La ciliegina sulla torta

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Poca nostalgia – collettiva – per l’anno che ci lasciamo alle spalle. Nuove inquietudini si sono infilate nella nostra realtà e nelle nostre psicologie, a cominciare dalla guerra che insanguina e distrugge un grande Paese europeo, con le conseguenze politiche, sociali ed economiche che il conflitto implica.

Dobbiamo poi fare i conti con una pandemia meno disastrosa dei due anni precedenti, ma ancora lungi dall’essere debellata, cercando frattanto di porre rimedio al progressivo sgretolamento di una sanità pubblica che non fornisce il servizio che ci aspetteremmo, grazie ad anni di chiusure di ospedali e reparti di pronto soccorso e alla carenza di medici e infermieri, concause determinate da un insufficiente finanziamento delle strutture sanitarie pubbliche e da un trasferimento di risorse verso quelle private, che stanno conquistando spazi sempre più rilevanti.

La società italiana è inoltre in sofferenza per l’indefinito prolungarsi di una situazione critica dal punto di vista sociale, per la mancanza di lavoro in vaste aree del Paese, per l’inarrestabile crescita del numero di famiglie e persone in stato di povertà assoluta e relativa, per il basso livello di retribuzioni e pensioni, per il progressivo calo del potere d’acquisto di fronte all’impennarsi dell’inflazione. Ciò determina tensioni sociali e diffidenza dei cittadini verso chi amministra la cosa pubblica, come constatiamo ad ogni consultazione elettorale nel considerare i dati relativi all’astensionismo.

Come sta dimostrandosi con l’approvazione di una manovra che pare non considerare nessuna delle criticità cui abbiamo accennato, allargando anzi la forbice della disuguaglianza mediante la drastica riduzione del reddito di cittadinanza – che aveva sì bisogno di essere riformato, ma certo non mediante l’espulsione di centinaia di migliaia di “occupabili” – con preavviso di sette mesi. Indulgenza e sostanziale complicità viene poi accordata a chi tasse e sanzioni non le paga, mediante l’introduzione di norme che non si vuole chiamare col nome di condono, ma che in pratica lo sono. Anche l’idea di usare la fiscalità per accrescere anziché diminuire le disuguaglianze e la frammentazione della società pare essere un’idea forte della maggioranza di destra, che aumenta il limite di una tassazione agevolata per i redditi degli autonomi, determinando un’evidente disparità di trattamento con i lavoratori dipendenti.

A un quadro così sconsolante dell’anno del quale tra pochi giorni festeggeremo l’estinzione mancava la classica “ciliegina sulla torta”: ci ha pensato la magistratura del Belgio, che ha portato alla luce una sporca storia di finanziamenti occulti da parte di uno Stato straniero ad alcuni personaggi rotanti attorno al Parlamento europeo, di nazionalità greca e, ahinoi, italiana. La differente gravità degli indizi e delle prove materiali raccolte ha consentito più o meno legittime sospensioni della presunzione di innocenza, mentre l’appartenenza degli indagati all’area socialista ha scatenato una ridda di valutazioni scandalizzate da parte di esponenti della parte politica avversa. In molte di esse si intravede il compiacimento con cui si saluta una vicende che priverebbe la sinistra del privilegio di considerarsi immune da comportamenti criminali. Eppure, anche in queste drammatiche situazioni, non è vero che «tutti sono uguali, tutti rubano nella stessa maniera» come cantava De Gregori: ci ricordiamo o no delle scomposte reazioni quando ad essere  indagato era qualcuno della destra? Degli attacchi ai magistrati, delle depenalizzazioni. delle leggi ad personam? Nel dare atto di atteggiamenti di maggior rigore nei confronti di indagati e pure di semplici sospettati, sarebbe però opportuno riconoscere la necessità e l’urgenza di una seria lotta alla corruzione nel nostro Paese, dove invece ci si preoccupa, ad esempio, di limitare le intercettazioni.

Non resta che augurarci – senza troppa convinzione – un 2023 almeno un po’migliore.