L’acqua, la terra, il colore

| | |

Personale di Toni Zanussi al Magazzino 26

di Francesca Schillaci

 

«Vivo sul Monte Stella, una frazione di Tarcento dove abitano sette persone. Lì c’è tutto: le mie galline, il bosco, la mia casa finalmente diventata anche studio dove posso lavorare ai miei quadri. E c’è il silenzio». (Toni Zanussi)

L’artista friulano Toni Zanussi ha raccolto alcune delle sue opere degli ultimi trent’anni nella personale “L’acqua, la terra, il colore”, curata di Marianna Accerboni e visitabile fino al 27 marzo 2022. L’intera esposizione trasmette speranza, un senso di sollievo, un attimo di pausa dall’incessante brusio interiore. Un respiro più calmo.

Per quanto la mostra metta in luce aspetti oscuri del nostro tempo, come la sezione dedicata al covid-19, il desiderio che resta (o che nasce) è proprio quello di desiderare. Le opere sono suddivise in cinque sezioni tematiche: “Generazione Cosmogonica”, “Voli Cosmogonici Liberi”, “Città Cosmogoniche Invisibili”, “Covid ’19”, “Casse di Conservazione”, che richiamano le passate esposizioni di Zanussi e i percorsi fatti in una vita poco gentile e piena di fatica, ma della quale non c’è traccia nella sua opera. Attraverso la sua pittura, Zanussi si esprime con il cuore di un poeta che racconta di voli immaginari fatti di animali onirici, semi che si aprono all’ignoto e nell’incertezza regalano colore, accoglienza. O inquietudine. Città fluttuanti che galleggiano sopra l’infinito e, senza posare terra, conservano e offrono un profondo senso di certezza, quasi fossero dei luoghi al sicuro dove potersi riparare dalla vita quando diventa troppo intransigente.

Cielo, terra e acqua non hanno una distinzione netta nell’opera di Zanussi, ma sono messi in relazione dai voli inconsci che non appartengono a nulla e nulla vogliono possedere: concedono solo la libertà di immaginare piccoli luoghi accompagnati dal colore in una poetica precisa nei tratti e maestra nella luce che l’artista riesce a ri-creare. Delicatezza, riservatezza e poesia sono gli elementi dominanti della produzione di Zanussi, il quale si mostra al mondo con uno sguardo introverso e timido che fa difficoltà a lasciarsi elogiare, consapevole nella sua umiltà che la sua arte non procede da nessun maestro e da nessuna scuola, ma nasce sulle navi a pulire i gabinetti all’età di quattordici anni, a lavare i pavimenti e i piatti nelle cucine per guadagnarsi la vita, la dignità, la possibilità.

Come autodidatta inizia a dipingere immagini religiose quando viene portato in un collegio dopo la perdita dei suoi genitori, avvenuta prima a quattro anni e poi a nove. «Nella vita bisogna avere voglia di fare fatica» mi dice l’artista, con un sorriso complice mentre mi guarda scrivere «tutti i lavori sono importanti, soprattutto quelli considerati più “bassi” perché ti ricordano da dove vieni e di che cosa hai bisogno».

Con friulana determinazione e delicata introspezione, Toni Zanussi ha portato avanti sempre la sua attività di artista, allestendo mostre in diverse parti del mondo, tra cui gli Stati Uniti, Parigi, Berlino, Vienna, Amsterdam, Belgrado, Monaco, Roma, ma soprattutto è stato notato, o meglio, capito e sostenuto non solo dai visitatori delle sue mostre, ma anche da personaggi quali il critico d’arte Gillo Dorfles, il poeta Tito Maniacco, il presbitero e scrittore David Maria Turoldo, il poeta e scrittore friulano Amedeo Giacomini, nomi che hanno scritto sull’opera di Zanussi riferendosi sempre anche all’uomo che si celava dietro i suoi quadri come un esempio di «ricerca metafisica della realtà attraverso la costante e contrastante marea di forme in divenire, di circuiti e labirinti inesplorati che l’artista friulano riesce a esprimere» (Gillo Dorfles).

Nonostante le difficoltà accentuate che l’artista ha sperimentato nella vita, continua ad esercitare una tensione verso la verità e la giustizia, sostenendo con i suoi dipinti che nessuno può dettare confini all’immaginazione e che la realtà è qualcosa di sublimato dall’esperienza personale, intima, profonda, la stessa che spesso non si può svelare né condividere, ed è così che l’arte si insinua nella vita di un artista e ne crea bellezza. Ma per Zanussi l’arte, la vita e la bellezza – tutte cose allo stesso livello – non hanno senso se non sono condivise anche in chiave sociale. Per questo motivo, il suo impegno non si svolge univocamente verso il suo talento, ma nella volontà di coinvolgere giovani con problemi penali da scontare per poter essere reinseriti nella società, impegnandoli nell’allestimento e nelle visite della mostra. Un gioco di collettività, un gesto immediato, per lui inevitabile, spontaneo. Necessario. E, come ricorda l’amico e scrittore friulano Angelo Floramo in un testo dedicato ai gironi colorati e alle città invisibili agli occhi ma non all’anima di Toni Zanussi: «Così noi che osserviamo provvisti di occhi migliori, vivificati dal collirio prodigioso delle sue dipinture, assistiamo alle metamorfosi dei micro e dei macrocosmi che finalmente ci si palesano. Ne diventiamo, per così dire il nodo, la congiunzione liquida, vivente. L’Umano che una volta assaggiata l’Utopia vive per poterla ritrovare».

 

 

Città invisibile

tecnica mista su MDF, 2005