MISCELLANEA POSTVENEZIANA
Alcuni buoni film (tre italiani e due francesi) usciti tra settembre e ottobre

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filmDopo il Festival veneziano, mediocre per i ‘colori’ italiani, cerchiamo di consolarci con alcuni buoni film (una scorpacciata, tre italiani e due francesi) usciti tra settembre e ottobre: innanzitutto con Non essere cattivo, di Claudio Calegari, che non è stato accettato al Festival di Venezia ma adesso è candidato all’Oscar quale miglior film straniero (no comment); poi con La bella gente, di Ivano De Matteo, premiato al Festival di Annecy quattro anni fa e solo adesso visto in patria (no comment); con Viva la sposa, di Ascanio Celestini. E poi, finalmente fuori dai confini italici: Dheepan, di Jacques Audiard, Palma d’Oro al Festival di Cannes, La legge del mercato, di Stephane Brizé, migliore interpretazione maschile a Vincent Lindon a Cannes:

Non essere cattivo, di Claudio Calegari (2015 – morto poco dopo la fine del film). Ostia, periferia romana, Vittorio e Cesare sono due amici, sottoproletari, ma non esiste più la periferia romana idealizzata pasoliniana: il degrado è totale, amorale, i due vivono di espedienti, si drogano di continuo, bevono e si azzuffano con altri sbandati come loro. Cesare (Luca Marinelli, irriconoscibile dopo La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo), irrecuperabile, vive con la vecchia madre e accudisce la nipotina ammalata, la cui madre è morta di Aids. Vittorio (Alessandro Borghi) cerca di uscirne attraverso un lavoro e l’amore per Linda. Entrambi, volenti o nolenti, condizionatissimi, quasi sempre tirano fuori il peggio di loro stessi ma soprattutto di quell’ambiente ai limiti della sopravvivenza. Eppure v’è in loro una voglia di vivere, un’energia vitale, una fame di rivalsa, i cui fini sono, drammaticamente, poco definiti. Crudo realismo al servizio di eccellenti interpretazioni (la mano del regista, autore di due cult-movie come Amore tossico, 1983, e L’odore della notte, 1998), tanto che alla produzione ha voluto partecipare anche un eccellente attore come Valerio Mastrandrea.

La bella gente, di Ivano De Matteo (2011). (Suoi anche: Ultimo stadio, 2002; Crimini 2 – Niente di personale, 2009; Equilibristi, 2012; I nostri ragazzi, 2014). Una coppia di borghesi intellettuali di sinistra (Antonio Catania e Monica Guerritore) dà rifugio nella casa di campagna a una prostituta (Victoria Larchenko), raccolta dalla strada. Emergono subito ipocrisie e miserie della coppia, del figlio studente con fidanzata (Elio Germano e Myriam Catania) e dei vicini di casa ricchi e cafoni. Il tono generale è un’acredine verso questi borghesi, accompagnata più da compassione che da disprezzo: borghesi si nasce. Molto buone la sceneggiatura di Valentina Furlan (moglie del regista) e tutte le interpretazioni attoriali.

Viva la sposa, di Ascanio Celestini (2015), visto alla ‘Settimana degli Autori a Venezia’ e coprodotto dai bravissimi fratelli belgi Dardenne. Celestini (attore, regista, drammaturgo ‘unico’) ogni tanto sente il bisogno di cimentarsi anche con la macchina da presa (Parole sante, 2007 – La pecora nera, 2010) ed eccoci a Viva la sposa. Siamo sempre nella periferia romana (siamo dalle parti di Cinecittà, è proprio vero, questa città non ce la fa, continua a decadere) ma non è la periferia di Calegari: i protagonisti sono, più o meno, gli stessi, beoni e truffatori, prostitute e ‘pappa’, falliti e illusi, ma… l’approccio è un altro, è quello celestiniano! Cioè? Cioè malinconico, fatalista ma non disperato, dolente ma non vinto, e tutti i personaggi, tanti, si barcamenano senza troppo clamore, con una ‘filosofia’ tutta romanesca, per tirare avanti. Tra questa umanità c’è anche l’americana, che gira l’Italia vestita da sposa. Con Alba Rohrwacher, generosa per le sue tante interpretazioni.

Dheepan, di Jacques Audiard (ricordiamo gli ultimi film: “Tutti i battiti del mio cuore”, 2005 – “Il profeta”, 2009 – “Un sapore di ruggine ed ossa”, 2012). E qui siamo dalle parti del capolavoro. Dheepan è un profugo dello Sri Lanka, dove ha combattuto nella guerra civile come tigre Tamil. Vuole espatriare e per farlo finge di avere famiglia con la giovane Yalini, una rifugiata ‘economica’, e l’orfana di guerra di nove anni Illayaal. Arrivati in Francia prima fa il venditore ambulante, poi riesce ad ottenere un posto di guardiano in un condominio della periferia di Parigi. La finta famiglia crede di rinascere ma nella banlieu parigina la guerra continua, tra gang di spacciatori in conflitto. Ma ciò non impedisce che tra Dheepan e Yalini nasca un amore e che quella bambina ‘adottata’ diventi, di fatto, una figlia. Si tratterà, allora, di difendere una famiglia appena nata ma vera; prima costruendo una specie di ‘muro’ protettivo, poi, dopo inutili sforzi, tornare a fare ciò che aveva già fatto: impugnare le armi, questa volta per una causa giusta. Il finale sarà violento ma l’atmosfera complessiva è amorosa e struggente (e ricorda un altro film di Audiard, Un sapore di ruggine e ossa, visto recentemente alla televisione), fino a ricorrere a scene oniriche (l’ex soldato sogna un elefante, quale simbolo di saggezza), tale è il bisogno di una redenzione, di una vita diversa, di uscita da quello che potrebbe essere un destino segnato.

Il merito più grande del film è l’equilibrio tra il film d’autore e lo spettacolo popolare, in funzione di un pubblico intelligente, pronto ad apprezzare la storia in tutte le sue sfumature.

La legge del mercato, di Stephane Brizé. Thierry (Vincent Lindon) è un uomo maturo, disoccupato da due anni (una moglie e un figlio disabile), che riesce a sopravvivere malgrado le umiliazioni e i compromessi. Finalmente trova un lavoro in un supermercato e vede di tutto: persone anziane rubare cose di pochi euro. Che fare? Denunciare o rischiare il licenziamento? Il film è secco, duro, interpretato anche da veri e propri lavoratori, attori non professionisti dunque, e si vede e si sente come Vincent attore sia anche uomo ‘politico’, abbia interpretato e coprodotto il film non a caso: “Ma più che in un partito credo in una politica associativa. Preferisco battermi per quindici organizzazioni insieme che per un uomo solo”. (Il Venerdì di La Repubblica, 24 ottobre). Per lui il film, con tutti i suoi colleghi, è un’operazione politica, bella.

Probabilmente a Cannes è stato premiato anche per questo.