L’amore danza sull’abisso

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Un nuovo romanzo di Alessandro Mezzena Lona

di Francesca Schillaci

Quando si nomina Italo Svevo si pensa alla psicanalisi, al tema del doppio e ai tre romanzi che hanno cambiato la letteratura italiana: Una vita, Senilità, La coscienza di Zeno.
Per la prima volta, un autore come Alessandro Mezzena Lona non si è limitato alla ridondante retorica che affossa il creatore di Zeno Cosini all’interno dei soliti canoni ormai mummificati, ma ci ha accompagnato dentro una lettura che sgancia l’uomo sveviano dal passato e lo libera dal suo riscatto.
L’amore danza sull’abisso è un noir di fantasia sopraffina dove gli elementi determinanti la storia si intersecano tra di loro in una triade esistenziale che, finalmente, rompe il romanticismo obsoleto del doppio. L’autore ci regala tre prospettive in un unico uomo: Ettore Schmitz, il commerciante sul piroscafo Venus in viaggio verso Murano, città fantasma di ombre e nebbia che fa da scenografia ideale per sottolineare il tormento dell’estraniazione che Ettore vive quotidianamente quando deve «fingere un’allegria esagerata. Vestire i panni del buffone» per autoconvincersi che il lavoro della ditta commerciale di famiglia sia la strada giusta da percorrere. Ma questa recita non gli basta mai, perché Italo Svevo è già stato creato, da lui stesso, nelle tre opere che l’hanno consegnato al mondo, il quale pare infischiarsene delle sue letterature, ma nonostante tale indifferenza Italo Svevo lo scrittore non può trascendere la sua vocazione, divenuta quasi una condanna a cui è impossibile sottrarsi: «Vivere, che mestiere complicato. Soltanto scrivere è più difficile». A far coesistere in una contraddizione costante questi due uomini vestiti dello stesso abito “grigio scuro” è la Coscienza dell’uomo sveviano a cui Alessandro Mezzena Lona consegna un’identità: è l’altro da sé che osserva, bilancia e concede ai due opposti necessari all’esistenza del terzo la possibilità di esistere e di liberarsi per sempre dalla condanna esistenziale della messa in dubbio, dell’essere sempre «il più grande tormentatore di se stesso», un estraneo nella propria dimensione che rincorre e interroga la propria identità frammentata. L’amore danza sull’abisso è il dono di liberazione alla Coscienza di Ettore il commerciante e di Italo Svevo lo scrittore su un’isola che non c’è, quasi a voler sacralizzare la tanto attesa e agognata assoluzione dei fantasmi passati.
E se di triade si può osare ancora parlare, è impossibile non notare la costellazione femminile che caratterizza il cuore pulsante del romanzo: nella vita di Ettore ci sono tre donne che rispecchiano esattamente ogni aspetto della sua identità tanto maltrattata: Olga, la suocera severa che controlla ogni gesto del genero per assicurarsi che non si distragga di nuovo con quell’«affare in perdita, ridicolo e dannoso su cui possono scommettere solo i fannulloni» come la letteratura, rappresenta il riflesso di Ettore commerciante ligio al lavoro che ogni giorno annulla e aliena la vocazione di scrittore. A creare un contrappunto delicato fatto di affetto, costanza e riservata stima c’è la moglie Livia a cui deve ogni sostegno della sua anima traballante e friabile, la voce di quella Coscienza così difficile da sentire, per quanto perennemente presente. Ma un uomo che si possa definire veramente completo nel suo vissuto, non può vivere soltanto di amori coniugali e conformismo professionale richiesto da un sistema che vuole tutti uguali, soprattutto se quest’uomo è anche uno scrittore. Alessandro Mezzena Lona resuscita Angiolina, la protagonista di
Senilità, e rispolvera la femme fatale pronta finalmente a languire tra le braccia di Ettore, il suo salvatore, l’antieroe che in realtà nessuno salva se non se stesso dall’oblio e dalla rinuncia ad un amore sottratto dal tempo e dal buon gusto per poi sposare Livia, così simile alla sua Angiolina nell’apparenza, ma così lontana dalla bellezza ammaliante che un tempo aveva condannato Ettore alla perdita di questa donna che «si muoveva con la grazia e la sicurezza di una tigre. Alta e forte, sinuosa e consapevole del proprio corpo, il volto illuminato dalla vita, sembrava capace di controllare perfettamente le emozioni». Angiolina è la passione bruciante, la scrittura rivoluzionaria, il desiderio inconfessabile e inconciliabile con la sua vita di commerciante. Chi muore e chi uccide risulta quasi irrilevante nel noir di Mezzena Lona, poiché l’opera si eleva a lirica al grande Svevo, sia come uomo, come scrittore e come Coscienza vivente ancora oggi dentro le nostre fantasie, le stesse che l’autore ha tradotto in una sorta di riscatto, un vuoto a rendere simile ad un’ampolla colma, però, di quella alchimia sveviana che l’autore consegna alla storia della letteratura come un sigillo di garanzia.