Le detective dell’incubo

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In libreria un nuovo progetto di Licia Troisi, I casi impossibili di Zoe e Lu

di Anna Calonico

 

Fino a qualche anno fa, il nome di Licia Troisi era sinonimo di garanzia per gli amanti dei libri fantasy, e le saghe sul Mondo Emerso prima di tutto, della Ragazza drago, di Pandora e de I regni di Nashira, per non parlare della Saga del Dominio, le hanno procurato innumerevoli ammiratori. Poi, da brava astronoma, ha pubblicato Ma dove va a finire il cielo, un saggio che spiega le meraviglie celesti con parole semplici e tanta passione, ed ha cominciato ad essere considerata anche da chi non ama particolarmente le storie di elfi e draghi. Ora si è cimentata in un progetto ancora differente: I casi impossibili di Zoe e Lu, una nuova serie che ha visto uscire come secondo volume I segreti delle streghe a fine ottobre, sono stati inaugurati da Un’amica da salvare, scritto in collaborazione con Ilaria Palleschi che si è occupata delle parti grafiche.

Che tipo di romanzo è, questa prima avventura di Zoe e Lu? Bella domanda: è un libro per appassionati di fumetti, di fantascienza, di realtà alternative, di storie di amicizia e coraggio. Un libro molto “giovane”, o, meglio, nerd. Forse un testo lontano da quelli di cui normalmente si occupa Il Ponte rosso, ma certamente vicino a moltissimi ragazzi e al loro mondo.

Lucrezia Proietti, che preferisce chiamarsi LuLu, o semplicemente Lu, è una dodicenne qualsiasi: un po’ grassottella, molto introversa, amante dell’informatica e dei fumetti. E con una incrollabile fede nella scienza.

Zoe Jaga, che poi sarebbe Zoe Sorrentino, abita in una specie di castello da film horror, con un maggiordomo che strizza l’occhio al gigante della famiglia Addams, ha i capelli di una tinta non proprio naturale e indossa magliette dei cartoni animati giapponesi, quelli moderni. Ed è un’esperta di paranormale.

Gli ingredienti ci sono tutti: due ragazzine completamente diverse, ma molto simili: entrambe sono solitarie, un po’ strambe, non hanno amici se non i personaggi di libri, film e fumetti, e hanno anche una vita familiare non “tradizionale”.

Tutto comincia con un colpo al cuore per LuLu: la sua amica virtuale Darima, o meglio, la sua amica fisicamente reale ma conosciuta soltanto attraverso i giochi di ruolo in internet, all’improvviso sparisce: nonostante gli appuntamenti fissi, LuLu non la trova più online. E un brutto giorno il comune amico virtuale Luke svela il mistero: Darima è in coma, è stata trovata priva di sensi davanti allo schermo acceso del suo amato pc, ancora con le cuffie addosso. La cosa strana è che non si tratta dell’unico caso: altri ragazzi si trovano in coma dopo aver giocato col pc, e a LuLu questa sembra una coincidenza un po’ troppo strana. È Luke a farle il nome di Zoe, l’unica che li può aiutare a capire cosa è successo a Darima e, forse, a salvarla.

Perché Zoe abbia questa capacità non è spiegato del tutto: rimangono molte domande sulla ragazzina dai capelli viola, che presumibilmente verranno svelati nelle prossime avventure della “Zoe e Lu Investigazioni”, ma mi auguro che qualche piccolo mistero rimanga, per non far crollare l’alone sacro che aleggia intorno a questo personaggio un po’ antipatico ma attraente allo stesso tempo, come ci ha spiegato la stessa LuLu appena l’ha vista: Ora, io non so dirvi cosa mi aspettassi. Forse una tipa vestita come Mary Poppins, oppure una di quelle donne anni Trenta che stanno sulle copertine dei gialli che piacciono a mio padre, col cappellino in bilico sulla chioma scolpita con la lacca e il rossetto rosso. E invece sulla poltrona c’era una “scappata di casa”, come si dice dalle mie parti.

