La vita quotidiana nel Quattrocento friulano

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A Palazzo De Nordis di Cividale un’interessante rassegna sulle dimore quattrocentesche in Friuli

Le diversità tra le classi sociali si riscontrano agevolmente nello studio delle abitazioni e dei relativi arredi, come del resto avviene anche oggi

di Nadia Danelon

 

Per tre settimane, dal 15 giugno al 7 luglio, presso il cividalese palazzo De Nordis è stata offerta al pubblico la possibilità di addentrarsi nel suggestivo ed affascinante mondo delle dimore friulane quattrocentesche. Il curatore dell’esposizione è stato Maurizio d’Arcano Grattoni, docente dell’Università di Udine. Si attende la pubblicazione di un volume dedicato alla tematica particolare illustrata nella mostra, mentre già il pieghevole preparato per l’occasione offre un assaggio degli studi approfonditi sul modo funzionale di abitare nelle dimore friulane, nel corso della stessa epoca in cui ha avuto inizio la dominazione veneziana sul Friuli (1420). Riassume, naturalmente, il contenuto dei pannelli esplicativi dell’esposizione.

Sebbene la mostra Sia la chasa spechio del spirito abbia chiuso due mesi fa, vale la pena rievocarne il soggetto, seppure in forma breve. Per riscoprire, tra tante innovazioni, una parentesi nella storia degli elementi d’arredo: decisamente funzionali e lontani dalle stravaganze del design contemporaneo, dove gli unici dettagli vistosi sono state le decorazioni commissionate dalle classi più abbienti. Stupisce senz’altro, visitando la mostra e leggendo gli approfondimenti correlati, la scoperta del semplice ma organizzato modo di vivere dei nostri antenati. Emerge con forza la figura dell’artigiano, quasi un ingegnere nell’arte di far combaciare ogni dettaglio alla perfezione: in modo da rendere più funzionali gli oggetti prodotti dalla sua bottega, utili alla vita di tutti i giorni. Tra gli elementi più affascinanti in tal senso, rievocati negli studi legati all’esposizione cividalese, c’è anche il ricordo delle cattedre progettate per essere smontate.

La mostra di palazzo De Nordis ha contribuito, quindi, a permetterci di esplorare quelle che sono state le abitudini dei nostri antenati: attraverso i loro oggetti quotidiani, sorta di prototipi dei nostri arredi moderni. Tutto, oggi come allora, si regge sulla base dell’innovazione: attraverso gli studi pubblicati, scopriamo che nella seconda metà del Trecento si è preferito abbandonare l’uso esclusivo del legno (negli elevati e nelle scandole dei tetti) e della paglia (coperture) per le abitazioni. Troppi incendi hanno convinto la popolazione a optare per i più resistenti pietra e laterizio: materiali di costruzione tipici, rispettivamente, delle case di montagna e di quelle in pianura.

Altre innovazioni, come sottolineato dagli esperti, vengono messe in atto nelle ricostruzioni successive al terremoto del 1348. Poco più di trent’anni dopo, come abbiamo visto, la situazione politica della Patria del Friuli cambia radicalmente. Il patriarca di Aquileia perde il potere temporale su quasi tutto il territorio (nel 1445 gli viene garantita la sola signoria su Aquileia, ridotta però a semplice villaggio), mentre il suo stato d’impronta feudale lascia spazio alla vivace e imprenditoriale dominazione veneziana. Nuove famiglie si trasferiscono nel territorio, mentre le esigenze abitative moderne fanno abbandonare le tipologie in uso fino a quel momento.

I due lati della medaglia, che mostrano la società dei ricchi imprenditori e quella dei modesti commercianti, affiorano dall’analisi delle rispettive abitazioni: tanto eleganti e spaziose le prime, quanto semplici e ristrette le seconde. Attenzione, però: la razionalizzazione degli spazi è la caratteristica principale di entrambe le tipologie di dimore. Ci sorprende, anzi, il punto di vista differente offerto dai testi di corredo alla mostra sulle sale presenti nelle abitazioni dei ricchi. Un luogo comune viene sfatato, mentre leggiamo che negli inventari è documentata la presenza di pochi arredi dentro questi ambienti, quando ce li siamo sempre immaginati come dei perennemente lussuosi spazi di ricevimento decorati appositamente per suscitare lo stupore e l’invidia dei visitatori. Nel Friuli del XV secolo, questo aspetto viene mantenuto solo nei periodi di utilizzo: per il resto del tempo, le sale hanno la funzione di semplici depositi. Ce le possiamo immaginare come dei grandi sgabuzzini, dove nascondere oggetti danneggiati oppure non più in uso.

