IL PUNTO SU MIRAMARE

| | |

Mi arrampico fino all’ultimo piano di Palazzo Economo, appena ristrutturato. La stanza di lavoro del direttore del Polo museale del Friuli Venezia GiuliaLuca Caburlotto (classe 1966, padovano, laurea in Conservazione dei Beni culturali a Udine, specializzazione a Firenze e dottorato di ricerca a Ca’ Foscari) è una stanza luminosa, disadorna e arredata spartanamente. Un ufficio – penso – che piacerebbe all’attuale Pontefice.

 

Dottor Caburlotto, sono venuto a trovarla perché di questi tempi lei non sembra godere di buona stampa, per le vicende legate al Parco di Miramare. Vorrei capire assieme a lei il perché.

Che io non goda “di buona stampa” è un fatto, anche se oggi non è l’unico dei miei problemi. E d’altra parte non è che in passato le cose fossero molto diverse, fin dal mio insediamento a Trieste come sovrintendente.

Allora c’era la questione dei colibrì da sfrattare dalle serre del Parco, e in qualche modo doveva aspettarselo che tra quei deliziosi uccellini e uno zelante dirigente dello Stato l’opinione pubblica non avrebbe avuto dubbi con chi schierarsi.

In termini di popolarità non c’è dubbio che quella era una battaglia per me persa in partenza, ma io non sono pagato per accrescere la mia visibilità: ho il dovere di tener conto del preminente interesse del bene culturale che devo tutelare e valorizzare, oltre che attenermi a una rigorosa osservanza delle disposizioni di legge. Forse ricorderà l’abnorme consumo di acqua e le bollette non pagate, gli impianti di riscaldamento non a norma, che esponevano il Parco a un rischio d’incendio che certo non potevo consentire che continuasse a prodursi in un ambito prezioso sia dal punto di vista storico che paesaggistico e ambientale. Quando poi le serre presero fuoco davvero, nel generale rimpianto per gli uccellini uccisi dall’incendio non vi fu chi ricordasse la mia preoccupazione per le carenze di dispositivi di sicurezza idonei. E tutto ciò a prescindere da un contratto non adeguatamente stipulato.

Lei ha potuto comunque resistere alle pressioni che si cercava di esercitare sulla sua determinazione, anche a quelle provenienti dal presidente del Consiglio dell’epoca (Berlusconi, ndr).

Ho fatto semplicemente quanto era richiesto dal mio dovere di sovrintendente, senza curarmi troppo delle pressioni, soprattutto di quelle indebite. Che poi questo abbia contribuito a rendermi inviso a una larga parte dell’opinione pubblica può dispiacermi, ma è del tutto ininfluente.

Anche dopo la conclusione della vicenda dei colibrì, tuttavia, il suo operato ha continuato ad essere messo in cattiva luce dal perdurare di uno stillicidio di informazioni apparse sulla stampa quotidiana, in ordine a un preteso degrado in cui verserebbe il Parco sotto la sua gestione. Abbiamo avuto modo di leggere decine di articoli, di prese di posizione pubbliche da parte dei politici locali, di interrogazioni parlamentari, oltre che a centinaia di segnalazioni pubblicate in merito a questo argomento.

È purtroppo vero quanto lei osserva, al punto che talvolta ho la sensazione di essere percepito come un corpo estraneo da parte della città, ma ho pochi mezzi per contrastare questo stato di cose. Posso però osservare che il più delle volte gli oggetti delle segnalazioni non corrispondono alla realtà dei fatti. Intendiamoci: un albero che cade e non viene rimosso immediatamente, una moria di piante dovuta a una malattia (come è stato per esempio nel caso delle siepi di bosso, che del resto non ha colpito solo a Miramare ma in tutto il territorio nazionale) sono elementi che non fanno piacere a nessuno, e a me per primo, ma rientrano nella fisiologia e non nella patologia di un’area così estesa e complessa. La carenza di personale, il ritardo nel trasferimento dei fondi e la necessità di far fronte a procedure di legge e regolamentari complesse per ogni singola spesa sono concause di alcuni ritardi e carenze della manutenzione, ma nego decisamente che si possa parlare oggi di un degrado del Parco.

