La mente liquida

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di Giuseppe O. Longo

 

 

Da millenni l’uomo costruisce strumenti, dispositivi e macchine per comprendere e modificare l’ambiente, ma questa è solo metà della storia, perché a loro volta gli strumenti esercitano una forte retroazione sull’uomo, tanto che si può parlare di una vera e propria ibridazione o simbiosi uomo-macchina. Questa retroazione modifica certe caratteristiche umane, potenziandone alcune e indebolendone altre. In questo senso ogni strumento agisce come un filtro, quindi non ha un effetto di rafforzamento assoluto: ciò è molto evidente nel caso dell’informatica, che tende a esaltare le capacità analitiche e comunicative, ma a scapito di quelle espressive. Nel mondo artificiale che ci stiamo costruendo intorno, gli aspetti formali dell’attività mentale e del sapere sono sempre più importanti; vi è addirittura la tendenza a identificare l’intelligenza umana con le sue componenti razionali e computanti.

Ciò è dovuto alla trasformazione del nostro ambiente: gli aspetti logici dell’intelligenza umana, che in passato avevano scarso valore di sopravvivenza, sono diventati sempre più importanti, e proprio per effetto delle modifiche sociali e ambientali indotte dalle “tecnologie della mente”: la scrittura, la stampa, il calcolatore, internet, le intelligenze artificiali, i robot. Paradossalmente, proprio nel momento in cui gli aspetti logici e razionali diventano importanti, li deleghiamo alle macchine, rafforzando la nostra simbiosi con esse e soffrendo per la loro manifesta superiorità, potenza, velocità.

Al tema degli effetti che ha sulla nostra mente l’interazione con gli strumenti il roboticista dell’università di Trieste Paolo Gallina ha dedicato di recente La mente liquida, che riprende e approfondisce un tema affiorato alcuni anni fa, quando ci si è accorti che i cosiddetti “nativi digitali” sviluppavano connessioni cerebrali diverse rispetto agli “immigrati digitali” e quindi fanno tutto in modo diverso. Insomma, per effetto dell’interazione con i dispositivi digitali i neuroni si potenziano o s’indeboliscono, attivano certe connessioni e ne abbandonano altre. È un effetto della “neuroplasticità”, per cui, come dice Gallina, “la struttura del cervello è simile a una materia liquida e viscosa, capace di riplasmarsi”. E oggi l’ambiente è gremito di macchine, il cui rapporto con la mente è diventato fondamentale. L’interazione uomo-macchina è sempre più frequente e, come tutti i fenomeni complessi, esige uno studio multidisciplinare, a livello tecnologico, psicologico e sociologico.

Come si è accennato, ogni strumento è un filtro e il suo uso comporta una delega tecnologica sempre più spinta e porta alla “fossilizzazione” di certe capacità, fenomeno di cui non si è sempre consapevoli. Per esempio, mentre ci rendiamo benissimo conto di non saper più fare a mente certi calcoli anche elementari perché li abbiamo delegati alle calcolatrici, e di non ricordare neanche il nostro numero di telefono perché l’abbiamo affidato alla memoria dell’onnipresente smartphone, molto più subdola è l’influenza delle macchine (cioè degli algoritmi) nell’orientare le nostre scelte in materia di libri, spettacoli, merci varie. E a questi algoritmi noi stessi affidiamo incautamente e inconsapevolmente, ogni volta che usiamo la rete, i nostri dati personali e le nostre propensioni sessuali, politiche, religiose e via elencando. In questo mare magnum in cui regnano le reti sociali e in cui rischiamo di naufragare senza nemmeno il conforto di Leopardi e della sua siepe, Gallina ci guida con competenza e ironia, alternando informazioni su risultati scientifici e aneddoti tratti dall’esperienza quotidiana.

 

 

Paolo Gallina

La mente liquida

Dedalo edizioni, Bari 2018

  1. 290, euro 17,50