IL PARCO DI MIRAMARE

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di Maurizio Anselmi

 

Da qualche anno, soprattutto mediante cronache approssimative e l’uso di indiscriminate segnalazioni di numerosi cittadini che vedevano autentici o presunti elementi di degrado nella gestione del verde del Parco di Miramare, è stata raccontata all’opinione pubblica una storia che probabilmente coincide solo in parte con la realtà di fatto di quell’esteso parco storico dove s’incontrano natura e cultura, e buona parte della storia di Trieste. Un bene culturale così importante riteniamo meriti un’approfondita analisi che tenga conto almeno di tre aspetti relativi il primo alla storia del sito, alla sua analitica conoscenza per separare il grano della originalità di aree e manufatti dal loglio di successive stratificazioni irrispettose della realtà preesistente, il secondo relativo alle esigenze di una sua manutenzione che non può prescindere dall’accuratezza filologica di ogni singolo intervento e infine alle caratteristiche che devono assicurarne al meglio la fruibilità da parte di un’enorme massa di visitatori, che non può che realizzarsi in aree attrezzate che siano raccordate armonicamente alle esigenze di tutela e di valorizzazione del bene oggetto dei singoli interventi e del loro complesso.

Soltanto all’interno di un pensiero progettuale organico e rispettoso di ciascuno di questi tre obiettivi può individuarsi un modus operandi corretto e ci sembra che nel polverone delle polemiche e nella narrazione suggestiva ma fuorviante che se n’è fatta in questi ultimi anni nessuno si sia dato cura di ispirarsi a questo o altro ugualmente corretto approccio al problema di conservazione fruizione e valorizzazione del sito. Al contrario, si è spesso fatto riferimento a suggestioni improprie per denigrare chi intendesse operare ispirandosi a una visione analoga a quella di cui si è detto, com’è stato per esempio nella allucinante vicenda dei colibrì, che vedeva posti in risalto alcuni luoghi comuni che sembravano essere messi lì apposta per allontanare la pubblica opinione da una corretta interpretazione dei fatti. Già a partire dalla contrapposizione che si è voluta mettere in scena tra un dirigente dello Stato (un uomo della burocrazia) e i teneri inoffensivi uccellini: una battaglia mediatica persa in partenza per il soprintendente che reclamava il rispetto di leggi, normative di sicurezza e impegni contrattuali. In un contesto poi in cui si celebrava con simpatia l’iniziativa privata rispetto all’intervento pubblico. A

ciò si aggiungano altre estemporanee levate d’ingegno di responsabili di altre amministrazioni che interferivano, non sempre sollecitati da spirito di costruttiva collaborazione in ambiti che non erano a loro assegnati.

Il Ponte rosso preferisce raccontare una storia diversa, e intende, soprattutto, mettere i suoi lettori nelle condizioni di farsi un giudizio basato su un’articolata conoscenza dei termini del problema, che essendo complesso richiede soluzioni altrettanto complesse. Per questa ragione abbiamo inteso dare la parola a un tecnico, l’architetto Maurizio Anselmi, che da anni opera su questi argomenti nell’ambito del Segretariato regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per il Friuli Venezia Giulia, e che a partire da questo numero, ci fornirà un’informativa puntuale, documentata e aggiornata su passato, presente e futuro del Parco.

 

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Alla base della progettazione del parco di Miramare c’è la visione del rapporto con la natura nelle sue declinazioni: da natura coltivata e forgiata dalle cesoie, a natura selvaggia con la presenza dell’acqua, di grotte, precipizi, punti dai quali si possa godere dei panorami naturali.

La natura non è solo oggetto di studio e osservazione scientifica alla maniera di Galileo e Newton, ma diviene, nel clima romantico diffuso nella cultura europea del XIX secolo, oggetto di riconquista da adattare alla propria visione guidati dal sentimento e dalla passione, dall’arte e dalla poesia invece che dalla razionalità e dalla scienza.

La natura è la maestra che non può essere riprodotta e non può offrire il modello univoco, ma che induce il procedimento dell’imitazione.

In tale visione si fa costante riferimento al concetto di infinito. Non è importante cosa si riesce a rappresentare, ma soprattutto ciò che non si vede, la parte che sfugge. E ancora il concetto di contrasto che vede l’accostamento dei viali regolari e delle simmetrie bilaterali contrapposte ai percorsi tortuosi che fanno perdere la percezione della propria posizione e smarrire il percorso. Come spazio di contemplazione il grande parterre dalla Kaffeehaus ispirato dai modelli siciliani e mediterranei permetteva di guardare l’infinito. Da quel punto di vista non si vede che mare e, come faceva notare Marco Pozzetto, sarebbe bastata una rotazione di qualche grado per inquadrare Punta Salvore o la Laguna di Grado.

