Internet e la società irretita

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Considerazioni di Franco Ferrarotti raccolte nel volume Il viaggiatore sedentario

Di Gaetanina Sicari Ruffo 

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È inutile negarlo: siamo cambiati. Internet ci ha cambiati. Ho davanti agli occhi masse di individui chinate sui propri telefonini, come un tempo davanti al sultano, per aspettare che appaia il messaggio o il video voluto.

La nostra è la società irretita che ha creduto di conquistare tutto il mondo con semplici tocchi del computer e similari, che invece rischia di farci diventare sedentari idioti.

Siamo sul punto, se non stiamo attenti a farci dominare dal web, di rinunciare al nostro cervello. A lanciare l’allarme è Franco Ferrarotti, professore emerito di Sociologia all’Università di Roma e già direttore della rivista La critica sociologica, nel suo ultimo libro: Il viaggiatore sedentario ovvero Internet e la società irretita.

A tutta prima potrebbe sembrare che Internet e i numerosi strumenti comunicativi a disposizione ci abbiano aiutato molto nel mare magnum della conoscenza e  della ricerca, ma a lungo andare, l’uomo se fa solo quello, sarà veloce e dinamico quanto si vuole, ma resterà svuotato ed inerte spettatore e non avrà più nulla da comunicare.

È bella la realtà virtuale perché ci permette di vedere luoghi che forse non avremmo mai potuto vedere, di conoscere persone e fatti di cui mai avremmo avuto notizia, ma l’informazione non è mai la stessa cosa della realtà naturale, non solo perché tutti sensi in quest’ultima ne sono coinvolti, che lasciano ben altra traccia nella nostra mente, ma perché si mette in funzione un ben diverso meccanismo che è l’appiattimento sul presente, tagliando fuori la riflessione e la memoria che non vengono opportunamente richiamate se non talvolta per flash. Il pericolo, insomma, sta in una sorta di imbambolamento che taglia fuori il nostro mondo interiore, senza il silenzio e l’impulso a seguire un nostro mondo di pensieri che s’affacciano dietro le esperienze già vissute.

La realtà naturale è tutt’altra cosa dalla virtuale ed è maestra insuperabile. Da essa si apprendono risposte su chi siamo e dove vogliamo arrivare e le cose si vedono per quello che sono, non come mulini al vento in atteggiamento aggressivo o di conciliazione, a seconda la prospettiva da cui sono guardate. Italo Calvino, il profeta della nostra epoca, ci aveva messo in guardia dal pericolo della cosalizzazione, nel saggio Il dente del leone e nel romanzo Palomar. Attenti, ha voluto dirci, dal ridurre tutto, semplificando, alle cose con cui veniamo a contatto, operazione che ci inaridisce e scarnifica il nostro modo d’agire, se non è accompagnata dall’attitudine del pensiero connesso alla fantasia. Metterci l’anima nelle cose, che equivale al sunt lacrimae rerum del mondo virgiliano, significa umanizzare il mondo che frequentiamo senza remore e fretta, con il gusto di assaporare la molteplicità dell’esistente, immedesimandoci. Talvolta, nel dialogo che necessariamente intercorre con noi stessi, nell’atto del vedere, sorgono dei dubbi a cui si devono dare delle risposte come fu per Galileo Galilei, durante l’osservazione del fenomeno della caduta dei gravi dall’alto della torre di Pisa, per cui poi scoprì la legge di gravitazione universale: ipotesi, prova che conferma la legge che ne segue. Niente è già bello e confezionato senza la fatica della sperimentazione e della dimostrazione! Sarebbe la fine del dinamismo e dell’attività che devono essere al primo posto.

Si dice che i giovani di oggi siano più intelligenti di quelli di ieri. Magari saranno più informati sui temi del presente, ma non tutti hanno la forma mentis della ricerca e della scoperta, cioè di quanto si nasconde dietro le immagini. Ferrarotti definisce nomadismo sedentario, sonnambulismo quotidiano questo atteggiamento statico dell’individuo del nostro tempo di stare inerte di fronte ai massmedia, piuttosto che farsi una cultura socio-antropologica che lo aiuterebbe a superare i problemi che pure affliggono la nostra società. L’attuale sbornia elettronica non è buona ad altro che ad incoraggiare la pigrizia, a svuotare di idee il cervello, ad alimentare l’ignoranza, aspettando che siano gli altri a fare, perché costa parecchio agire e pensare individualmente.

Quella che si prepara è una società fredda ed inerte, sempre più congerie, meno che mai compagine, guidata da una burocrazia onnipotente e parassitaria. Ci stiamo giocando il nostro futuro che non sarà scattante, razionalmente parlando, ma avrà in serbo per noi, la mercificazione universale cioè una società di mercato che pensa solo allo scambio delle merci in un mondo ormai piatto ed amorfo.

(Dalla quarta di copertina) :

Alle origini della democrazia, nell’Atene di Pericle, solo al presidente della boulé, il consiglio cittadino, era consentito prendere appunti sulla sua tavoletta di cera. Gli altri membri dovevano parlare a braccio, per garantire la sorgiva sincerità del confronto faccia a faccia. Oggi, al tempo di Internet, si può comunicare tutto a tutti, in tempo reale, su scala planetaria, ma non c’è più nulla da comunicare di umanamente significativo e profondo. Si sono persi il contatto diretto, il linguaggio del corpo, il fatto e l’antefatto, il peso e la complessità dell’esperire umano. Tutto è semplificato, alleggerito, velocizzato. Basta cliccare. Ma l’uomo numerico è preciso e svuotato nello stesso tempo. È rapido, veloce, perpetuamente nomade o navigatore nell’oceano-pattumiera del web, ma sedentario. Vede tutto e non tocca niente. È frenetico e immobile nello stesso tempo, informato di tutto e concentrato su niente. Perché nella nostra società irretita, sempre interconnessa e fragilissima, Internet e gli altri innumerevoli media celebrano e consacrano la confusione fra valori strumentali e valori finali.

Si viaggia, scrive Franco Ferrarotti, e non con la mente come il poeta, ad esempio, ma col pc e stando seduti: «Oggi non c’è più il viaggio. […] Il viaggio vuol dire sofferenza, travaglio, fatica». Con l’innovazione della tecnica tutti possono viaggiare senza comprenderne però l’autentico significato e valore di esso. Il viaggio è anche fantasia; immaginarsi un luogo, un profumo, un colore, il desiderio di incontrare una persona che non si vede da tanto o scoprire un bosco. Il viaggio è sentimento. Il viaggio è meraviglia.