La Slovenia nei manifesti

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Cartellonistica d’autore da Treviso a Lubiana: la Collezione Salce alla Narodna galerija della capitale slovena

di Luca Caburlotto

 

Una piccola scoperta e una bella sorpresa. Insieme al piacere di apprezzare questi fogli sempre gradevoli e spesso di notevole qualità, sono stati questi i sentimenti più diffusi all’inaugurazione della mostra La Slovenia nei manifesti della Collezione Salce / Slovenija na plakatih zbirke Salce alla Narodna galerija di Lubiana lo scorso 30 ottobre.

L’esposizione presenta 51 affiche appartenenti al Museo nazionale Collezione Salce di Treviso, afferente al Polo museale del Veneto, formatosi grazie alla donazione di quasi 25 mila esemplari da parte di Ferdinando (Nando) Salce (Treviso 1878-1962) allo Stato italiano nel 1961. La vastissima collezione, completamente catalogata, offre non solo la possibilità di conoscere i grandi maestri della grafica novecentesca, ma anche di esplorare gli infiniti temi della società, della cultura, dell’economia e della politica che hanno generato i manifesti raccolti. La mostra presenta una selezione del nutrito gruppo di manifesti riguardanti la Slovenia identificati al suo interno, realizzati fra il 1910 e gli anni Cinquanta del secolo scorso.

Interessante la produzione di affiche in italiano con fini di promozione turistica, che manifestano un’inaspettata attenzione a un territorio che, riscoperto solo dopo la stagione del disgelo tra est ed ovest, era tuttavia apprezzato dai turisti italiani, ai quali erano dunque rivolte: ecco allora le due coppie identiche, differenti solo nella lingua (italiano e croato), Visitate la Slovenia / Posjetite Sloveniju del 1938 e Slovenia Luoghi di villeggiatura Bagni di cura Paesaggi alpestri / Posjetite Sloveniju Lietovališta Kupališta Planine di Eugen Šajn, risalente al 1939. Se la dizione in croato non comprende ovviamente la specificazione che si tratta di Jugoslavia, questa è presente nel manifesto in italiano, dove tuttavia è evidente come la Slovenia si autorappresenti nella sua autonoma identità: espressione di una attenzione alle diversità presenti all’interno della Jugoslavia, conservata anche dopo la seconda guerra mondiale nel contesto della Federazione delle Repubbliche Socialiste di Jugoslavia, e valutabile anche in altri manifesti destinati solo al pubblico di lingua slava: attenzione che fu uno dei mezzi, sebbene accompagnato anche da ben altri strumenti, grazie ai quali il maresciallo Tito seppe conservare l’unità dello Stato.

Molto particolare il caso delle grotte di Postumia: passata dall’Impero asburgico al Regno d’Italia con il Trattato di Rapallo del 1920, la città, precedentemente nota nella letteratura italiana con il nome tedesco Adelsberg o quello sloveno di Postojna anche italianizzato Postoina, con regio decreto 29 marzo 1923, n. 800, sulla riorganizzazione della toponomastica, viene denominata ufficialmente Postumia, divenendo nel 1935 Postumia Grotte.

Accade così che subito dopo il 1920 Franz Lenhart (1898-1992) pubblica il manifesto Le Grotte di Adelsberga Postumia e tra il 1927 e il 1929 quello riportante le Reali Grotte di Postumia: nel cambio del nome si legge l’involuzione politica italiana del momento, che prima conserva pur italianizzato portandolo al femminile il nome tedesco, affiancandolo a quello italiano, poi lo elimina lasciando solo quest’ultimo.

Rilevante la figura dell’artista, pittore e disegnatore austriaco naturalizzato italiano, uno dei maggiori esponenti della cartellonistica pubblicitaria in Italia nella prima metà del Novecento, gran parte della quale ebbe come oggetto le località turistiche delle Dolomiti. Nelle opere in mostra, la suggestione illustrativa e teatrale, derivante da un sublime romantico addomesticato a fini di promozione turistica, appare molto efficace nel primo dei due manifesti, mentre il secondo procede più modernamente per sovrapposizioni e contrasti di superfici cromatiche uniformi a creare la profondità, secondo un sentimento più modernamente razionale.

In ambito stilistico liberty vanno inclusi i bellissimi manifesti dei triestini Argio Orell (Prima esposizione istriana di Capodistria, 1910), Glauco Cambon (Portorose Palace Hotel, 1912) e Ugo Flumiani (la locandina Portorose, 1920-1938). Numerosi sono altresì gli esemplari relativi alle località di villeggiatura o termali o ai luoghi di sport invernali.

Un settore della mostra riguarda la pubblicità dei prodotti commerciali (Union Pivo, a firma di Janez Trpin, Drogerija Gregorić di Peter Kocjančič, e gli anonimi del sapone da bucato Perion e dei cappelli di lusso Piccadilly) e la promozione, in sloveno, croato, italiano, tedesco e francese, della Fiera campionaria internazionale di Lubiana: curioso come nei manifesti in italiano la capitale sia citata col nome sloveno Ljubljana nel 1924, con quello italiano Lubiana nel 1931 e di nuovo Ljubljana nel 1937 e nel 1940.

Si segnalano infine i manifesti degli anni Venti e Trenta, in più lingue, per la promozione di manifestazioni, incontri e congressi di vario genere (tra questi: Fotorazstava di Peter Kocjančič; Exposition Forestière et de la Chasse; Exposition adriatique; VII Mariborer Fest-Woche; Mednarodni mladinski tabor zveza fantovskih odsekov v Ljubljani, ancora di Peter Kocjančič; VI Mednarodni Kongres Kristusa Kralja di Ivan Pengov; Mladinski Tabor).

L’insieme offre un interessantissimo spaccato non solo della cartellonistica ma anche della promozione che la Slovenia svolse delle proprie risorse soprattutto naturali e del commercio, nonché della sua ricezione in Italia. La mostra rappresenta molte delle correnti europee della prima metà del XX secolo, declinate sul fronte pubblicitario, e quindi necessariamente volte ad un profilo di immediatezza e di chiarezza espressiva e descrittiva. Al carattere illustrativo un po’ oleografico e all’eleganza liberty nei manifesti di promozione delle curiosità naturali e delle destinazioni di villeggiatura, succede un gusto razionalista e di monumentale retorica in quelli raffiguranti la Fiera di Lubiana, mentre si affacciano molti caratteri della grafica pubblicitaria dei decenni successivi.

Interessanti le figure degli autori sloveni rappresentati tra cui Ivan Pengov (1906-1975), poliedrico architetto, attore, regista, scenografo e presentatore radiofonico; Peter Kocjančič (1895-1986), formatosi all’Accademia di belle arti di Venezia e membro dalla sua fondazione della Društva likovnih oblikovalcev Slovenije, l’associazione che riuniva i designer sloveni, dedicatosi poi intensamente alla fotografia; l’architetto funzionalista Herman Hus (1896-1960), seguace di Jože Plečnik e il pittore Božidar Jakac (1899-1989), formatosi a Praga, Berlino e Parigi, primo rettore dell’Accademia di belle arti di Lubiana.

La mostra, che resterà aperta sino al 12 febbraio 2020, è stata promossa, nell’ambito dei programmi di internazionalizzazione dei musei italiani sostenuti dal piano “Vivere all’italiana”, dall’Ambasciata d’Italia in Slovenia e dall’Istituto italiano di cultura di Lubiana con la Narodna galerija di Lubiana, il Polo museale del Veneto e il Polo museale del Friuli Venezia Giulia.