Il ritratto di un artista da giovane
Il Ponte rosso N° 54 | marzo 2020 | narrativa | Paolo Quazzolo
Pubblicato Karel Martens,il romanzo autobiografico di Karel Moor, musicista attivo anche a Trieste nei primi anni del Novecento
di Paolo Quazzolo
Gli archivi musicali triestini non smettono mai di stupire e di regalare nuove sorprese. È quanto accaduto di recente quando uno studioso, Massimo Favento, nel corso di ricerche presso il Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl” si è imbattuto in una serie di spartiti musicali opera di Karel Moor, musicista e letterato ceco vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, che per un certo periodo soggiornò e operò a Trieste. La scoperta degli spartiti musicali ha permesso di far riemergere un personaggio caduto nell’oblio, ma che molto bene si colloca nella temperie culturale della Trieste di inizio Novecento, in un ambiente ricco di stimoli e aperto verso la sperimentazione e le nuove proposte di respiro europeo. Artista prolifico e di molteplici interessi, Moor ebbe una formazione mitteleuropea avendo vissuto prima a Praga e poi a Vienna, dove fu attivo come compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra e di coro. Giunto a Trieste ai primi del Novecento, Moor ebbe parte nella nascita del Quartetto Triestino di Augusto Jancovich, ma soprattutto rimase folgorato dal contesto culturale della città. Stimolato dalla vivace realtà musicale della Trieste di inizio Novecento Moor, che era anche letterato, decise di mettere mano – tra il 1904 e il 1905 – a un romanzo dallo sfondo autobiografico intitolato Karel Martens, in cui viene narrata la difficile ascesa artistica di un giovane musicista ceco. Il romanzo, edito nel 1906, è stato ora tradotto in italiano e pubblicato nella collana “Sonora – Profili Musicali” a cura di Massimo Favento, con un testo introduttivo di Antonio Donato Sciacovelli, con la traduzione di Stefania Mella e le illustrazioni di Mauro Zavagno.
La storia di Karel Martens ben si colloca nel contesto letterario europeo del primo Novecento, dove la narrativa volge le proprie attenzioni all’indagine psicologica, mettendo in luce le insicurezze e le patologie dei personaggi, ove il celebre “male di vivere” sembra spesso soffocare le prospettive di operosità e di creatività. La Trieste di Svevo, in particolare, in cui il grande autore ambienta i suoi tre celebri romanzi, diviene il simbolo per eccellenza di questo nuovo modo di sentire e di interpretare l’esistenza. Il romanzo di Moor ben si inserisce in questo contesto di indagine psicoanalitica, laddove il protagonista vive i tormenti di una esistenza artistica e coniugale che sembra soffocarlo. I ripetuti tentativi di far eseguire le proprie composizioni, i costanti rifiuti ricevuti dal teatro della sua città, un matrimonio concluso troppo in fretta e una donna interessata solo alla vuota apparenza della vita mondana, conducono il protagonista a uno stato di profonda prostrazione. La nativa Boemia diviene quindi una sorta di crudele matrigna dalla quale Martens fugge per trovare riparo a Trieste, il cui mare, i paesaggi e la vita culturale consentono all’eroe di risorgere e ristabilirsi. Una sorta di ritorno alla vita, che i paesaggi carsici, la cordialità delle persone conosciute, e le nuove occasioni offerte rendono possibile al protagonista.
La narrazione si dipana attraverso tre contesti sociali differenti che entrano in vivace contrasto tra loro e che fanno da sfondo ai tormenti del giovane artista: la vita musicale praghese, contraddistinta da intrighi, sotterfugi e miserabili tentativi di privilegiare chi non ha meriti artistici; quello provinciale e pettegolo della cittadina di provincia boema dove vive Karel; quello anticonformista, vitale e progressista di Trieste. Tre ambienti che consentono all’autore di mettere in evidenza altrettante categorie di personaggi, spesso descritti un realismo immediato e graffiante. La pagina conclusiva in cui vediamo il protagonista a passeggio assieme alla nuova compagna di vita sul lungomare di Barcola, chiude la narrazione con un atteso lieto fine, ove la felicità a lungo cercata e conquistata a fatica sembra finalmente concludere non solo la storia di Martens, ma in qualche modo anche un’epoca intera, aprendo le prospettive verso un avvenire che, forse, sarà migliore. Una narrazione all’interno della quale, tuttavia, è possibile scorgere tra le righe, anche una sottile critica verso un mondo, quello ottocentesco, che ormai appariva stantio e superato e al quale si anelava sostituire una poetica artistica e uno stile di vita nuovi, moderni, tutti protesi verso il secolo entrante.
Il volume è arricchito da un interessante cd musicale all’interno del quale è possibile ascoltare una serie di brani da camera composti da Karel Moor ed eseguiti dall’affiatato Gruppo Strumentale “Lumen Harmonicum”.
Riquadro:
Karel Moor, musicista e scrittore, nacque a Lázně Bělohrad, attualmente nella Repubblica Ceca nel 1873, e fu esponente di quella generazione di artisti cresciuti in ambito culturale mitteleuropeo a cavallo tra i secoli XIX e XX, in un contesto culturale per quel che riguarda la musica fu connotato da autori quali Antonín Dvorák, Bedrich Smetana e Gustav Mahler.
La su a prima formazione musicale si ebbe presso la Scuola d’organo a Praga, dove si diplomò nel 1895, per poi studiare con diversi maestri anche canto tra Vienna e Trieste. Dopo in lungo soggiorno triestino tornò a Praga, dove divenne direttore della Filarmonica ceca e successivamente assunse la direzione del Teatro Nazionale di Brno.
Dal 1912 alla fine del primo conflitto mondiale operò nella penisola balcanica, dapprima a Zara e successivamente, incalzato dalla necessità di trovare lavoro e di sfuggire, nel periodo bellico, ai combattimenti, si spostò dapprima a Belgrado, indi in Macedonia, poi ancora a Skopje e quindi in austria, a Braunau am Inn, a Ostrava, a Lubiana, a Spalato e ancora, nel 1922, a Sarajevo. Ritornò quindi a Praga e rimase il resto dei suoi anni in Cecoslovacchia, Fu molto attivo come compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra e di coro, insegnante, critico musicale e scrittore.
Come compositore scrisse molto per il teatro, con opere, operette e musiche di scena, affrontò la scrittura orchestrale forgiando poemi sinfonici anche imponenti, non disdegnò l’intrattenimento producendo con molta facilità brani per salon-orchester ed ensemble di fiati, pwe cui alla fine il suo cataloro risulta di oltre duecento composizioni. Morì a Praga il 30 marzo del 1945, sul finire del secondo conflitto mondiale.