LE PAROLE DELL’INGANNO

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Anche se suona un po’ anacronistico, sarebbe forse il caso di reintrodurre nelle scuole lo studio della retorica, non tanto perché i cittadini possano partecipare a pieno titolo al dibattito sulla cosa pubblica (figuriamoci!), ma piuttosto perché siano messi almeno minimamente in guardia contro i trucchi e gli illusionismi verbali che vengono loro quotidianamente propinati da chi il potere se l’è preso – a prescindere dalla sua misura e livello – e mette in opera ogni artificio retorico per consolidarlo, a partire dalla sua forma più rozza ed elementare, che è la menzogna. Tipo quella di uno che rassicura un altro esortandolo a “stare sereno” per pugnalarlo alle spalle (metaforicamente, per carità) dopo qualche ora.

Parente prossimo della menzogna è la designazione di una cosa incorporando nella sua definizione una qualificazione positiva: caso ormai classico, un provvedimento legislativo passato alla cronaca come “la buona scuola”. Forse che qualcuno può dirsi contrario alla buona scuola? In effetti lo hanno detto in centinaia di migliaia, ma non senza essere costretti a qualche acrobazia dialettica, proprio come quando, in un vicino passato, dovevamo sforzarci di non gridare a pieni polmoni il più esplicito incoraggiamento alla nazionale di calcio (o di altro) senza parere per ciò fedeli seguaci del partito di maggioranza relativa, che tra l’altro s’era impossessato anche del termine “azzurri” per definire non già gli atleti che rappresentano il Paese nelle competizioni sportive internazionali, bensì i sedentari culi di legno che si spartivano prebende, seggi parlamentari, favori e schegge di potere.

Nel secondo capitolo dei Promessi sposi, Renzo non si lascia intimidire dai termini di diritto canonico sciorinati da don Abbondio, rigorosamente in latino e sbotta: “Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?”. Oggi il latinorum è soppiantato, con propositi analoghi, dall’inglese, per cui al posto di conditio, votum, cognatio, crimen, Cultus disparitas, vis ci troviamo di fronte locuzioni del tipo Jobs Act per definire una riforma (per molti una controriforma) del diritto del lavoro, oppure stepchild adoption, a designare l’istituto dell’adozione del figliastro che s’intende estendere alle coppie omosessuali. Risciacquare nel Tamigi termini che sono o si suppongono indigesti alla pubblica opinione è un altro espediente retorico atto a camuffare la realtà oltretutto ridipingendo il concetto di un colore, chissà perché, più aggiornato e progressista.

Meno sottile ma forse più efficace è il trucco di adoperare termini riduttivi o impropri per associare un giudizio di valore a un concetto, anche contro la reale natura della cosa che s’intende mettere in equivoca o cattiva luce. Nel momento in cui si riteneva di aver istituito in Italia un sistema politico bipolare, come un sol uomo gli esponenti del centro-destra definivano “sinistra” la coalizione opposta, che era invece di centro-sinistra, per cui personalità come Romano Prodi o Dario Franceschini erano implicitamente rappresentati come epigoni di Lenin.

Poi c’è l’uso di tacciare di conservatorismo coloro che si oppongono a interventi riformatori; di questo la retorica oggi più in auge ha già offerto numerosi saggi: conservatori sono così dipinti i sindacati, quando si oppongono allo smantellamento delle garanzie a suo tempo istituite dalla legge 300 del 1970, lo Statuto dei lavoratori, oppure i cosiddetti “professoroni”, costituzionalisti che si oppongono alla riforma della Costituzione, soprattutto in abbinamento alla legge elettorale cosiddetta Italicum, filiazione – per molti peggiorativa – di quella definita Porcellum dal suo stesso estensore. L’approssimarsi della data del referendum confermativo di tali disposizioni di modifica della Carta, prevedibilmente, intensificherà l’anatema contro i “conservatori”, anche se è evidente che opporsi alla promulgazione di leggi che sottraggono anziché ampliare i diritti dei cittadini non è precisamente agire regressivo. Ci fossero stati, nel 1938, “conservatori” che si fossero opposti alle leggi razziali! Tanto per fare un esempio.