Aveva la mia età, ma era decisamente più magrolina rispetto a me – non che ci voglia molto: alle elementari mi chiamavano “cicciabomba cannoniera”… Aveva lunghi capelli di un viola scuro, quasi nero, liscissimi. Le coprivano praticamente tutta la faccia. Vedevo spuntare solo un naso un po’ importante, pallido, e lo stecco di un lecca lecca. Indossava una T-shirt di Fullmetal Alchemist su un paio di jeans sdruciti. Ai piedi, Converse che avevano decisamente visto tempi migliori, che teneva incrociate sulla poltrona, cosa per cui mio padre mi avrebbe sequestrato il computer per almeno una settimana. Spiccava sul verde della stoffa come un pugno in un occhio, e così, su due piedi, confesso che mi ispirò sentimenti contrastanti.

La maglietta era un grossissimo sì”. Io adoro Fullmetal Alchemist, e i cartoni animati giapponesi in generale. Ma tutta quella personalità, che evidentemente proiettava intorno a sé, mi intimidiva. Teneva le braccia appoggiate alle ginocchia, e le punte delle dita unite, in attesa. (pp.17-18)

La trovo una descrizione perfetta: non si sa se provare simpatia o distacco, ma ci sono tutti, proprio tutti i motivi per attirare l’attenzione di un ragazzetto di questi tempi: le mode del momento, le citazioni classiche per indicare qualcosa di antiquato (ma pur sempre conosciuto), i riferimenti alle abitudini familiari di una normale ragazza con genitore che si occupa della sua educazione, un non tanto velato accenno alla personalità curiosa ma timida della protagonista.

Questo romanzo è pieno zeppo di citazioni esplicite e di allusioni al mondo dei fumetti, dei cartoni animati, del cinema, dei libri… si va da Lucca Comics and Games a Romics, da Harry Potter agli Hunger Games, da Eva Kant a Death Note, da Miyazaki a Matrix, da Men in Black a… A niente popò di meno che Odissea nello spazio, perché il colpevole degli strani coma si chiama Hal, proprio Hal, ed è prigioniero di un computer. A me è venuto in mente persino Lucarelli che dice “Paura” con quelle “punte delle dita unite, in attesa”.

La storia prosegue tra liti e conseguenti silenzi e abbracci di riappacificazione, tra spaventi che fanno fermare il cuore a incontri che lo fanno battere (mica una brutta idea conoscere finalmente di persona Luke!), tra punizioni di adulti preoccupati e ricette consolatorie di altri adulti, altrettanto preoccupati. Pur nella sua impossibilità, la storia di Zoe e Lu è verosimile alla vita di un qualsiasi dodicenne, ed è questo il motivo principale per cui lo consiglio.

Una bella trovata, ingegnosa e simpatica, è quella di utilizzare stili di narrazione differenti: a parte le frasi scritte in blu per indicare i discorsi in chat (forse una vaga allusione alle vecchie edizioni di La storia infinita, che dividevano le parti dedicate alla realtà di Bastian da quelle di Atreyu a Fantàsia con caratteri di colori differenti), si alternano ai capitoli stampati normalmente alcune pagine a fumetti: è qui che possiamo ammirare la bravura di Ilaria Palleschi, ma, soprattutto, è qui che vive Hal. Come, appunto, ne La storia infinita, due diverse forme grafiche distinguono il mondo reale da quello fantastico e, in questo caso, virtuale. Tra i tantissimi nessi che possono venire in mente, c’è anche il film di Steven Spielberg Ready Player One, tratto dal romanzo di Ernest Cline, ma sono certa che altri dieci lettori, magari più esperti di me in materia, potrebbero trovare ognuno altri dieci riferimenti diversi.

Sarebbe divertente se diventasse anche un simpatico gioco di ruolo (non virtuale) rileggere un capitolo a caso e contare tutte le allusioni: chi vince, cioè chi ne trova di più, potrebbe avere l’onore di leggere in anteprima il prossimo caso impossibile di Zoe e Lu.

 

Licia Troisi

Un’amica da salvare

grafica di Ilaria Palleschi

Mondadori, Milano 2019

  1. 168, euro 14,90