LA SEDICESIMA VOLTA DI PORDENONE

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Oltre trecento eventi nel capoluogo della Destra Tagliamento

Walter Chiereghin

 

Gli organizzatori ci lavorano tutto l’anno, ma la parte emersa dell’iceberg, quella che viviamo come visitatori di questo Paese dei balocchi della scrittura dura soltanto dal mercoledì (il 16 settembre) alla domenica (il 20) e in quella manciata di memorabili giornate sono stati messi in cantiere quest’anno, nella sedicesima edizione di Pordenonelegge, oltre trecento eventi, tra dialoghi, lezioni magistrali, interviste, reading, spettacoli, percorsi espositivi.

Sotto i riflettori alcuni protagonisti delle scene letterarie nazionali e internazionali, ma anche molti autori che sono pervenuti alla ribalta editoriale senza seguire l’accidentato percorso implicante la fatica di farsi largo con la sola forza dei propri versi o delle proprie prose, avendo imboccato la più agevole scorciatoia del mondo dello spettacolo e particolarmente dell’intrattenimento televisivo. Tra questi, personalità di largo seguito, capaci di interessare un pubblico anche smaliziato ed esigente, come Serena Dandini o Dario Vergassola.

Altra categoria molto rappresentata quella dei giornalisti, anche qui tanto più noti al grande pubblico quanto più spesso si esercitano nei salotti televisivi. Concita de Gregorio, Massimo Gramellini, Daria Bignardi, Ferruccio De Bortoli, per dirne tre dei più onnipresenti. Ma naturalmente ve ne sono altri, in questo mestiere oscillante tra giornalismo e letteratura (o storia, o sociologia, o economia) che vivono anche al di fuori degli studi televisivi, come fanno ad esempio Mario Calabresi, direttore de La Stampa o Federico Rampini, corrispondente di Repubblica da New York, che ha pubblicato quest’anno L’età del caos, seguito del suo fortunato All You Need is Love, col quale lo scorso anno mise dentro a le segrete cose dell’economia i suoi lettori, come pure gli spettatori di un suo piacevole spettacolo teatrale basato sulla storia dei Beatles, pretesto, in effetti, per parlare della storia economica delle società occidentali dal dopoguerra ai giorni nostri.

Fra gli autori che devono la loro notorietà a meriti acquisiti anche al di fuori del mondo editoriale in senso stretto, spiccava quest’anno la figura di uno dei massimi cantautori del nostro presente, Roberto Vecchioni, che contende a Francesco Guccini il primato in un agire poetico che ha avvinto più di una generazione. A lui, al suo lavoro di scrittore, Anna Calonico dedica un’appassionata recensione in queste stesse pagine.

Impossibile in questo ristretto spazio dar conto di presenze così numerose che anche solo un’enumerazione rischierebbe di risultare del tutto improduttiva e probabilmente anche incompleta. Bisognerà però accennare perlomeno ad alcune delle più significative personalità straniere che hanno offerto una visione internazionale del presente letterario e saggistico, a cominciare da Daniel Pennac, l’autore dell’irresistibile personaggio che è stato, in un ciclo di romanzi che sono fioriti in tutti gli anni Novanta del secolo appena trascorso, Benjamin Malaussène e del microcosmo che attorno a lui gravitava. Di professione “capro espiatorio”, lo stralunato protagonista è anche il capo di una piccola tribù altrettanto stralunata che si aggira nel multietnico quartiere parigino di Belleville. A Pennac è stato conferito l’incarico di inaugurare questa edizione del festival, nella serata del 16 settembre al Teatro Verdi.

Oltre a lui, altre importanti presenze di livello internazionale, quali Emmanuel Carrère, scrittore francese di successo, che nei suoi ultimi romanzi ha affrontato temi storici, impiegando la sua straordinaria capacità affabulatoria per raccontare la Russia del dopoguerra attraverso la figura di Eduard Limonov e, più recentemente, il Cristianesimo delle origini, seguendo gli avventurosi viaggi di san Luca e san Paolo. A lui è stato conferito il “Premio FriulAdria La storia in un romanzo”, nato dalla collaborazione fra Pordenonelegge e la manifestazione goriziana èStoria.