Il parco imita i processi interiori, i turbamenti dell’anima di Massimiliano e Carlotta, entrambi amanti della poesia. La passione di Massimiliano per la botanica gli fornisce uno strumento prezioso con il quale consentire alla “sua” natura di diventare l’espressione della sua passione e del suo sentimento.

Nel parco di Miramare troviamo tutti gli elementi del landscape garden che si contrappone al formal garden, del luogo di evasione e di riflessione ove esplorare i recessi del proprio io durante le passeggiate solitarie. La teoria del giardino inglese o giardino pittoresco era ormai consolidata e guidava la disposizione delle masse verdi, l’accostamento dei colori, la successione dei punti di vista dai quali il paesaggio era percepito.

Il sito preesistente, un promontorio che scende dal costone carsico formato da flysch con una intrusione calcarea di una formazione singolare che i geologi chiamano megabreccia, è stato “adattato” alla configurazione di progetto, con poderose opere di sbancamento e riporti di terra per consentire l’attecchimento delle specie arboree e vegetali.

In realtà il sito, così difficile e dall’orografia complessa, si adattava perfettamente alla realizzazione di un giardino paesistico anche per la sua collocazione in riva al mare. La pendenza naturale offriva la possibilità di creare i ripidi percorsi con le scalinate che conducono a belvedere mozzafiato alti sul mare.

La roccia calcarea permetteva di creare una grotta, le sorgenti che fuoriescono dalla falda carsica forniscono l’acqua con la quale irrigare le nuove piantine e alimentare i laghi e il canale.

Il progetto di un parco con la sua struttura a verde, al contrario dell’architettura che vede subito il risultato, deve attendere. La formazione delle masse vegetali è un processo che richiede tempi lunghi, pazienza, umili attese, si scontra con l’insuccesso sempre in agguato e anela a un esito non univoco ed esattamente predeterminabile.

Nel processo di creazione del parco uomo e natura hanno lo stesso valore: il primo dovrà conoscere e rispettare la seconda per tentare di guidarne l’evoluzione.

La preparazione culturale di Massimiliano gli consentiva, in quanto appassionato di botanica oltre che ricercatore e scopritore di nuove specie botaniche, di occuparsi direttamente della scelta delle specie delle quali inviava i semi ai giardinieri per creare il “suo” giardino dove le specie esotiche hanno un ruolo importante. La sequoia, il ginkgo biloba, le palme, le araucarie, gli aranci, le yucche sono essenze che nel 1860, in un paesaggio allora disboscato, esprimevano la passione per le collezioni orientali, ben rappresentate dalle preziose cineserie e dai vasi giapponesi nel castello.

Il giardiniere Anton Jelinek nella sua corrispondenza bisettimanale con Massimiliano racconta di immani sforzi realizzativi come quello per mantenere in vita un aranceto che si tentò di proteggere dalla sferzante e gelida bora con tavolati di legno.

Nelle idee di Massimiliano non mancava lo spazio per la memoria con il progetto di un museo, non realizzato, nell’area a monte del castelletto e nell’attuale caserma dei carabinieri (Haus Zelenka Museum).

Nel parco vi sono alcune piccole curiosità che potranno e dovranno venir valorizzate, come la ghiacciaia dietro le scuderie che deve essere liberata dai detriti e dalla vegetazione o la retrostante bellissima strada a tornanti che sale nel bosco alzandosi rapidamente sul mare passando sotto due suggestive gallerie artificiali in pietra carsica. Le gallerie cannoniere adiacenti al parcheggio, oggi obliterate, possono essere rese nuovamente accessibili con interventi di consolidamento geologico ed offrire i loro stipendi scorci sulla città narrando un pezzo di storia da non dimenticare. Il piazzale del castello fu trasformato in piazzale d’onore da Amedeo di Savoia Duca D’Aosta che eliminò un giardino ampiamente documentato dalle planimetrie d’epoca. Il taglio controllato degli alberi consentirà di riprogrammare la crescita di nuove specie autoctone, oggi soffocate e senza luce.

E da ultimo la decisione più importante e storicamente rilevante: l’imposizione del biglietto di ingresso al parco che consentirà non solo di introitare le risorse economiche da utilizzare per concretizzare i lavori che abbiamo descritto, ma permetterà il controllo sugli accessi evitando un uso indiscriminato e non compatibile del parco storico.

Questi sono alcuni degli aspetti che il master plan del parco affronta per un programma di riqualificazione globale che tiene conto delle attuali condizioni d’uso e delle esigenze di ripristino storico e filologico.

  1. continua