La mafia insegnata ai ragazzi

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Einaudi Ragazzi pubblica una collana intitolata Semplicemente eroi

di Anna Calonico

 

Terra di lava e di sale, terra di spine, terra di sassi

Terra di sud ingannata, terra dei cento passi!

Libera il sole, libera il vento

Libera l’acqua che corre

Libera il cuore e il braccio

Libera mente in libera terra

Libera il seme, libera il grano

I frutti della resistenza

Liberi olio e vino

Liberi i campi della violenza.

(Modena City Ramblers, Libera terra)

 

 

Da pochi anni, la casa editrice Einaudi Ragazzi ha inaugurato una collana di volumetti per i giovani intitolata Semplicemente eroi: i testi che ne fanno parte parlano ognuno di un personaggio coraggioso che con le sue azioni e la sua forza, ma soprattutto con le sue convinzioni, ha in qualche modo tentato di cambiare in meglio il mondo che lo circondava. In poche parole, un eroe: quello che forse manca in questi giorni, quello di cui hanno bisogno i ragazzi per crescere. Non stiamo parlando di supereroi che possono saltare da un palazzo all’altro appesi ad un ragnatela, che appaiono nella notte annunciati dall’ombra di un pipistrello nel cielo, e nemmeno di quelli che hanno unghioni di adamantio. Non hanno superpoteri: sono (o erano, purtroppo) persone vere, perché anche nella realtà ci possono essere eroi, esempi da conoscere e ricordare.

Tra i titoli già pubblicati, ce ne sono due di affini, che trattano lo stesso spinoso argomento: la mafia. Sono Peppino Impastato una voce libera (Einaudi ragazzi, 2017, pp. 126, € 10, dai 9 anni) di Davide Morosinotto (di cui Il Ponte rosso ha presentato Franco Basaglia, il re dei matti e che attualmente è tra i finalisti al Premio Strega Ragazzi + 11 con Voi) e Don Ciotti un’anima libera (Einaudi Ragazzi, 2019, pp.136, € 10, dai 9 anni) di Luca Azzolini, e parlano di due eroi che hanno osato alzare la voce contro la criminalità.

Argomento abbondantemente trattato dal cinema, non soltanto con la saga del Padrino ma, ad esempio, con il film di Marco Tullio Giordana I cento passi che racconta, appunto, di quelle cento pedate sull’asfalto tra la casa di Peppino Impastato e quella di Tano Badalamenti, viene ora giustamente presentato anche ai giovani. Allora dimmi se tu sai contare, dimmi se sai anche camminare, contare, camminare e insieme cantare la storia di Peppino e degli amici siciliani. Allora 1, 2, 3, 4, 5, 10, 100 passi! Questi sono invece versi della canzone dei Modena City Ramblers che porta lo stesso titolo del film. Fatela ascoltare, ai vostri figli: è una canzone gioiosa, anche se si riferisce a una morte orrenda. E poi fate loro leggere il libro di Morosinotto:

In Sicilia il cielo è un po’ più azzurro che negli altri posti.

I profumi sono un po’ più intensi.

Il cibo è un po’ più buono.

Le persone invece sono come da tutte le altre parti: a volte sono brave, a volte no. A volte stanno zitte, oppure gridano.

Ma capita ogni tanto che tra tutte quelle voci se ne alzi una un po’ speciale. Una Voce capace di farsi sentire nella confusione e di spezzare il muro compatto del silenzio. (p.5)

Comincia così il racconto su Peppino Impastato, narrato in prima persona da un ragazzino, Totò, che incontra Peppino e ne rimane affascinato. E impara da lui il senso di giustizia, l’importanza di ribellarsi alle cose sbagliate, il dolore e la rabbia per una morte ingiusta per mano della mafia.

Essendo un libro per ragazzi, per qualcuno potrebbe essere troppo audace perché scrive, più volte, una parolaccia che, certo, tutti i genitori vorrebbero non sentire sulla bocca dei propri pargoli, ma trovo che quella parolaccia sia uno dei punti a favore del libro:

LA MAFIA È UNA MONTAGNA DI MERDA!

