta – decise di andare a vivere in Francia, da principio in Bretagna.

Seguirono l’acquisizione della cittadinanza francese, la frequentazione di una facoltà di giurisprudenza, un concorso (anno 1987) per divenire commissario di Polizia e l’inizio di una carriera che l’avrebbe portato fino alla carica di direttore della Sécurité Publique del Dipartimento della Manica. Sennonché la sua vera passione era e sarebbe rimasta la Storia, con la pubblicazione, a partire dal 2007, di una quantità di libri (nessuno dei quali, rincresce dirlo, tradotto in italiano) e di articoli su riviste specializzate.

I suoi interessi di storico si orientano sull’Italia dalla prima alla seconda guerra mondiale (saggi sulle truppe italiane in Francia durante la Grande Guerra, su episodi del ventennio fascista – Il était une fois l’Italie de Mussolini -, sulla tragedia degli italiani in Russia tra 1941 e 1943), ma il personaggio al quale dedica la maggior attenzione, fin dalla sua prima opera pubblicata dall’editore Anovi nel 2007, è Joseph Fouché, figura controversa e inquietante, uomo di assoluto cinismo, abilissimo ed enigmatico manipolatore, capace di continui voltafaccia nel quarto di secolo, dalla Rivoluzione francese alla Restaurazione, vissuto al solo servizio del suo stesso potere: un animale politico pronto a usare e a sacrificare persone e valori, scegliendo di volta in volta i cavalli vincenti (Robespierre, Napoleone, Luigi XVIII) e, poco dopo, abbandonandoli, rivoltandoglisi contro.

Occhiuto e inflessibile ministro della polizia, Fouché affascina Julien Sapori per due buone ragioni. La prima è che, in qualche misura, il personaggio può essere letto come il fondatore della moderna polizia politica quanto a metodi e prassi. E nel suo libro, L’exil et la mort de Joseph Fouché. Entre légende romanesque et vérité historique, Sapori cerca di riabilitare globalmente un uomo considerato un regicida per aver influito in maniera decisiva sulla condanna alla ghigliottina di Luigi XVI, e un massacratore per avere stroncato nel sangue, a colpi di cannone,  la ribellione di Lione nel dicembre del 1893: quasi duemila morti che procurarono a Fouché il soprannome di mitrailleur, mitragliatore.

Ma Fouché attrae Sapori anche perché – ed è la seconda ragione – quando, nel 1816, la sua stella tramontò e fu cacciato irreversibilmente dalla Francia, dopo un lungo peregrinare scelse Trieste come suo ultimo approdo, forse per esservi già vissuto al tempo della sua nomina a governatore delle Province Illiriche. Vi giunse nel gennaio del 1820, installandosi con la famiglia e la servitù a Palazzo Vicco, oggi sede della Curia vescovile, e vi morì – sessantunenne – nella notte tra il 25 e il 26 dicembre di quello stesso anno, lasciando dietro di sé una gran brutta fama e pure una scia di leggende “nere” collegate perfino alle sue esequie a San Giusto.

Per Julien Sapori, dunque, una sorta di “rimpatriata” nella sua città natale, con Fouché in veste di intermediario. Che il sinistro personaggio sia rimasto al centro degli interessi del commissario-storico è ben confermato dal fatto che nel 2019 egli abbia curato e prefato un Dictionnaire Fouché scritto a più mani. E, non bastasse, che faccia parte di una “Société d’études sur Joseph Fouché et son temps”.

Il commissario Sapori, insomma, continua a indagare.

 

 

Marie Therese de Noireterre (?)

Ritratto di Joseph Fouché

duca d’Otranto

olio su tela

primo quarto del XIX secolo