Ma non è la sola sorpresa che il Quattrocento friulano ci ha svelato attraverso questa esposizione. Infatti, è stata rivelata anche l’origine storica di alcuni tra gli oggetti impiegati nei secoli successivi. Elemento fondamentale delle case contadine del Friuli fino ad alcuni decenni fa, nel XV secolo è già presente la Panaria: utilizzata successivamente anche come generica dispensa, il suo nome deriva proprio dalla sua precisa funzione originale. Il suo scopo è stato quello di contenere la farina per fare il pane. Non solo: il coperchio piatto in dotazione, una volta capovolto, è stato regolarmente utilizzato per impastare gli ingredienti.

Questo argomento permette anche di riassumere, brevemente, gli studi relativi all’aspetto delle mense nel Friuli dell’epoca: i commensali del Quattrocento hanno consumato, abitualmente, i loro pasti su delle semplici assi adagiate su dei cavalletti (trespidi) smantellabili dopo ogni utilizzo. Una valida alternativa è stata quella dei deschi, caratterizzati da un piano di forma circolare e da un sostegno fisso. Il legno utilizzato per questi arredi è stato prevalentemente quello di pero: morbido e caldo, ma soprattutto raro produttore di schegge. Per sedersi alla mensa, le alternative in quell’epoca sono varie: tra queste c’è lo scanno, ingegnoso elemento d’arredo a tre gambe, dotato di uno schienale inseribile nel sedile. Lo si è potuto osservare direttamente, nell’esposizione, grazie alla presenza in sede del cosiddetto scanno Zuccola. In una delle sale ha troneggiato anche il mobile adibito al riposo presente nelle camere dell’epoca. Attenzione, però, a definirlo secondo la nostra concezione contemporanea: non è un letto. Tale termine, in quell’epoca, definisce solo il materasso rigido sostenuto dalla scatola denominata lettiera: solamente in seguito, è stato applicato per definire l’intera struttura.

La mostra, oltre a suscitare l’interesse del pubblico attraverso questi riferimenti storici relativi alla quotidianità dei nostri antenati, ha permesso di presentare gli studi promossi in seno all’Università di Udine sulla tecnica dell’intaglio piatto su fondo ribassato. Una tecnica raffinata, che “prevede l’asporto di materiale sì da ottenere una superficie su due soli piani, lasciando in emergenza soltanto le figurae che l’artigiano voleva rappresentare, poi rifinite a bulino, punzone e inchiostro; le depressioni venivano riempite con paste cerose colorate” (citazione dai testi della mostra). Fa piacere notare il fatto che l’esposizione cividalese ha anche permesso di rispolverare antiche tecniche artigianali, applicate nella ricostruzione moderna di alcuni manufatti tipici dell’epoca.

Gli arredi del Quattrocento esibiscono, come noto, un ricco apparato decorativo/iconografico: tra gli esempi più celebri ci sono anche le pettenelle, decorazioni su supporto ligneo, presenti nel soffitto ed inserite tra le travi portanti e dormienti (le seconde sono state posizionate con lo scopo di evitare il deterioramento delle prime, sostenendone il peso). Queste tavolette rettangolari e dipinte (ancora visibili in diversi contesti) sono state decorate, inizialmente, con “temi cortesi e cavallereschi” per poi passare ad un tipico “repertorio rinascimentale”: ma possono presentare anche dei ritratti, oppure dei soggetti araldici. La loro realizzazione, resa nota dagli studiosi, è frutto di un processo semplice e (per certi versi, perché si parla anche di artisti prestigiosi) economico: dipinte prima ancora di essere tagliate, decorate con la tecnica della pittura a tempera per mezzo di alcuni pigmenti comuni e poco dispendiosi (indaco, minio, cinabro, terra rossa…).

La mostra di Cividale, tra studi ed oggetti esposti, è stata una piacevole scoperta: ha riportato i visitatori in un’epoca lontana, che però suscita ancora la nostra curiosità. Ci rendiamo conto, infine, della semplicità ed immediatezza della vita di un tempo: nel Quattrocento nessun oggetto quotidiano o ambiente domestico è stato progettato per il puro gusto estetico, coniugando anzi in modo perfetto e ben disciplinato il valore del bello con quello della funzionalità.

 

Dida:

 

1 Palazzo de Nordis

Cividale del Friuli

 

2 Cassetta secolo XV

3.Cassetta secolo XV

particolare

4.Cassetta secolo XV

particolare

5 Scanno

dei signori di Zuccola