E poi quando viene dato ampio risalto sulla stampa a un’interrogazione parlamentare alla quale dal Ministero sono chiamato a fornire argomenti per la risposta, senza che di tale risposta fornita al Parlamento vi sia poi la minima traccia sui medesimi organi d’informazione è evidente che si contribuisce a creare un clima di sospetto e di sfiducia da parte dell’opinione della generalità dei cittadini.

Per quanto mi riguarda, per l’infinitesima parte che è di mia competenza, mi consenta di rivendicare che sto cercando di fornire, grazie alla collaborazione dell’architetto Anselmi, un’informazione adeguata circa questo argomento del Parco, che richiede un’analisi ben più complessa della segnalazione di un lampione rotto o di una fontanella rimasta all’asciutto.

In effetti il lavoro che state compiendo, dando conto ai vostri lettori da un lato dell’origine e della complessità dei problemi e anche degli interventi che abbiamo messo in opera e che stiamo avviando a compimento mi pare quanto mai opportuno, ma rimedia soltanto in parte, purtroppo, a una informazione non sempre corretta ed esaustiva dei problemi che sono sul tappeto. Che, beninteso, non proviene dal suo periodico.

I suoi problemi con l’informazione non sono i soli. In quest’ultimo periodo in particolare si sono manifestate anche frizioni piuttosto evidenti con le autorità locali, mi sembra.

Sembra anche a me. Vede, io considero che da tempo vi è chi intenderebbe mettere le mani sulla gestione di Miramare, che è senz’ombra di dubbio il sito di gran lunga più importante – se non altro sotto il profilo turistico – non solo di Trieste, ma dell’intera regione. È comprensibile, se non altro in termini di strategia elettorale, che si intenda trasferire questo patrimonio dallo Stato alla Regione o addirittura al Comune, anche se resterebbe poi da vedere se si riuscisse da parte degli Enti locali mettere in campo risorse e competenze che potrebbero migliorane la gestione.

Credo che da quest’obiettivo parta una serie di attriti che si sono venuti a creare in particolare nell’ultimo periodo, da parte di forze di centro-destra, di centro- sinistra ed anche da parte del Movimento 5 stelle.

Non è che lei faccia molto per appianare questi attriti: il fatto di non presentarsi a un’audizione da tempo richiesta di una commissione comunale, per esempio…

Premettiamo a questo proposito alcune considerazioni. Io posso essere chiamato al Ministero per un’audizione, o da un altro organo di controllo, ma non ho alcun obbligo di presentarmi su richiesta di un Consiglio comunale, se non come atto di cortesia istituzionale. D’altra parte, ho competenza per i musei di tutta la regione, e non potrei essere chiamato da ciascun comune, per evidenti ragioni di tempo. Ma non intendo trincerarmi dietro aspetti così formali: io parlo con tutti, e la sua stessa presenza in questa sede testimonia di ciò. Quanto al mancato incontro con la commissione comunale cui lei fa riferimento, non è stato riportato dalla stampa che a me è stata recapitata soltanto via mail per conoscenza (in “Cc”) una convocazione a nome del presidente della commissione stessa Manuel Zerjul rivolta esclusivamente ai componenti e non indirizzata a me: si è trattato pertanto di una mera informazione che i consiglieri comunali si sarebbero trovati a Miramare, che è cosa ben diversa che chiedere la mia presenza. Che, se non altro, andrebbe concordata per modalità, luogo e tempo, e non decisa unilateralmente da chi desidera parlarmi. In quanto alle richieste precedenti di “audizione”, queste mi invitavano provocatoriamente a parlare del “degrado” del parco, e a questo non sono assolutamente disponibile: posso parlare della situazione del Parco, degli elementi di criticità, dei progetti in cantiere e di quelli di futura realizzazione, ma non mi muoverò mai per parlare del preteso degrado, semplicemente perché un degrado di Miramare non esiste.

