Il robot perturbante 4

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Gli automi perturbanti: il Turco di von Kempelen

di Giuseppe O. Longo

 

Passando dal versante letterario a quello costruttivo degli automi, ci si imbatte nella figura del Turco, che concentra in sé sortilegi, magie e meraviglie tipiche dell’Oriente. Il Turco è piuttosto popolare nel mondo degli automi: basti ricordare le macchine teatrali del mago, ciarlatano, prestigiatore, fisico e matematico toscano Joseph Pinetti (1750-1800), il cui pezzo forte era il Piccolo Turco sapiente o Gran Sultano, capace di indovinare una carta scelta da uno spettatore e di varie altre prestazioni (certo truccate).

Ma il Turco più famoso fu l’automa scacchista costruito per Maria Teresa d’Austria nel 1769 dal barone e ingegnere ungherese Wolfgang von Kempelen (1734-1804). Il nome completo di questo geniale personaggio era Wolfgang Franciscus de Paula Johannes Elemosinarius von Kempelen, ma i lettori mi scuseranno se per nominarlo userò il nome abbreviato. Non tutti concordano sul suo titolo baronale, che pare invece fosse attributo di uno dei suoi fratelli maggiori, Johannes Nepomuk Joseph. Sia come sia, il nostro studiò diritto e filosofia a Pressburg (l’odierna Bratislava, allora parte dell’Ungheria) e frequentò l’università a Györ, Vienna e Roma, occupandosi anche di matematica e fisica. Parlava correntemente tedesco, ungherese, latino, francese e italiano, e se la cavava anche in inglese e romeno.

Von Kemepelen occupò molte cariche importanti nell’ambito della corte e dell’amministrazione austro-ungarica, fino al grado di consigliere imperialregio, che conseguì nel 1787, ma la sua fama resta legata al Turco scacchista, che esibì in Russia, a Parigi e a Londra, suscitando stupore ed entusiasmo (Fig. 1).

 

 

Fig. 1. Il Turco scacchista di von Kempelen

 

Nel 1783 il Turco di Kempelen giocò contro Benjamin Franklin e nel 1809 contro Napoleone, battendoli entrambi (fu una delle poche sconfitte del Còrso). Acquistato dopo la morte del suo inventore da Johann Maelzel, l’automa continuò la sua tournée in tutta Europa e, nel 1825, sbarcò negli Stati Uniti. Il Turco stava seduto dietro una specie di canterano che lo nascondeva dalla vita

 

 

 

Fig. 2. L’interno del Turco di von Kempelen con il nano scacchista

 

in giù. Prima dell’esibizione, Maelzel apriva e chiudeva in successione gli sportelli anteriori e posteriori del canterano per dissipare dalla mente degli spettatori il dubbio che vi si celasse una persona. Il celebre scrittore Edgar Allan Poe, dopo aver assistito ad alcune esibizioni del Turco, analizzò con grande acutezza la successione delle aperture e chiusure delle ante, e nell’aprile 1836 pubblicò un lungo articolo in cui concludeva che di fatto nel canterano doveva celarsi uno scacchista provetto (Fig. 2). In effetti dovevano passare più di cent’anni perché fossero allestiti dei programmi informatici per il gioco degli scacchi, quindi la tesi di Poe era l’unica compatibile con la grandissima abilità del Turco. Naturalmente, viste le dimensioni del canterano, lo scacchista invisibile poteva solo essere un nano e così era davvero: è il primo esempio di… nanotecnologia che la storia ricordi.

Prima della partita, come si è detto, Malzel apriva e chiudeva gli sportelli del canterano, avendo cura di dare al nano la possibilità di spostarsi in modo da non essere mai visto. I pezzi disposti sulla scacchiera comandavano dei magneti sottostanti, visibili al giocatore segreto, il quale poteva così studiare ed eseguire la mossa successiva servendosi di una piccola scacchiera su cui riportava le posizioni successive. La mossa veniva eseguita dal braccio del Turco, comandato dal nano nascosto. Una candela accesa consentiva al giocatore di osservare la posizione dei pezzi sulla scacchiera interna. Il fumo della candela, che usciva dal turbante del manichino, era mascherato dal fumo di due candelabri posti ai lati del fantoccio con il pretesto di illuminare la scacchiera esterna.

Dopo oltre ottant’anni di onorata carriera, il Turco fu distrutto da un incendio scoppiato il 5 luglio 1854 nel Peale Museum di Filadelfia. C’è da sperare che il nano scacchista scampasse al rogo, anche a costo di farsi scoprire rivelando così l’inganno.

 

(4 – continua)