IL PARCO DI MIRAMARE 3: LE TRASFORMAZIONI

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Maurizio Anselmi

 

Le aperture al pubblico del parco volute da Massimiliano, e lamentate dal giardiniere Jelinek (v. Il Ponte rosso n. 3), segnarono un inizio virtuale delle modifiche di uso. Il cambiamento delle condizioni sociali ed economiche implica sempre modificazioni alle opere d’arte e al loro contesto, spesso radicali e non compatibili con lo stato originario del bene.

Miramare e i suoi dintorni sono stati in passato, e – sebbene in misura minore – lo sono anche oggi, trasformati dalle esigenze di urbanizzazione del territorio e della vicina città di Trieste. La pressione antropica ha creato la costruzione, sul costone costiero e nel vicino porticciolo di Grignano, di edifici e complessi edilizi fino a ridosso del parco. Il parco condivide la sorte di molti monumenti italiani: è stato progressivamente chiuso in una morsa che lo ha isolato dal contesto e slegato dal rapporto con il territorio dal quale attingeva le risorse idriche e che costituiva il naturale retroterra culturale.

La costruzione della strada costiera ha interferito in modo importante con la realizzazione delle due gallerie che ha provocato una cesura nella parte alta del parco e con i contrafforti di sostegno che incombono sopra le scuderie. Nonostante le limitazioni poste dai piani urbanistici e il vincolo paesaggistico, numerose sono le edificazioni private e i complessi edilizi che si spingono fino al confine con il comprensorio demaniale. Fra essi i più rilevanti per interferenza visiva sono un vivaio commerciale insediato su un terreno confinante con il parco e il Centro di Fisica, la cui realizzazione ha apportato profonde modificazioni morfologiche alla valle retrostante le scuderie, incisa da un corso d’acqua che scende da Prosecco e deviato dagli spostamenti di terra e dalle opere fondazionali (Fig. 2).

Il porticciolo di Grignano è stato realizzato nel dopoguerra e costituisce lo scenario di uno dei due ingressi principali del parco. Purtroppo i turisti devono passare fra automobili parcheggiate fino a ridosso del cancello d’ingresso in un ambiente contornato da un’edificazione di bassa qualità legato al boom degli anni ’60 del secolo passato.

Miramare, realizzato dalla visione privata di un componente di rango della famiglia imperiale, nel tempo è stato utilizzato come un sito di interesse pubblico ove si insediarono i rappresentanti del potere che erano alla ricerca di un posto dove rappresentare la propria autorità. Amedeo di Savoia Duca D’Aosta vi risiedette con la famiglia negli anni dal 1932 al 1937 apportando numerose trasformazioni all’interno del castello, ove fece creare i suoi appartamenti che sono ancora oggi visibili con gli arredi d’epoca e, in quanto consolidati nella loro presenza storica, inseriti nel percorso di visita del museo. Tali ambienti sono stati sottoposti ad una profonda trasformazione, progettati dall’architetto della Regia Soprintendenza Alberto Riccoboni che realizzo anche gli arredi e rivestimenti nello stile allora in voga. In tale periodo nel castello furono realizzati anche due ascensori, dei quali uno tuttora in uso, abilmente inseriti negli spessori murari.

Le modifiche effettuate dal Duca D’Aosta all’esterno risultano oggi meno visibili perché cancellate o “assorbite” nella nuova immagine del parco. Fino agli anni 90 del Novecento sul retro del bar vi era un parcheggio/deposito sul luogo che il Duca aveva adibito a campo da tennis. Alla fine del secolo scorso tale il sito è stato riprogettato dall’architetto Ruggero De Calò e da chi scrive per realizzarvi i nuovi servizi igienici e una nuova sistemazione a verde che conclude il parterre.

Un’altra trasformazione profonda del periodo del Duca D’Aosta ha riguardato il piazzale antistante il castello, che era originariamente contornato da profonde aiuole verdi documentate dalle foto e dalle mappe storiche (v. figg. 4 e 5); la trasformazione in piazzale d’onore a spese del verde, forse anche per consentire un agevole transito alle automobili. Il progresso del “secolo veloce” iniziava a far prevalere i propri valori.

Anche la seconda guerra mondiale ha lasciato importanti vestigia come il bunker in cemento a fianco del castelletto, demolito negli anni Novanta, e le cannoniere adiacenti il parcheggio distribuite da una galleria ipogea con due ingressi contrapposti, uno dietro l’attuale portineria e l’altro a fianco dell’edificio delle scuderie (v. fig. 1).

Alla fine del 1945 e per tutta la durata del Governo Militare Alleato le truppe neozelandesi e successivamente quelle inglesi insediate a Miramare, fuori da ogni controllo ed in modo del tutto autoreferenziale, hanno effettuato modifiche importanti persino alla sala del trono che era stata divisa in altezza per ricavarvi sale da ballo ed appartamenti. Tutte le decorazioni hanno dovuto essere ricostruite dalla Soprintendenza negli anni Ottanta del Novecento sulla base della documentazione storica agli atti.

Il periodo recente non fu meno problematico per le trasformazioni nel parco, alcune avvenute sotto gli occhi della Soprintendenza che non ebbe forza sufficiente per resistere alle pressioni esterne e alle ingerenze di stampo politico che favorirono l’insediamento di soggetti estranei che non avvantaggiarono in alcun modo il parco e anzi provocarono gravi problemi agli immobili storici. Primo fra tutti il “Giardino delle farfalle” a cui venne affidata la serra storica ottocentesca. Vi furono insediate attività zoofile con animali esotici, assolutamente incompatibili con lo stupendo edificio storico che è stato pesantemente danneggiato dall’inserimento di attrezzature per la climatizzazione. Il titolare dell’iniziativa aveva anche installato, sotto gli alberi, un impianto di produzione del calore alimentato da un bombolone a gas sprovvisto di ogni autorizzazione e senza i necessari requisiti di sicurezze. Attorno alle serre era nata una vera e propria baraccopoli con annessa discarica di materiali edili (figg. 6 e 7). Erano state modificate irreversibilmente le finestre laterali per ricavarvi le uscite di sicurezza e le murature interne ed esterne per ammorsarvi strutture espositive e bestiari. Vedremo che sarà necessario un impegnativo lavoro di restauro quasi archeologico, per eliminare il degrado e ricostruire, sulla base di un’attenta analisi, le parti danneggiate.

Il castelletto è il più importante monumento storico del parco dopo il castello perché Massimiliano e Carlotta vi risiedettero in attesa che questo venisse completato e perché ospita al primo piano una decorazione di rara bellezza. Nel Novecento era stato adibito a museo ed aveva ospitato la galleria d’arte moderna di proprietà dello Stato, oggi non è più esposta per mancanza di spazi. Nel 1996 il castelletto venne concesso in uso al WWF, quale Ente gestore della Riserva naturale marina, per diciannove anni. In luogo del versamento del canone Il Ministero dell’Ambiente finanziò i lavori di sistemazione dell’immobile per la realizzazione di aule didattiche sul tema dei fondali marini al pianoterra e deli uffici al primo piano. L’attuale sistemazione non valorizza adeguatamente gli ambienti dell’importante monumento perché ha cancellato la spazialità della dimora storica che non è più fruibile dal pubblico. I temi dell’ambiente marino potrebbero trovare adeguata e comoda collocazione in più razionali edifici all’esterno del parco e nel castelletto potrebbero ritornare le opere d’arte della collezione Mentasti e della Galleria Nazionale d’Arte Antica di proprietà dello Stato aumentando l’offerta culturale del parco.