Può accennare a quanto di recente è stato posto in essere per evitare che il degrado si formi

Ovviamente si tratta di una serie di attività che solo in parte sono visibili, da cui sono ovviamente escluse quelle che si realizzano sotterraneamente, o comunque si concretano in interventi non immediatamente percepibili da parte dei visitatori. Per parlare poi delle altre, quelle che sono sotto gli occhi di chiunque voglia vederle, ricordo soltanto il ripristino dell’accesso dalla baia di Grignano, dove è stata ripristinata l’agibilità della scala che conduce al Parco. Poi gli interventi di consolidamento dei muraglioni attorno al castello, opera che può immaginare anche lei necessaria e onerosa, che ha consentito di mettere in sicurezza i muraglioni erosi perché a diretto contatto col mare. E ancora il ripristino degli elementi di illuminazione in Viale dei Lecci, quello per il quale si accede al castello provenendo dal bivio. E il restauro della Porta della Bora, la bonifica dell’area del laghetto dei cigni, con un’adeguata pavimentazione delle sue rive, per dire solo dei principali. Altro notevole lavoro di restauro è stato quello che ha riguardato le serre storiche, che erano ridotte a una sorta di discarica dopo l’allontanamento dei colibrì, come documento fotograficamente sul Ponte rosso nel numero dello scorso mese. E la manutenzione degli elementi botanici, che ha implicato l’abbattimento di oltre cinquecento piante, colpite da varie affezioni patologiche. Di questi interventi – nella maggior parte dei casi – non si è fornita dalla stampa locale la minima informazione, al contrario di quanto puntigliosamente è avvenuto per la denuncia del degrado prima del ripristino o del restauro.

Tutto ciò cui ha accennato riguarda l’interno del Parco…

È quanto in effetti è di mia competenza.

Ma non ritiene invece che vi siano anche aree d’intervento suscettibili di miglioramento fuori dei confini di tale area, soprattutto in funzione di un adeguamento della fruibilità da parte dei visitatori?

Certo che sì, e lo stiamo proponendo da anni. Soprattutto al Comune di Trieste, che ha competenza sulla viabilità, per limitarci soltanto dall’accesso delle automobili e dei pullman turistici per l’unica stretta strada di accesso oggi disponibile, quella che costeggia il mare. Si potrebbe pensare, agendo su un piano di collaborazione tra enti diversi, a progetti d’itervento che avrebbero probabilmente una ricaduta importante sui flussi turistici, se soltanto si pensasse a soluzioni innovative per l’accesso al parco, studiando possibilità per arrivarci non soltanto, com’è ora, per via stradale, ma pensando anche a un accesso ferroviario e a un altro marittimo. La stazione di Miramare potrebbe costituire un’importante e gradevole via d’accesso al Parco, fino a divenirne la modalità più frequentata per arrivarvi. Certo, tutto ciò richiederebbe una grande capacità di lavorare tutti per un obiettivo comune, coinvolgendo enti diversi in un progetto sinergico di sviluppo turistico.

Avrei ancora molto da chiederle, anche perché abbiamo parlato soltanto di Miramare e non ci siamo detti niente a proposito di Aquileia, di Cividale, della Galleria Nazionale d’Arte Antica, ma si sta esaurendo lo spazio che potrò riservare a quest’intervista sul prossimo numero de Il Ponte rosso e, temo, anche la sua pazienza…

Non si preoccupi, avremo altre occasioni. Come vede, lavoro con la porta aperta.

 

Walter Chiereghin

Intervista del 14 ottobre 2015le serre storiche dopo il recente restauro