Le altre poesie di Giuseppe Parini

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Aggiunto un nuovo tassello all’Edizione Nazionale delle Opere del poeta e intellettuale milanese

di Fulvio Senardi

 

Pubblicato a soli due anni di distanza dal libro che, a cura di Andrea Rondini, ha raccolto i testi teatrali di Giuseppe Parini, il volume Poesie varie ed extravaganti, testé pubblicato da Fabrizio Serra editore, aggiunge un nuovo tassello all’Edizione Nazionale delle Opere del poeta e intellettuale milanese. Aggiungiamo che aver fatto uscire undici volumi in dieci anni, affidandone la curatela a studiosi capaci, è certo un risultato di cui, nel Paese dei ritardi e delle opere incompiute, può rendere orgoglioso chi guida questa impresa, ovvero Giorgio Baroni, già docente alla Cattolica milanese. Della complessità dell’operazione dà sufficiente testimonianza il lungo elenco di coloro cui si deve quest’ultima fatica: la curatela è di Stefania Baragetti e Maria Chiara Tarsi, con la collaborazione di Marco Ballarin e Paolo Bartesaghi, il coordinamento di Uberto Motta, che, in Prefazione, riconosce qualche debito, fra i numerosi altri creditori, nei confronti di William Spaggiari e Alberto Cadioli. Lavoro di squadra, insomma, come non poteva non essere. E per eccellenza, tra Cattolica e Statale, meneghino.

Il presente volume è strutturalmente bipartito e ce ne occuperemo rispettandone il carattere particolare. La prima sezione ripresenta, con un corredo di commenti e di note tanto competente quanto utile anche per il lettore non profano, il manoscritto Ambrosiano III.4, un quaderno dove un allievo di Parini, Agostino Gambarelli, raccoglieva a fine Settecento un gran numero di sonetti del maestro (82 per l’esattezza), più 19 componimenti di vario metro, e che si chiude con quattro sonetti autografi di mano del Parini (il quale poi, pensando alla pubblicazione, casserà ben 40 testi, che però, giustamente, sono compresi in questa edizione). Come spiegano Bartesaghi-Baragetti-Tarsi nell’Introduzione, il Quaderno, «quasi pronto per la stampa nel 1791 […], viene oggi ritenuto un ‘libro d’autore’, depositario delle volontà ultime di Parini, da porre accanto alle Odi, se pure esso non giunse a stabilizzarsi in una forma che all’autore paresse conveniente, alla fine, rendere pubblica» (16).

Chi fosse interessato ai particolari di un lungo percorso interpretativo e filologico che prende avvio dalle ricerche della “scuola storica” e che ha una svolta decisiva nel 1987, quando Dante Isella propone finalmente la pubblicazione dell’Ambrosiano nella sua integralità, troverà nella dotta ma scorrevole Introduzione di che appagare ogni curiosità. «Controcanto e insieme completamento delle Odi» (27), anche e non solo per la varietà metrica, il Quaderno è di lettura piacevole e interessante; se raramente viene sfiorata l’altezza di risultati del Parini maggiore – e sarebbe difficile considerando che gran parte delle composizioni dell’Ambrosiano portano il segno della facile immediatezza della poesia d’occasione ed encomiastica – pure come già sosteneva Ettore Bonora agli inizi degli anni Ottanta, «sovente, nelle poesie minori, stanno i primi assaggi di quell’arte più veramente sua che il poeta volle attuare nelle Odi» (cfr. Parini e altro Settecento. Fra classicismo e illuminismo).

Il Parini “scolastico”, cui ci hanno abituato gli studi, monumentale e (triste destino dei Grandi) un po’ ingessato, acquista qui movenze, sfaccettature, chiaroscuri, potremmo dire, più umani, nelle certezze e nelle fragilità: un Parini che scende dal piedestallo, a partire dalle liriche di impronta bernesca, una modalità espressiva che egli nobiliterà con risultati impareggiabili nell’ironia di compostezza classicistica del Giorno.

