L’agricoltura alla radio

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In un libro di Licio Damiani una trasmissione su cultura e colture dei campi

di Marina Silvestri

 

“Vita nei campi”, la tradizionale trasmissione radiofonica della domenica mattina dedicata all’agricoltura, immutata negli anni nei temi e nell’inconfondibile sigla musicale, è diventata un libro, Vita nei campi. Storie memorie leggende della campagna, autore il giornalista e scrittore Licio Damiani che della trasmissione è stato responsabile dal 1991 al 1997 e nel volume ha raccolto i testi letti alla radio. La copertina e le illustrazioni sono dell’artista friulano Giorgio Celiberti. La rubrica, nata nel lontano 1965 come parte regionale di una trasmissione sull’agricoltura a diffusione nazionale intitolata “Cascina alle Querce”, nel 1968, con la nascita della redazione udinese della Rai regionale del Friuli Venezia Giulia, si era staccata da quella nazionale, ed era divenuta autonoma, continuando a raggiungere però un pubblico vasto, ascoltata nel Veneto e nell’Emilia-Romagna. “La struttura della trasmissione è rimasta sostanzialmente intatta in tutti questi anni – ha affermato Licio Damiani – dopotutto, l’agricoltura, a parte le nuove tecnologie, è pur sempre la medesima: “produce” cose che si mangiano e si bevono. Benché ufficialmente la trasmissione sia dedicata a chi dei campi fa il proprio lavoro, i radioascoltatori non sono solamente agricoltori, bensì un po’ tutti anche per la cadenza e l’orario che la caratterizzano: va in onda ogni domenica a partire dalle 8.50 e fino alle 9.15 e non ha repliche. Difficile dire quanti siano gli ascoltatori, certo è che a quell’ora, chi ascolta, sta pensando a cosa mettere in pentola per il pranzo domenicale, oppure sta facendosi la barba per uscire per la messa o per andare a bere il “taglietto” con gli amici prima di pranzo”.

“Vita nei campi” è stata molto di più di una trasmissione sull’agricoltura. Rileggere i testi è una piacevole incursione nel mondo classico e nelle tradizioni più diverse, per la colta attenzione, la sensibilità e la versatilità con cui Licio Damiani ha saputo legare l’informazione più propriamente botanica e merceologica ai saperi millenari riguardanti i cicli della terra e delle stagioni, nonché parlare di letteratura, poesia, cinema, musica, arte. Qualche esempio: l’Epifania e il pignarul, il falò, da cui un tempo il contadino traeva gli auspici per l’annata a seconda di dove si dirigeva il fumo, è un pretesto per ricordare il romanzo di Carlo Sgorlon La regina di Saba, mentre i giorni di mais e castagne lo sono per ripercorre pagine tratte da La casa a nord-est di Sergio Maldini. Ogni puntata rimanda a un testo su cui l’autore ricama motivi di riflessione o di aneddotica; ma fra le righe si incontrano anche la ginestra di Leopardi e l’oleandro di D’Annunzio, i misteri di Eleusi, di Mitra, la tradizione di Medea in Istria e alle Bocche del Timavo, le lacrime di San Lorenzo e le membra lacerate di Osiride; e poi Ovidio, Plinio, Virgilio, Petronio, il patrimonio conoscitivo dell’Occidente che dobbiamo alla cultura ebraica, greca, romana, ellenistica. Per la trasmissione in onda la domenica delle Palme, Damiani cita versi di Pierpaolo Pasolini “Frutute dell’ulif/ cor a dami ‘na frascja/ tu colour di rosa/ fra li fueis e ti ris; per quella della domenica di Pentecoste, che in Friuli è chiamata Pasche des rosis, – perché durante la celebrazione della messa veniva fatta cadere sull’altare una pioggia di petali di rosa, – rivisita la rosa angelica di Dante nell’allegoria del XXXI canto del Paradiso. Numerose sono le immagini tratte dalla pittura, come Carpaccio, Monet o Van Gogh. Né manca l’attualità e l’attenzione per il sociale.