E ancora Ágnes Heller, filosofa ungherese, allieva e poi collaboratrice di György Lukács all’Università di Budapest e l’iraniana Azar Nasfisi, anglista, autrice del best seller Leggere Lolita a Teheran, entrambe oggetto nelle pagine seguenti di un approfondimento ad opera di Serenella Dorigo.

Per passare da uno scenario internazionale a uno regionale, uno spazio è stato riservato a “Trieste attraverso i confini”, una maratona (il termine sarà piaciuto, immaginiamo, a Covacich) di lettura che ha visto impegnati i ragazzi del liceo Leopardi-Majorana di Pordenone alle prese con i testi di poeti triestini o di area giuliana. Tre di questi, Claudio Grisancich, Miha Obit e Jurij Palik hanno dato luogo a un intenso scambio di vedute e di testi concernenti la visione di Trieste e la memoria del confine che per lunghi anni la serrava alle spalle, vissuta in maniera problematica tanto da Grisancich, autore di cultura e lingua italiana, quanto dagli altri due, che di norma si esprimono in sloveno. Nel medesimo spazio riservato a Trieste ed ai suoi confini è stato ospitato lo storico Fabio Todero, lo scrittore Mauro Covacich, curatore per Bompiani di un’edizione di opere scelte di Pierantonio Qarantotti Gambini, e Federica Manzon, a sua volta curatrice di un altro volume della Bompiani, I mari di Trieste, nel quale dieci scrittori triestini, tra cui Gillo Dorfles, Mauro Covacich, Boris Pahor, Claudio Magris, Pietro Spirito, Claudio Grisancich, Alessandro Mezzena Lona, Veit Heinichen e Pino Roveredo narrano il loro rapporto col mare che bagna la città e il suo territorio, rievocando memorie di giornate vissute negli stabilimenti balneari o sulle spiagge libere, oppure prendendo lo spunto da tali ambientazioni per inventare una storia, com’è stato nel caso di Mary Barbara Tolusso. Anche di questo libro parleremo in queste pagine, attraverso la lettura che ne ha fatto Cristina Benussi.

Sempre nell’area “triestina” del festival, la presenza di Pietro Spirito, giornalista e scrittore, per parlare del suo libro Nel fiume della notte, nel quale ci si addentra nella conoscenza di uno dei fiumi più misteriosi del mondo, il Timavo, libro che è in questo stesso “speciale” è oggetto dell’attenzione di Marina Silvestri.

Nello sterminato programma di Pordenonelegge è individuata un’altra area omogenea per contenuti (della quale pure tentiamo di offrire una sintesi con un articolo di Anna Calonico), un progetto che gli organizzatori hanno chiamato “Viaggio in Italia” e nasce da una esigenza molto evidente. “La globalizzazione fa sempre più somigliare i luoghi l’uno all’altro. Cambiano le città ma i negozi sono identici, identica la cartellonistica e le modalità di ristorazione. Grandi catene alberghiere o grandi marche di abbigliamento illuminano le piazze con i loro neon pubblicitari. Perfino i sapori sono simili ovunque, le medesime merci vengono vendute, con minime variazioni, nei supermercati di tutto il mondo. Assistiamo quindi a una colonizzazione del paesaggio e dell’immaginario, a cui da tempo si stanno cercando dei contravveleni per restituire la specificità ai singoli luoghi. Una delle risposte possibili è di considerare questi luoghi come paesaggi narrativi, recuperandone quindi l’identità attraverso la narrazione. Cosa è infatti una città se non un incrocio, un intreccio di storie, che nel corso di centinaia d’anni hanno sedimentato passioni, amori ed emozioni, che considerate insieme formano la linea rossa di uno specifico carattere? Se viviamo in un luogo abbiamo bisogno di narrarlo, non per confermare ciò che già sapevamo, ma per scoprirlo. Un luogo infatti si scopre solo attraverso la linfa della narrazione”. Pordenonelegge lo fa attraverso i libri di otto scrittori, Guido Conti, Mauro Corona, Giuseppe Culicchia, Loredana Lipperini, Massimo Onofri, Antonio Pascale, Sandra Petrignani e Tiziano Scarpa, che raccontano “altrettante città e luoghi italiani, appuntando il loro sguardo su elementi marginali ma carichi di significato, su memorie, scorci, provocazioni che possano restituire al pubblico una città per ciò che è in realtà: un luogo dove i destini umani si perdono e si ricompongono in un gioco fantasmagorico di storie”.