IL QUADERNO DI LAURA W

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di Marina Silvestri

 

«Viviamo per caso? La vita serve a qualcosa? (…) a me sembra che è bene utilizzare questa occasioncella di vita per qualcosa anche di minimo, minimissimo, che ognuno può fare per cambiare le storture del mondo, della società, dei pregiudizi che danneggiano l’umanità e la pongono in pericolo.» Lo scrisse Laura Weiss, medico, intellettuale, dirigente politica, un ruolo di rilievo nella Trieste del dopoguerra, a cui è dedicato un quaderno curato da Helen Brunner (Comunicarte Edizioni, euro 19) che raccoglie ed amplia gli atti della serata svoltasi il 24 novembre 2014 al caffè San Marco nell’ambito della manifestazione Ai confini dell’ebraismo, ebraismo ai confini promossa da Cizerouno con il sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e delle Fondazioni Casali.

Laura, figlia primogenita del professor Ernesto Weiss, insegnante di scienze naturali, esperto di biologia e botanica e Ada Senigaglia, nasce a Graz nel 1914 dove il padre lavorava ed è nipote di Edoardo Weiss, che introdusse la psicanalisi in Italia. A Trieste frequenta il liceo scientifico G. Oberdan, ottiene poi la laurea in Medicina all’Università di Pisa nel 1939 e l’abilitazione alla professione all’Università di Modena, dove viene iscritta all’Elenco speciale dei medici di razza ebraica. Costretta alla clandestinità durante la guerra negli anni successivi intraprende la carriera politica: eletta al consiglio comunale di Trieste nel 1949 nelle liste del Partito Comunista Italiano, rimarrà in carica fino al 1964 e successivamente sarà consigliere provinciale fino al 1969, occupandosi in particolare di problemi sociali, sanitari e assistenziali. Gli interventi (testi di Silvano e Sonia Bacicchi, Fiora Bartoli, Lino Crevatin, Antonino Cuffaro, Riccardo Devescovi, Maria Grazia Giannichedda, Ezio Martone, Piero Panizon, Maurizio Pessato, Redenta Rossetti Pacco, Luisella Schreiber Segrè e Aldo Sola) approfondiscono la sua amicizia con Bruno Pincherle, pediatra e studioso di Stendhal, egli pure in quegli anni consigliere comunale (sono riprodotte anche delle vignette da lui disegnate durante le sedute) e il lungo sodalizio intellettuale e affettivo con Vittorio Vidali, di cui ha curato la stesura dei libri di memorie sulle brigate internazionali, la guerra civile spagnola, il XX congresso del PCUS, la storia politica di Trieste; un contributo letterario il suo – affermano alcune testimonianze – maggiore di quanto le sia stato riconosciuto. Il libro rivela più volti inediti di Laura Weiss, tra le altre cose, traduttrice per Einaudi di Chiamata per il morto di John Le Carrè, un giallo-politico, «dramma moderno appassionante» lo definisce in una nota critica, «che ha il merito di obbligare a riflettere sulle mentalità diverse degli uomini che di queste vicende sono protagonisti, volenti o nolenti (…) anche coloro che si illudono di poter burocraticamente sfuggire alle loro individuali responsabilità…». «È emersa la figura di una donna dai tanti interessi e dalle gradi passioni, – scrive Helen Brunner, – una persona affettuosa che dava sicurezza e di cui ci si poteva fidare. Una donna ironica e spiritosa, capace di mantenere i rapporti con la propria famiglia di origine e anche di amicizie all’interno del mondo ebraico.» In una lettera all’amica Laura Schreiber affermò: «Sì, io sono ebrea perché nata da una famiglia ebraica, perché tale per secoli (se io potessi vivere secoli) sarò considerata senza che ciò mi turbi minimamente. (…) è stata per me e come per te e per milioni di persone un’esperienza istruttiva da un giorno all’altro essere etichettato e perseguitato. Succede a tutti coloro che vengono etichettati, classificati come sgraditi con vari pretesti allo scopo di scaricare su di essi tutto quello che serve ai potenti del momento o magari come succede ai minorati che vengono emarginati per comodità altrui…» Nel 1979 aveva indirizzato una lettera aperta all’Unità affinché cancellasse la parola razza dallo statuto del partito, nello stesso periodo aveva saputo mediare con il partito, all’inizio contrario, ad appoggiare la riforma psichiatrica che Franco Basaglia aveva intrapreso anche a Trieste. Scomparsa il 23 marzo 1987, ha lasciando l’immobile di sua proprietà, in viale d’Annunzio 16, al Comune perché venga utilizzato a favore dei cittadini bisognosi e delle persone anziane.

LAURA WEISS