Così. Una parolaccia. Tutto maiuscolo e con tanto di punto esclamativo. Non avevo mai visto niente di tanto ribelle. E assurdo. E fantastico. (pp.28-29)

Proprio così. Perché la mafia non è una cosa brutta, è davvero una montagna di merda. Ditelo, ai vostri figli, insegnateglielo. La lettura deve divertire, ma può anche insegnare: fatele leggere quelle due paginette in cui Totò cade dalle nuvole rosa su cui viveva per crollare in un mondo cattivo, ingiusto, brutale.

Inutile spiegare la trama del libro: il protagonista Totò è soltanto un pretesto per narrare ancora una volta una storia conosciuta, quella di un uomo di trent’anni, figlio di un mafioso, che trova il coraggio di ribellarsi alla mafia, di dire no al destino che altri avevano già deciso per lui e per tutta Cinisi, per tutta la Sicilia. Peppino dice no a Tano Badalamenti e lo grida attraverso le frequenze di una radio amatoriale finché, mentre l’Italia piange sconvolta Tommaso Moro, viene ucciso e fatto saltare in aria sui binari. Tentato suicidio, si dirà. In fondo è vero. Peppino si è suicidato opponendosi alla mafia, ma in questo modo ha dato la forza e la voce a milioni di altre persone: Così, l’11 aprile 2002, ventiquattro anni dopo la morte di Peppino, la Corte d’Assise di Palermo emise finalmente una sentenza. E decretò che Peppino non era mai stato un terrorista, e invece era stato ucciso per ordine del boss mafioso Gaetano Badalamenti, che venne condannato all’ergastolo.

Io ero lì quando successe. In aula. Insieme ai miei cugini e agli altri amici di un tempo.

Ricordo che piansi.

Pensai che aveva vinto la Voce.

E in fondo avevamo vinto anche noi. (p. 126)

La Voce, con la V maiuscola: soprattutto questo viene ricordato di Impastato nel libro di Morossinotto: la voce che parlava, gridava, sbeffeggiava, condannava. La voce che, sola tra tutti, aveva il coraggio di dire le cose come stanno.

Il testo di Azzolini invece è più consono agli standard voluti dai più: per Iuccia, la ragazzina protagonista, la mafia è soltanto uno schifo. La mafia le ha rubato il padre, incarcerato e svergognato, ha rubato la dignità alla sua famiglia, additata come mafiosa, e ora le ha rubato il fratello: La mafia sa infiltrarsi dappertutto, ha interessi ovunque! È nei traffici di esseri umani che arrivano dalle coste dell’Africa. È nel riciclo di denaro sporco. È nel ricatto. È nella corruzione. È nei gesti di violenza! […] È una mattanza di uomini perbene, proprio come don Puglisi, è nel Nord dell’Italia ed è in tutta Europa, senza distinzioni: non è un’esclusiva del Sud. Non credere a chi ti dice questo, perché sta mentendo! È violenta, spesso. Ma può essere anche scaltra e sommersa. (p. 82)

La storia di Iuccia, con suo fratello Neno e l’amico Michele, si intreccia a quella di Luigi, da quando era un bambino e ha subìto le prime ingiustizie e ha conosciuto la povertà estrema, fino a quando è diventato don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, e ha incontrato proprio Iuccia.

Se quella di Peppino Impastato è una storia già conosciuta e già raccontata, quella di Libera è sotto gli occhi di tutti ancora adesso perché, fortunatamente, don Ciotti è vivo e attivo, partecipe anche alla vita social e televisiva. Don Ciotti è un eroe di adesso, Peppino è rimasto nell’immaginario collettivo con la foto che lo ritrae davanti a Radio Aut, ma entrambi sono due Voci che si ergono contro la mafia e che meritano di essere ricordati ai ragazzi.