Le “vite” di Giuseppe Parini

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Pubblicato un nuovo volume dell’Edizione nazionale

di Fulvio Senardi

 

Per la cura dei professori Marco Ballarini e Paolo Bartesaghi è in libreria un nuovo volume, l’VIII per l’esattezza, dell’Edizione nazionale delle opere di Giuseppe Parini, diretta da Giorgio Baroni, ordinario alla Cattolica.

Si tratta di un libro che, raccogliendo le Biografie ottocentesche di Giuseppe Parini (editore Fabrizio Serra, 2017, pp. 538, di cui 42 di Introduzione), dà testimonianza della centralità sempre maggiore che ebbe la figura e l’opera del «vecchio venerando» – per dire con il Foscolo dell’Ortis, che volle vedere in Parini un campione della libertà della Patria, fieramente ostile alle «antiche tirannidi» e alla «nuova licenza» – in quel secolo che, sull’orizzonte di un ben diverso sentire rispetto alle convinzioni più radicate di Ripano Eupilino, e con una spesso incondizionata disponibilità di martirio, quella libertà, politica oltre che interiore, volle e seppe conquistare. Ciò non toglie che del Grande Milanese, pur ancora sostanzialmente chiuso nei limiti di una sensibilità municipalistica, il secolo risorgimentale, grazie a De Sanctis soprattutto, rivendicasse l’aurora di nuovi valori, etici e civili, ovvero una intransigente «forza morale» in virtù della quale «l’uomo nuovo in vecchia società» si arma di «ironia» e di «indignazione» a contrasto, nel «risveglio della coscienza», di «una società destituita di ogni vita interiore» (e sono tutte espressioni del critico irpino, 1870-1871).

Pur a buona distanza da ciò che noi più propriamente chiameremmo oggi “critica”, intesa come interpretazione orientata e militante, ma mettendo in opera strumenti di ricostruzione biografica sempre più affinati, Cosimo G. Scotti (e partiamo dall’Italia napoleonica del primissimo Ottocento), Bramieri e Pozzetti, Francesco Reina, C. Ugoni Giuseppe Giusti, Cesare Cantù, F. Pavesi, F. Salveraglio G. De Castro e V. Bortolotti alimentano, con le loro variamente articolate (e differentemente intonate) trattazioni della vita del Parini, la costruzione di «un monumento alla personalità morale» (Introduzione, p. 13) del Poeta, stabilendo un cogente canone esegetico cui anche De Sanctis resterà fedele, fondato, in modo sostanziale se non esclusivo, su un «tratto emergente della figura del Poeta», ossia «quello della moralità, che incide profondamente anche sulla sua produzione letteraria» (Introduzione, p. 14).

È evidente che la visione della vita di Parini fatica un po’ a liberarsi dalle pur comprensibili semplificazioni dell’aneddotica agiografica, resta comunque il fatto che, a passi piccoli ma decisi, e inizialmente grazie alla sensibilità di Cesare Cantù (L’abate Parini e la Lombardia nel secolo passato, 1853), studioso attento come pochi altri all’esigenza di una corretta analisi storica, vada stabilizzandosi un ritratto fondato su una rete inoppugnabile di fonti che offre il suo risultato più alto nel lavoro di Vincenzo Bortolotti, Giuseppe Parini, vita opere tempi, 1900 («il meglio documentato fra le biografie pariniane ottocentesche, con un gusto perfino eccessivo per l’inedito»): studioso che – negli anni del trionfo della “scuola storica” e del suo dogma del “vero”, delle cui premesse di metodo egli faceva il proprio cavallo di battaglia – sa portare il genere biografico ben oltre quelle ingenuità cui soggiaceva anche il grande Cantù, che romanticamente tanto partecipa del proprio tema da piegarlo ad un eccessivo soggettivismo (strumentalizzando, in un certo senso, Parini, a conferma delle proprie convinzioni di riformismo moderato). La minuziosa carrellata di biografi si arresta, com’è nel progetto del volume, all’alba del nuovo secolo, cui conclusivamente consegna – cedo la parola ai curatori – un ritratto finalmente sanato da sbavature mitizzanti e aneddotiche, per quanto, «nonostante i risultati ottenuti da Salveraglio e Bortolotti», senza ancora tramandare ai posteri «un testo che possa essere considerato ‘la’ biografia del Parini» (Introduzione, p. 42).

Getano Monti

Monumento a Giuseppe Parini (1838)

Milano, Palazzo di Brera

Foto Giovanni Dall’Orto