L’abbecedario di Gillo

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di Roberto Curci

 

«Ho sempre desiderato di essere (o di fare?) il pittore. Più di qualsiasi altra cosa e non pensando certo a successi, onori e guadagni che l’arte può decretare. è l’atto di disegnare e dipingere che è stato per me – sin dall’infanzia – qualcosa di quasi coercitivo e mi ha obbligato a riempire di sgorbi (o erano mirabili invenzioni?) le pagine dei miei libri scolastici, il legno dei duri banchi delle scuole, la sabbia delle spiagge estive…». Così scriveva Gillo Dorfles in un’Autogiustificazione inserita nel catalogo della mostra “Metamorfosi” (Aosta, aprile-luglio 1988, a cura di Luciano Caramel): una mostra che lo proponeva per l’appunto come pittore, già animatore di quel Movimento Arte Concreta (MAC) da lui fondato quarant’anni prima.

Quei “capricci” scanzonati, quei ghirigori dagli smaglianti colori, quei “mostri”, quei disarticolati “personaggi”, riveduti oggi, aiutano meglio a capire il gusto infantilmente ludico con cui, a un certo punto della sua luminosa carriera di dottissimo critico ed estetologo, Dorfles seppe tramutarsi, semplicemente, in un amabile zio disposto a “insegnare” ai suoi due nipoti Piero e Giorgetta le lettere dell’alfabeto, dalla A alla Z, e i numeri, da 0 a 10. Non che i due fanciulli non li conoscessero già, ma stettero al gioco, così come il famoso zio si divertì con loro a dare a lettere e cifre una sorta di umana/disumana fisionomia collegata a fantasiose definizioni: B come Buongustaio o come Babau, C come Camaleonte, D come dente o come doccia, F come freddo…

Nati da un tratto di penna di Gillo e dai colori a pastello aggiunti dai nipoti, quei disegni, improvvisati in reciproco divertimento, dopo aver sonnecchiato per settant’anni in una «consunta cartellina» sono ora proposti in un elegante volumetto edito da Bompiani, Abbecedario (con prefazione dei due ex bambini), che ha il sapore di una fragrante e inattesa “madeleine”.

Chi volesse semplicemente gustare questa doppia parata di stravaganti protagonisti antropomorfizzati, avrà a sua volta occasione di divertirsi. Chi invece volesse vederci più a fondo, scoprirà certe sorprendenti affinità tra questi disegnini buttati giù alla svelta e le opere (certo, più complesse ma ugualmente bizzarre) che Dorfles realizzò ed espose negli anni Ottanta, usando tempere e pennarelli, inchiostri ed acrilici, con un’esplosione di fantasia che davvero rimandava al suo immaginario infantile, di assoluta libertà inventiva.

E sarà allora curioso trovare qualche assonanza tra un grottesco Personaggio con lingua dipinto ad acrilico nel 1987 e la lettera A dell’Abbecedario, dove lo spunto è dato per l’appunto da una A linguacciuta (“Aaa”). Così come l’iniziale E (“Eleganza”) assume sembianze che rimandano ad altre opere di quella fase ispirativa, in particolare a un altro acrilico, pure dell’87, intitolato Barocco giallo. A significare che il mondo ideale di Dorfles era e rimaneva uguale a sé stesso, sia pure nei disegnini realizzati per i nipoti. E che nella loro infanzia egli rispecchiava la sua propria infanzia, con i medesimi incantamenti e i medesimi sogni, ancorché travestiti da “sgorbi”: goffi, deformi, mostruosi. Infallibilmente deliziosi.

 

Fig. 1 e 2

Gillo Dorfles

Lettere dell’alfabeto

penna su carta

 

Fig 3:

Gillo Dorfles

Personaggio con lingua

acrilico su cartone, 1987

collezione privata