Detto questo è ovvio che ciascun lettore vorrà individuare i momenti più congeniali al suo gusto o sensibilità, vuoi che si lasci sedurre dall’inusuale sensualità dei sonetti dedicati a Teresa Mussi (XXIV e XXV), che già apparvero al Bonora «tra i più appassionati e caldi di sensualità che il poeta abbia composto», e che Parini decise di cassare nell’ultima revisione; o che voglia riflettere sul carattere moderno e non dogmatico del cattolicesimo di Parini, che scrive degli sciolti di dura condanna degli autos de fe la cui consuetudine perdurava in Spagna per tutto il secolo (XC), rivendica un ideale di santità e una pratica monacale che non si chiuda nell’ascetismo e nella preghiera ma si coroni invece di attività filantropiche ed assistenziali, esalta nel matrimonio (tema per eccellenza della poesia d’occasione, e quindi, in questa sede, ampiamente documentato), oltre alla sanzione sacramentale, un incontro sentimentale sincero e reciproco, che santifica anche la seduttività femminile (magari ammantata di «bel pudor»), nella convinzione che un matrimonio riuscito diventa «condizione di un armonioso sviluppo della persona e della società» (Mari). E troverà nel Quadeno ottime ragioni di riflessione anche chi abbia interesse a misurare la maturazione e l’incidenza della sensibilità sensistica nella poesia pariniana, nelle sue implicazioni retoriche e di contenuto, lungo il percorso che, prendendo le distanze dalle svenevolezze arcadiche, conduce, su un orizzonte ideologico retto dal binomio natura-piacere (entro i limiti della ragionevolezzza e della fede ovviamente), a una parola poetica rinnovata, nello spirito di un classicismo capace di parlare al cuore e all’intelletto, fonte di dilettose sensazioni proprio come certe “virtuose” del teatro lirico, Caterina Gabrielli per fare un nome, che Parini promuove, non casualmente, a soggetto della propria poesia.

Discorso diverso per le Poesie extravaganti: mai ordinate o raccolte da Parini che le abbandonò al proprio destino (ma non di disaffezione forse dovette trattarsi, quanto, spiega Dante Isella, di un «progetto editoriale rientrato», (35), sono passate attraverso il filtro di Francesco Reina agli inizi dell’Ottocento e di Guido Mazzoni un secolo dopo, che hanno potuto stabilire un primo corpus. Sul quale sono intervenuti i curatore della presente edizione, con aggiunte ed esclusioni garantite da una attenta escussione dei testimoni. Peraltro, come hanno avvertito tutti coloro che se ne sono occupati, non è escluso che, pescando nel mare magnum della rimeria settecentesca, si possano recuperare altre “faville” pariniane. Stando così le cose è stato impossibile proporre una datazione se non sul piano meramente ipotetico. Vari i metri, con una prevalenza del sonetto, e vari i temi, come ci si può attendere da componimenti d’occasione ed encomiastici. «Dall’insieme delle Poesie extravaganti», suggerisce l’Introduzione, «emerge l’immagine di un poeta fortemente implicato con la società del suo tempo, immerso nei sui ‘riti’, negli aspetti più prosaici della quotidianità» (33). Se l’impressione è quella di prove di qualità minore, bisogna tuttavia rifuggire da giudizi indiscriminati: da un lato va tenuta presente l’opinione di Sergio Antonelli che ne parlava come di «un Parini minore ma sperimentale» (33), dall’altro attenersi alla prova dei fatti che ci consente di individuare qualche gioiello sconosciuto, fra tanta produzione per nozze, monacazioni, nascite, elevazioni al rango cardinalizio, ecc., («una delle zone più fastidiose» dell’universo della poesia, scriveva Giovanni Getto ma riferendosi al Seicento). E penso per esempio, chiudendo qui il discorso, al frammento 88 (delle 95 extravaganti, e c’è poi una coda, nel volume di componimenti dubbi), che declina il “pacifismo” pariniano (se è lecito impiegare un termine tanto moderno), mostrandoci un poeta che si sottrae all’invito di Delia «infocata il volto /[…] / E scarmigliato e sciolto / Giù per le spalle il crine» di convertirsi alla musa alcaica, sicuro che, a toccare quel tasto, non potrebbe suscitare che «orror sdegno e pietade».

 

 

 

 

Giuseppe Parini

Poesie varie ed extravaganti

a cura di Stefania Baragetti

e Maria Chiara Tarsi

Fabrizio Serra editore, Pisa- Roma 2020

  1. 632.

 

 

Didascalia immagine:

 

Giuseppe Pietro Mazzola

Giuseppe Parini

1793

matita nera e pastelli

Museo Civico di Como