LA BELLEZZA (NON) CI SALVERÀ

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Ágnes Heller a Pordenonelegge

Serenella Dorigo

 

A Pordenonelegge annata 2015 non sono mancate, come sempre, figure di rilevanza internazionale, tra cui la filosofa ungherese Ágnes Heller, che sabato 19 settembre è arrivata nel capoluogo della Destra Tagliamento per presentare il libro La bellezza (non) ci salverà, frutto di una conversazione con il sociologo polacco Zygmunt Bauman, il teorico della “società liquida”, sulla bellezza e sulla salvezza, sul destino dell’uomo e sulle sue sfide. Il volume, curato da Riccardo Mazzeo, interlocutore della Heller nell’incontro pubblico di Pordenone, è pubblicato dalla casa editrice “Il Margine” di Trento.

Agnes Heller, sopravvissuta all’Olocausto, è tra i massimi esponenti della “Scuola filosofica di Budapest”, corrente filosofica del marxismo facente parte del cosiddetto “dissenso dei Paesi dell’est europeo”, allieva e poi assistente del filosofo marxista György Lukács all’Università di Budapest, da cui venne espulsa nel 1959, si sperimenta in una nuova disquisizione filosofica, che offre al pubblico presente a Pordenonelegge, e che parte proprio dall’incipit del suo libro Quale bellezza ci salverà?.

«Non basterà la bellezza da sola a offrirci un’occasione di salvezza, e da sola non ci può salvare né dalla morte né dalla cattiveria, ma ci può ci può regalare una promessa di felicità»: con queste parole esordisce la filosofa ungherese e alle domande cui da sempre i filosofi tentano di rispondere lei si pone nei confronti della bellezza chiedendosi ( chiedendoci): “Cos’è il bello? E perché una cosa è bella?”

Se ci limitassimo a una risposta istintiva, per quelle che possono sembrare delle domande secondarie del nostro vivere e per chi non è avvezzo alle modalità di procedere proprie della filosofia, non comprenderemmo la raffinata declinazione che lei intende dare al concetto di bellezza. La Heller ci propone e si fa interprete del concetto di bellezza, mutuato dal filosofo Theodor Adorno, il quale sostiene che il bello è una promessa di felicità, cioè la bellezza non sarebbe dunque la felicità in sé, ma solamente una promessa.

Anche qui se leggessimo intuitivamente nella risposta solo una promessa di felicità ci sentiremmo ingannati e disillusi, ma la filosofa nella sua esposizione al pubblico evidenzia che «Questa promessa di felicità sta nelle piccole cose, il regalo del sole che si specchia nel mare, la cima di una montagna che riesco a raggiungere, la lettura di un libro, un qualsiasi atto di bontà e sopra a tutto l’amore». Questo concetto lo evidenzia anche nel suo libro scrivendo «Davanti alla grandezza estetica di un soggetto dipinto in un quadro, per esempio, si risveglia in noi una sorta di nostalgia fiabesca che […] ci avvolge e ci fa desiderare ardentemente una vita all’interno di quel dipinto perfetto, in cui poter condividere con quei soggetti raffigurati la nostra vita e i nostri ideali, e ci fa pensare quanto bello potrebbe essere, quanto felici saremmo, se potessimo essere dipinti su quella stessa tela che abbiamo davanti agli occhi». Rimarcando che questo è proprio il sentimento che Adorno vuole comunicare cioè quando contempliamo qualcosa come un’opera d’arte, un paesaggio, una statua o una persona, la nascita di un bambino, che si può ritrovare, nascosta tra le pieghe dell’animo una promessa di felicità. «Anche nella liberazione si vive un’esperienza di promessa di felicità e spesso diamo per scontato tutto questo».

Alla domanda che le viene rivolta, citando Dostoevskij, il quale affermò che “la bellezza ci salverà”, cosa dobbiamo puntare per essere salvi? Agnes Heller risponde che: <<Ovviamente parlando di salvezza, sottolinea che non è nelle nostre mani, ma nelle mani di Dio, questo però si contestualizza in ambito religioso. Ma esiste un concetto che travalica questo, cioè cosa noi ogni giorno vogliamo fare della salvezza? Ogni giorno, ricorda, noi possiamo trasformare la nostra sfortuna o sofferenza in una risorsa o vantaggio a nostro favore per la nostra vita, già lo faceva Aristotele, sottolineando la funzione purificatrice della paura. Dipende da come ci relazioniamo noi agli altri e al mondo» e come non essere d’accordo? Il pensare e il riflettere devono essere azioni che non vanno perse di vista, in un mondo in cui l’uomo moderno, resta sempre in bilico, appeso, tra una sempre maggiore deresponsabilizzazione davanti agli eventi, che pur travolgendolo non lo spingono a scegliere il buono e il bello. Forse una mancanza del buon sano senso popolare della misura? O semplicemente per una sorta di assenza di semplice buon senso? A sottolineare questa costante precarietà dell’uomo di oggi, Heller ricorda che, nemmeno davanti a quello che sta succedendo in Ungheria con il flusso di migranti che affollano i confini, l’uomo si fa delle domande di senso sul proprio stare al mondo, anzi erige muri, pensando che così si possa costruire un’Europa senza solidarietà e senza accoglienza dando prova di poca memoria come se Nazismo, Fascismo e Bolscevismo, non fossero mai esistiti. La filosofia, rimarca Agnes Heller, ha una vocazione ancora maggiore, quella di allenare a pensare ed anche l’utopia ha una sua funzione catartica, quella di abituare l’uomo o la donna che sia a sognare, perché davanti al sogno siamo soli, ma se sogniamo per tutti, per il bene comune, questo diventa una missione universale.

 

Ágnes Heller e Zygmunt Bauman, La bellezza (non) ci salverà, Il Margine, Trento 2015, pp. 56, euro 5