Là dove dormono i dogi

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Sui monumenti funebri a Venezia un sontuoso volume extra-large

di Roberto Curci

 

Ai tantissimi che amano Venezia e l’arte, e dunque l’arte veneziana in specie, e che si ritrovassero per caso in tasca un’insospettata settantina di euro d’avanzo e volessero spenderla bene, è lecito dare un consiglio da amico. Corrano in libreria ad acquistare il sontuoso volume extra-large intitolato I monumenti dei Dogi. Sei secoli di scultura a Venezia (Marsilio-Regione Veneto, 357 pagine) firmato da Toto Bergamo Rossi, ma con un eccellente testo introduttivo di Marino Zorzi, che al Doge «da magistrato bizantino a monarca costituzionale» dedica pagine fitte di storia grande e piccina, e per molti versi sorprendente.

Che le chiese veneziane, oltre a racchiudere tesori d’arte pittorica e scultorea, ospitino anche i monumenti funebri di molti dei massimi reggitori della Serenissima, è piuttosto noto. Fra tutte, spicca quella dei Santi Giovanni e Paolo (San Zanipolo), che a Venezia equivale a ciò che Santa Croce è per Firenze, benché sull’Arno sepolcri e cenotafi siano devoluti – come si sa – a personaggi più che insigni della storia e della cultura italiane.

A San Giovanni e Paolo spetta invece l’onore e il primato di aver dato superba sepoltura  a una ventina e più di dogi vissuti tra il 1200 e il 1700, con ciò superando perfino la basilica di San Marco, e inoltre – nell’ordine – la basilica di San Giorgio Maggiore, quella dei Frari e la chiesa di San Francesco della Vigna: sepolcri che sono, assai spesso, capolavori d’arte scultorea, invisibili o indecifrabili per i visitatori che per quel tempio si aggirino senza avere il modo o l’agio (questioni di luce o di penombra, e di distanza dai monumenti, talora sospesi lungo le pareti perimetrali) di assaporare la bellezza delle effigi statuarie, la finezza dei ricami marmorei  e delle policromie, l’armonia dei baldacchini e delle nicchie, dovute alla manualità e al gusto di scultori illustri: dai Lombardo (Pietro, Antonio, Tullio)  ad Antonio Rizzo, da Sansovino a Vittoria e a Longhena.

I monumenti che in quella e in altre basiliche, ma anche in molte chiese minori, risultano dunque inavvicinabili si offrono in questo volume nello splendore di immagini fotografiche piùccheperfette, che indagano ogni dettaglio della singola opera, riportando in vita – si direbbe – i centoventi dogi (guerrieri, politici, letterati, perfino un santo, Pietro Orseolo) che vi giacciono e che nel loro succedersi riassumono la storia millenaria della Repubblica di Venezia: dalla nomina del primo dux, che si perde nelle nebbie del tempo e della leggenda, alla data fatale del 12 maggio 1797, quando l’ultimo doge, Ludovico Manin, fu costretto ad abdicare in favore dei francesi.

Da notare che nella maggior parte dei casi questi magnifici monumenti erano commissionati direttamente dal doge stesso o dalla sua famiglia: sicché i sepolcri offrivano una rara opportunità di autorappresentazione del potere e del prestigio connessi alla carica dogale, con investimenti che potevano superare perfino quelli profusi nell’erezione delle tombe dei Papi a Roma.

Se a Bergamo Rossi, direttore della Fondazione Venetian Heritage, si deve la nota introduttiva del volume e la cura delle minuziose descrizioni della cronologica sequenza di monumenti, a Zorzi spetta il compito di illuminare, in un saggio di dotta divulgazione storica, quella che fu sempre una carica ambitissima tra il patriziato veneziano, benché comportasse «molti oneri e ben pochi vantaggi pratici», oltre che il rischio di cadere vittima dei rivolgimenti dovuti ai continui colpi di stato, alle congiure e ai tradimenti, in epoche squassate da un’endemica violenza politica.

«Lotte feroci sconvolgevano la vita nelle lagune» scrive Zorzi, e ci vollero secoli prima che le elezioni e le successioni dei dogi avvenissero senza spargimenti di sangue. Ricorda ancora Zorzi che dall’assassinio del doge Orso nel 737 «fino al 1032 su ventinove dogi solo otto morirono di morte naturale: uno morì in guerra, tre furono assassinati, quattro abbacinati (triste rito bizantino) e deposti, cinque rinunciarono, otto furono mandati in esilio».

Tanta truce storia, insomma, dietro tanta meraviglia d’arte.

 

 

Copertina:

 

Toto Bergamo Rossi

I monumenti dei Dogi

Sei secoli di scultura a Venezia

Marzsilio, Venezia 2020

  1. 352, euro 70,00