La commedia del ritratto

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Ampia retrospettiva del lavoro di Maria Mulas al Palazzo Reale di Milano

di Michele De Luca

 

Ha scritto Paolla Fallai, nel catalogo della mostra edito da Allemandi: «Se imparare a leggere non ci rende colti e imparare a scrivere non fa di noi dei narratori, inquadrare un soggetto e scattare non basta a laurearci fotografi».

L’incontro con Maria Mulas sottolinea questa differenza. I suoi ritratti ci offrono due generazioni di artisti e intellettuali di tutto il mondo, ma soprattutto ci accompagnano a comprenderlo. Questa capacità innata fa di Maria Mulas un classico della fotografia contemporanea, esattamente come agli albori della ritrattistica lo scatto di Matthew Brady ci ha offerto più di un saggio la possibilità di comprendere Abraham Lincoln, o Nadar a penetrare il miracolo dell’Impressionismo”.

Maria Mulas, sorella del famoso Ugo, che la introdusse ancora ragazzina in quel mondo artistico che lui ritraeva per amore e professione nei mitici anni Cinquanta del Bar Giamaica a Milano, è una tra le più importanti fotografe italiane riconosciute a livello internazionale, che con la sua macchina fotografica ha saputo immortalare il mondo dell’universo artistico e culturale meneghino: immediatezza, empatia e sguardo curioso e introspettivo nei riguardi del soggetto sono la “cifra” riconoscibile del suo modo di concepire e praticare quella che si può definire la “commedia del ritratto”.

In una grande retrospettiva curata da Andrea Tomasetig nelle sale dell’Appartamento dei Principi nel Palazzo Reale di Milano, sono esposti un centinaio di ritratti degli oltre cinquecento che Maria Mulas (Manerba del Garda, 1935) ha scattato nel corso di una vita. La mostra racconta una delle stagioni forse più vive di Milano, fra gli Anni Settanta e i Novanta, quando la città della Madunina era un dinamico carrefour del bel mondo internazionale, in cui la Mulas, chiamata “Coda rossa” per via del colore dei suoi capelli, osservava con occhio perspicace e partecipe il mondo culturale, artistico e civile della città meneghina, traducendolo nel fascino discreto del bianco e nero. Fil rouge dell’esposizione, dunque, è Milano, la sua intensa storia culturale, la continua trasformazione che si traduce nell’essere puntualmente al passo con i tempi: Milano, all’epoca, è uno specchio che riflette le tendenze internazionali in ogni ambito della società, dell’innovazione, della ricerca. Maria Mulas descrive con naturalezza ed empatia i diversi volti della città a cui è particolarmente attaccata, realizzando i ritratti di artisti, galleristi, critici, designer, architetti, stilisti, scrittori, editori, giornalisti, registi, attori, intellettuali, imprenditori e amici che con Milano hanno intessuto un rapporto significativo.

Fra le numerose personalità da lei immortalate – solo per citarne qualcuna – si va da Jonh Cage, a Christo, Philippe Daverio, Gillo Dorfles, Keith Haring, Andy Warhol, Gae Aulenti, Mario Botta, Bruno Munari, Giò Ponti, Armani, Versace, Valentina Cortese, Luca Ronconi, Strehler, Liz Taylor, Natalia Aspesi, Borges, Umberto Eco, Inge Feltrinelli, Ferlinghetti, Dario Fo, Allen Ginsberg, e Fernanda Pivano. Che si tratti di ritratti posati o di scatti rubati, nelle fotografie di Maria Mulas si legge una spiccata predisposizione a intrecciare incontri e relazioni, una complicità con il soggetto che emerge dalle immagini. Nelle sue opere predomina l’abilità nel cogliere il naturale e l’artificioso, la “personalità”, nelle sue espressioni, atteggiamenti, caratteri, stili di vita, in un ininterrotto e appassionato dialogo tra quotidianità ed eccezionalità, tra realismo e sottile ironia. Come ci dice Tomasetig, la mostra «non è solo una godibile galleria di interessanti ritratti di una brava fotografa. È molto di più. Alla fine del percorso ci si accorge che il ritratto che predomina su tutti è quello di Milano, la vera protagonista di una stagione irripetibile, colta nel suo apice e nei suoi protagonisti e Maria Mulas ne è stata la memoria visiva». Nel suo lungo lavoro il suo obiettivo, con grande acume e maestria, ha scritto con la luce un’affascinante “commedia del ritratto”. La Mulas era amica di Inge Feltrinelli, che di lei ha detto: «Il ritratto, per lei, è un gioco di specchi in cui c’è qualcuno che ti guarda e si guarda».

 

 

Fernanda Pivano e

Toni Morrison

Milano, 1983

© Maria Mulas