Vent’anni dopo il terremoto del 1976, “Vita nei campi” ha ricordato il periodo durante il quale la trasmissione ebbe un ruolo operativo “dando informazioni sui soccorsi, interventi di emergenza, criteri di raccolta della scorte, dei foraggi, del bestiame salvati, dai magazzini, dei fienili devastati, delle stalle distrutte”. “Era il Friuli antico che moriva – scrive Licio Damiani domenica 5 maggio 1996, intitolando il brano Memoria dell’Orcolat. “Dal trauma e della scommessa vincente della ricostruzione sarebbe nato un Friuli, certamente legato al passato, ma con un volto nuovo, più razionale, in ogni caso diverso. Il volto di oggi a Venzone, a Gemona, e negli altri paesi ricostruiti secondo una progettazione urbanistica e architettonica che potremmo definire un tantino irreale, o favolosa, o scenografica, è abissalmente lontano da com’erano Venzone, Gemona e gli altri luoghi del Friuli terremotato fino al 6 maggio 1976, esteticamente forse meno belli, paesi di pietre antiche, annerite, lavorate dai venti e dalle piogge, le case di sasso, i muri scrostati e diruti, cancellate, ringhiere, ballatoi arrugginiti, ma luoghi che avevano il profumo di secoli e di umanità. Mentre quelli di oggi celebrano con impaginazioni limpide e fredde l’architettura del ricordo e del sogno”.

Laureato in Giurisprudenza, Licio Damani si è occupato e si occupa di critica d’arte ed ha al suo attivo diversi testi di narrativa e saggistica: Paura di Vera e altri racconti, L’occhio del dio marino, Racconti del nord est, Maggiolone e Maggiolina, “l cavallo tra gli ulivi, Il profugo del Boom, Udine, un millennium, L’Arca del Beato Odorico da Pordenone, Mutinelli Candido Grass Arte del ‘900 in Friuli, Il Liberty e gli anni ’20, Il Novecento. E’ stato insignito del premio Cjstiel di Udine.

Giornalista professionista, ricordando proustianamente ‘Il tempo delle Radio’, nelle pagine introduttive traccia un ritratto dei colleghi e della vita di redazione regalando al lettore immagini vivissime di caratteri e competenze professionali: Isi Benini, Claudio Cojutti, Cesare Russo, Bruno Damiani, Marco Buzziolo, Piero Villotta, Tino Zava, Armando Muchino, Amos D’Antoni, nomi e volti noti del Tg3 regionale, ed anche in queste pagine il trasporto emotivo si fa strada. “Mentre scrivevo e sistemavo i testi (…) ho avuto l’impressione di ritrovarmi in un tempo che sembrava perduto (…) gli interni degli studi di trasmissione, dapprima aperti su finestre che davano sui cespi di ginestre dei giardini di via San Rocco, dove c’era la sede provvisoria udinese dell’ente radiotelevisivo, poi nel centro Rai di via Carati, dietro viale Palmanova, sul quale dominava l’alta e possente antenna. E prendevano forma e solidità tattile volti di colleghi: alcuni scomparsi, altri che da anni non incontro più. Affondavo in un gorgo di felicità e di tristezza insieme, in cui il desiderio di riassaporare quegli entusiasmi, quel gusto di lavorare e comunicare, parevano impaludarsi in un presente senza più grandi emozioni né eccitanti prospettive”.

La poetessa e scrittrice Rosinella Celeste nel presentare il volume al Circolo della Stampa di Trieste, ha definito i brani del libro “un grande affresco campestre con una sintassi lirica da nuove Georgiche” ed ha messo in evidenza il legame fra l’autore nativo di Lussinpiccolo e il Friuli. Licio Damiani, ha affermato, esprime un mondo di cultura e di sensi. Sulla cultura innesta la memoria, con i sensi, che aiutano a farci amare la vita e la natura, distilla il profumo dei giorni gioiosi e dei giorni tristi. La descrizione della vita nei campi non è mai bucolica ma intrisa di quella intensità amorevole che si esprime con la nostalgia e un soave rimpianto, proprio dell’esule di Lussimpiccolo; nostalgia e rimpianti muovono l’animo per una sorta di istinto di sopravvivenza culturale e sentimentale; cerca di ricreare altrove il mondo dell’infanzia con i suoi simboli e le sue sonorità che fra arte e ricordo rinascono al cuore di un Itaca ritrovata: un fiore, un paesaggio assolato e riscoperto, riportano alla sua Lussin, ad un amore per la natura senza confini. Damiani, vicino alla terra, ha concluso Rosinella Celeste, ci dice che il mondo rurale non è solo duro lavoro ma è pregno di storia e leggende da tramandare. Fogolar furlani e fogoler istriani”.

Copertina:

Licio Damiani

Vita nei campi. Storie memorie

leggende della campagna

Societât filologjiche furlane, Udine 2017

  1. 167, euro 10,00